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Sarà presentata una nuova legge sul femminicidio

Dopo l'assassinio di Giulia Tramontano, il ministro Piantedosi ha annunciato un nuovo disegno di legge che punta a intervenire sul tema e a «evitare che la violenza o addirittura l’omicidio sia commesso»

Foto di Jacob Garcia/Anadolu Agency via Getty Images

Dopo il caso di Giulia Tramontano, la 29enne incinta di 7 mesi uccisa a Milano dal suo, compagno Alessandro Impagnatiello, lo scorso 27 maggio, il ministro dell’Interno Matteo Pianteodosi ha annunciato un nuovo disegno di legge sul femminicidio.

Ne ha parlato questa mattina in un’intervista concessa a La Stampa, in cui ha spiegato che «Stiamo lavorando all’ipotesi di un intervento normativo da portare all’attenzione del consiglio dei ministri».

Stando alle parole di Piantedosi, alla proposta starebbero lavorando anche la ministra della Famiglia Eugenia Roccella e il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Il ministro ha anche spiegato che l’obiettivo della legge sarà quello di «evitare che la violenza o addirittura l’omicidio sia commesso», perché a sua detta «le pene severe servono, ma non esauriscono il problema».

In particolare, il disegno di legge rincorrerà due esigenze: l’informazione e la prevenzione. «Per quanto di competenza del Viminale stiamo ipotizzando un rafforzamento delle misure di prevenzione. A partire dall’ammonimento nei confronti degli autori delle condotte violente. E di informazione alle vittime. Estendendo le possibilità e i casi di intervento del questore», ha spiegato Piantedosi, secondo cui bisogna «comunicare alle donne vittime di abusi la presenza dei centri antiviolenza che operano nel territorio. E metterle in contatto con queste strutture». Mentre per gli uomini si pensa a un potenziamento del braccialetto elettronico «nel caso in cui l’autorità giudiziaria ne decida l’adozione. Sempre nell’ambito della violenza domestica e di genere».

Il ministro ha anche aggiunto che «la premessa di qualsiasi ragionamento sulla violenza contro le donne e sul suo culmine, il femminicidio, infatti, è che non si tratta di un fatto individuale ma sociale. Questa precisazione è decisiva perché parlare di un fenomeno sociale significa che le sue cause non sono da rintracciare soltanto nella devianza del singolo. Certo, le situazioni di cui parliamo ci pongono dinanzi a soggetti che hanno indubbiamente una propensione criminale. Ma chi rivolge la propria indole prevaricatrice verso una donna, per lo più la propria compagna, spesso è convinto intimamente di essere legittimato a farlo». Ecco perché «Chi calpesta la dignità di una donna, anche nei casi più estremi, vive un certo senso di impunità. È qui che si rintraccia la matrice culturale della violenza contro le donne, in questo sentimento di possesso irrazionale che disinibisce i loro aguzzini. Per questa ragione, lo strumento per contrastare il fenomeno non può essere limitato alla repressione del reato. Ma deve essere agganciato a un progetto culturale, che comporti l’assunzione di una responsabilità collettiva e multidisciplinare per prevenirlo e contrastarlo. Si deve affermare compiutamente il rispetto della vita umana e della altrui libertà affinché in nessun modo la donna possa essere trattata come un oggetto, una proprietà, uno strumento».

I dati sui femminicidi lasciano poco spazio all’immaginazione: secondo l’ultimo rapporto del Viminale – con i dati aggiornati al 28 maggio 2023 – dall’inizio dell’anno sono state uccise 45 donne; con la morte di Giulia Tramontano e Pierpaola Romano, il numero di femminicidi è salito da 45 a 47.

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