Dopo le grandi proteste del 2019, il Cile ha votato per cancellare la Costituzione di Pinochet | Rolling Stone Italia
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Dopo le grandi proteste del 2019, il Cile ha votato per cancellare la Costituzione di Pinochet

La Costituzione cilena, scritta sotto la dittatura militare, non rappresenta le popolazioni indigene e tutela fortemente la privatizzazione di settori come l'assistenza sanitaria, l'istruzione, le pensioni e i servizi essenziali

Dopo le grandi proteste del 2019, il Cile ha votato per cancellare la Costituzione di Pinochet

Pablo Rojas Madariaga/NurPhoto via Getty Images

Dopo oltre un anno di grandi proteste – cominciate per colpa dell’aumento del costo dei biglietti della metropolitana, diventate presto contro il carovita e le disuguaglianze e spesso represse in modo violento dalla polizia – questa domenica il movimento di piazza cileno ha ottenuto una grande vittoria nel referendum con cui si doveva decidere se cancellare o meno la Costituzione del Paese, promulgata nel 1980 e scritta durante la dittatura militare del generale Augusto Pinochet. Il 78% dei cileni ha votato in favore della cancellazione e per una nuova Costituzione. 

La seconda domanda del referendum riguardava come dovesse essere scritta la nuova Costituzione: se da un’assemblea composta per metà da membri eletti apposta e per metà da parlamentari attualmente in carica o da un’assemblea costituente eletta apposta al 100%, con la metà dei posti riservati alle donne e una certa percentuale dei posti riservata ai popoli indigeni. Quest’ultima opzione – quella più “di sinistra” – è quella che è prevalsa nel referendum. 

Le questioni portate in primo piano dalla revisione della Costituzione sono diverse: il riconoscimento della popolazione indigena cilena, tanto per cominciare, e poi una serie di punti di politica economica che sono un’eredità della “scuola di Chicago”, ossia delle dottrine economiche neoliberiste sposate dalla giunta militare di Pinochet. La Costituzione del 1980, infatti, tutela fortemente la privatizzazione di settori come l’assistenza sanitaria, l’istruzione, le pensioni e i servizi essenziali – di fatto legando le mani alla politica nella lotta alla disuguaglianza economica, e proprio in uno dei Paesi più diseguali del mondo. 

La nuova Assemblea Costituente dovrà entrare in carica entro maggio 2021, avrà 155 eletti direttamente dal popolo, voterà a maggioranza di due terzi e dovrà produrre un testo che entro la seconda metà del 2022 sarà approvato o respinto con un nuovo referendum. 

Il presidente del Cile, il conservatore Sebastian Pinera, ha detto che la nuova costituzione dovrà essere “una casa per tutti” e che dovrà incorporare “l’eredità delle generazioni passate, la volontà delle generazioni presenti e le speranze delle generazioni a venire”. “Questo referendum non è la fine, è l’inizio di una strada che dobbiamo percorrere”, ha detto. Nel frattempo in piazza Italia a Santiago del Cile, diventata nel corso dell’ultimo anno il punto di ritrovo del movimento di protesta, la gente è scesa in piazza a festeggiare con canti, balli e fuochi d’artificio.