Ieri, a Napoli, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) ha presentato un documento dalla valenza simbolica importantissima, che mette nero su bianco degli obiettivi da perseguire e, soprattutto, parla al presente: una carta d’intenti che testimonia come l’emergenza abitativa, il caro affitti e tutte le difficoltà connesse all’abitare rappresentino delle problematiche comuni a molte amministrazioni.
Durante il ciclo di incontri “Dialoghi sull’Abitare”, le amministrazioni di Napoli, Bari, Bologna, Catanzaro, Firenze, L’Aquila, Milano, Palermo, Potenza, Roma, Torino e Venezia hanno infatti presentato un manifesto per la casa con l’obiettivo di presentare al Governo una serie di richieste concrete, nell’ottica di fornire ai comuni tutti gli strumenti necessari per gestire al meglio le politiche abitative.
Quelle dei sindaci sono richieste di natura estremamente pragmatica, a partire dal rifinanziamento, con un apposito decreto legge, dei fondi per l’affitto a la morosità incolpevole: misure di sostegno indispensabili per tutelare migliaia di famiglie a rischio sfratto, ma che a marzo sono stati cancellati dal governo – tanto per rendere un’idea di quanto la problematica sia sentita: solo a Napoli, la città che ha ospitato l’evento, l’anno scorso 72mila famiglie hanno chiesto il contributo per l’affitto
Riattivare il fondo, però, rappresenta soltanto il primo tassello di una visione di più ampio respiro: secondo i sindaci, per affrontare l’emergenza abitativa bisogna partire necessariamente dal recupero e dalla razionalizzazione della grossa mole di immobili e le strutture già presenti, in particolare gli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica (Erp). I passi da compiere messi nero su bianco sono chiarissimi: l’assegnazione della gestione dell’edilizia sociale e degli immobili pubblici inutilizzati, la messa a disposizione di risorse utili alla realizzazione di 112 proposte del Pinqua non finanziate, la creazione fondi permanenti per la manutenzione e l’efficientamento energetico delle case, una legge quadro sull’ERP che superi i divari regionali e strumenti per l’affitto ordinario e la revisione della norma sul federalismo demaniale.
E poi c’è il nervo scoperto degli affitti: serve una normativa nazionale per regolamentare quelli brevi, certo, ma al contempo sono indispensabili anche politiche mirate capaci di rendere nuovamente attrattivi e convenienti gli affitti di lungo periodo. È questa, ad esempio, la suggerita dal sindaco di Firenze Dario Nardella, che dallo scorso primo giugno, per combattere lo spopolamento del centro storico, ha proclamato lo stop in area Unesco ai nuovi Airbnb e annunciato dei benefici fiscali (l’azzeramento della tassa IMU per tre anni) per i proprietari disposti a fare ritorno a forme più stabili di residenza.
Secondo il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, la questione abitativa è oggi la sfida più importante per le città, a partire dall’assenza di risorse per le manutenzioni delle case popolari. «La questione abitativa è stata individualizzata e catturata dalla rendita. Deve tornare tema politico e collettivo» ha detto Laura Lieto, assessora all’urbanistica e vicesindaca del capoluogo campano. Per troppe persone la povertà è diventata una condizione strutturale e riguarda anche la classe media, ha detto Lieto. Napoli conta oltre 20mila alloggi popolari e sta investendo 350 milioni di euro del Pnrr per ristrutturare, demolire e ricostruire 1400 di queste case, abitate da oltre 7mila persone.
Insomma, il contenuto del documento non è altro che la controparte burocratica di una presa di coscienza che, finalmente, ha iniziato a interessare da vicino anche chi amministra: abitare è diventato sempre più difficile, i centri storici si spopolano, i redditi non reggono il passo dei canoni di locazione e ci sono (pochi) proprietari che beneficiano di un settore poco regolamentato per fare il bello e il cattivo tempo.
I comuni se ne sono resi conto, gli studenti pure, ora attendiamo il governo.