Dentro la guerra di Putin al giornalismo indipendente | Rolling Stone Italia
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Dentro la guerra di Putin al giornalismo indipendente

"Proekt" era un sito internet di giornalismo investigativo noto per le sue inchieste scomode. Le autorità l'hanno fatto chiudere e i giornalisti che ci lavoravano, come Yulia Lukyanova, ora sono considerati "agenti stranieri"

Dentro la guerra di Putin al giornalismo indipendente

A 24 anni, la giornalista russa Yulia Lukyanova può già dire di avere avuto a che fare con problemi che la grande maggioranza dei colleghi europei non ha mai immaginato di dovere affrontare, come vedere il giornale per cui si è lavorato chiudere per un caso giudiziario, ed essere chiamata dalle autorità “agente straniero” sulla base di una legge che impedisce a media e organizzazioni non governative di ricevere finanziamenti dall’estero. “All’inizio”, dice Lukyanova, “la polizia ha compiuto una serie di perquisizioni. Ad alcuni hanno sequestrato telefoni, computer e hard disk. Pensavamo che cercassero notizie sul nostro lavoro. Poi abbiamo saputo che ci avrebbero inseriti nell’elenco degli agenti stranieri. Insomma, per loro siamo più pericolosi dei terroristi. Questo non è altro che un sistema per cancellare il nostro lavoro”. Lukyanova faceva parte di Proekt, un sito internet di giornalismo investigativo rivolto al pubblico russo con base negli Stati Uniti. Altri sette nella sua redazione si trovano oggi nello stesso elenco. I loro nomi sono Roman Badanin, Mikhail Rubin, Maria Zheleznova, Sofia Groysman, Olga Churakova, Yulia Apukhtina e Pyotr Manyakin, che a 22 anni è il più giovane di tutti. 

Proekt è nato nell’agosto del 2018. Rientra in un genere particolarmente popolare in Russia, che usa strumenti giornalistici tradizionali e nuove tecnologie per inchieste sugli apparati pubblici. Quelle di Proekt hanno riguardato società petrolifere, agenzie di sicurezza e uomini vicini al presidente, Vladimir Putin. Il sito lo ha fondato e poi diretto Roman Badanin. Badanin è una firma conosciuta nei circoli di Mosca: ha ricoperto incarichi importanti a Gazeta.ru, a Forbes, al network RBK e nella web tv Dozhd. Poi, nel 2017, è volato negli Stati Uniti con una borsa di studio dell’Università di Stanford per seguire un corso di studi. Secondo i giornalisti di Proekt, l’iniziativa delle autorità è direttamente legata al lavoro sulla cerchia di Putin. Altri ritengono che un peso nella vicenda lo abbia avuto anche il denaro. Russia Today parla dell’organizzazione European Endowment for Democracy, che ricevere fondi dalle istituzioni di Bruxelles e finanzia progetti in diversi paesi, anche fuori dall’Unione. Come Russia Today sia arrivata a questo nome non è dato sapere. Il punto è che dal 15 luglio Proekt è un media “indesiderabile”, perché per la Procura generale “rappresenta una minaccia alla sicurezza della Russia”. 

Anche la legge sugli agenti stranieri è entrata in vigore nel 2017. Putin in persona l’ha difesa un anno fa dicendo in una intervista che gli Stati Uniti hanno una norma simile già dagli anni Trenta. Sul piano pratico la versione russa prevede multe e carcere, e costringere i giornalisti sotto accusa a una penosa serie di adempimenti. “Per prima cosa”, dice Lukyanova, “dovremo presentare al ministero della Giustizia documenti che permettano alle autorità di ricostruire la nostra, personale, situazione finanziaria, e quindi i soldi che ciascuno di noi ha guadagnato e il modo in cui li ha spesi. Dovete capire che si tratta di un passaggio molto delicato: due banali errori di compilazione possono costarci la prigione”. Ma c’è una questione ancora più grande del denaro. “La legge”, dice sempre Lukyanova, “ci costringe a specificare sempre lo status di agenti stranieri. Vale per tutto quello che facciamo. Nel caso in cui io scriva un articolo per un giornale. Ma anche per i miei post su Instagram o su Facebook. Sono obbligata a dire di essere un agente straniero. Non farlo significa rischiare il carcere. Il che rende praticamente impossibile lavorare ancora nel giornalismo. Nessuno si confiderebbe mai con un agente straniero. Pochi vorrebbero pubblicarne le inchieste”.

Il modo per uscire dall’elenco esiste, ma non è detto, dice Lukyanova, che le autorità intendano procedere già da ora in quella direzione: “I media affidabili non vogliono più avere una sede in Russia proprio per evitare censure e procedimenti penali. E io, per ottenere un giorno di essere esclusa da quell’elenco, non posso lavorare per committenti stranieri”. Oggi Proekt ha chiuso. L’entità americana alle sue spalle è stata liquidata. Yulia Lukyanova non ci lavora più, e un’associazione di difesa dei diritti civili sostiene il suo ricorso. Quanto a Roman Badanin, beh, quando i problemi sono cominciati Badanin è partito per gli Stati Uniti assieme al suo vice, Mikhail Rubin, ha detto che non ha alcuna intenzione di tornare a Mosca e che si impegnerà per aiutare i colleghi di Proekt che decidessero di lasciare il paese. La scorsa settimana il governo russo ha aperto fascicoli su quattro siti internet di informazione. Sono 18 i giornalisti russi considerati agenti stranieri.