Covid, lockdown e burocrazia hanno peggiorato ancora di più la vita dei migranti | Rolling Stone Italia
Politica

Covid, lockdown e burocrazia hanno peggiorato ancora di più la vita dei migranti

Gli effetti della crisi sanitaria e il rallentamento della burocrazia stanno bloccando i migranti in un limbo, rendendoli ancora più invisibili di quanto non fossero prima

Covid, lockdown e burocrazia hanno peggiorato ancora di più la vita dei migranti

GIOVANNI ISOLINO/AFP via Getty Images

Lo scorso luglio Tijan Toure, richiedente asilo di 24 anni originario della Gambia, ha richiesto di partecipare alla sanatoria indetta questa estate per la regolarizzazione dei lavoratori stranieri presenti in Italia. Rinunciando alla sua richiesta d’asilo, avrebbe potuto ottenere un permesso di soggiorno di 6 mesi, con possibilità di rinnovo, per lavorare nel settore agricolo e partecipare alla vendemmia. La sua richiesta è stata accettata quasi immediatamente, ma il suo permesso di soggiorno, la cui validità iniziava a luglio, è arrivato ad ottobre, con tre mesi scarsi alla scadenza. 

Toure, che ha alle spalle un lungo viaggio per arrivare in Italia attraverso Mali, Algeria e Libia, dove è stato per più di anno in un centro di detenzione e ha perso l’uso di un dito quando gli hanno sparato alle mani, ha richiesto subito un appuntamento per il rinnovo del permesso di soggiorno. L’appuntamento gli è stato dato a novembre del 2021. E trovare lavoro durante una pandemia, in un’Italia che oscilla sull’orlo della crisi economica, con un permesso di soggiorno in scadenza e poco altro è pressoché impossibile. 

“Mi hanno dato un foglio con l’appuntamento per novembre 2021. Ma quando vado in agenzia a cercare lavoro, loro non prendono questo documento,” racconta Toure in un’intervista telefonica. “Quindi devo lavorare in nero per avere 5 euro, 10 euro per mangiare. Adesso sto cercando una soluzione per andare avanti. Però non posso stare così. Non sono arrabbiato, ma senza lavoro non posso vivere, non posso pagarmi da mangiare, non posso pagare l’affitto.” 

La situazione di Toure è emblematica di come l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 abbia avuto un impatto sproporzionato sulle fasce di popolazione più vulnerabili. Dal punto di vista sanitario, abitativo e lavorativo i migranti sono i primi a risentire gli effetti catastrofici di una pandemia che ha bloccato il paese per mesi. In più il rallentamento della burocrazia, che in Italia non è delle più agili, ha sospeso migliaia di persone in un limbo. 

“Le pratiche si sono allungate, sta diventando impossibile prendere un appuntamento,” racconta Rita Lipardi, che lavora come volontaria allo sportello migranti della casa del popolo Marielle Franco a Pavia e ha aiutato Toure a fare richiesta per la sanatoria. “Quando la burocrazia allunga così tanto il rilascio di permessi di soggiorno già approvati, vuol dire che la gente poi non può trovare lavoro e pagare l’affitto e comprarsi dei vestiti. È inverno, fa freddo e non hanno i vestiti. Le persone sono stremate dalla burocrazia e credo l’impatto psicologico sia devastante. Credo che questo periodo li abbia resi ancora più invisibili di quello che erano prima.” 

La sanatoria di quest’estate ha dato la possibilità di regolarizzazione ad alcuni lavoratori nei settori dell’agricoltura, zootecnia, assistenza alla persona e lavoro domestico – in alcuni casi, previa rinuncia alla richiesta di protezione internazionale. Ma è andata a scontrarsi con il rallentamento burocratico causato dal Covid-19. “Di base c’erano degli elementi positivi,” dice Caterina Bove, avvocata dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), “Non c’era tetto massimo ed era aperta a richiedenti asilo. Ma la coincidenza della sanatoria con il periodo di epidemia ha creato impasse.”

Ci sono persone, come Toure, che pur regolarizzati dalla sanatoria si trovano senza documenti in mano, persone che hanno rinunciato alla richiesta d’asilo per accedere alla sanatoria e si trovano senza niente, e persone che devono scontrarsi con enormi ritardi nel rinnovo dei permessi di soggiorno. “Il problema è stato che nei mesi di marzo, maggio eccetera le questure erano chiuse, non ricevevano nessun tipo di pratica, ed è tutto bloccato. Le questure sono molto indietro, e anche le commissioni territoriali che si occupano di richieste d’asilo si sono fermate per molti mesi. Il permesso di soggiorno non è un pezzo di carta, è l’elemento da cui poi derivano tutti i diritti. Questo sicuramente crea un disagio effettivo a richiedenti asilo e a tutti gli stranieri che dipendono da un permesso di soggiorno.”

Oltre a rallentare la burocrazia, il Covid-19 con tutti i suoi lockdown ha impattato su molti dei corsi di lingua e formazione pensati per agevolare l’inclusione sociale dei migranti. I corsi, la cui esistenza era già stata messa in difficoltà dal decreto Salvini su immigrazione e sicurezza del 2018, sono stati cancellati o spostati online dalla pandemia. 

Il  decreto Salvini ha abolito tutta una serie di procedure fondamentali per l’integrazione, l’insegnamento delle lingue e la scolarizzazione,” spiega Costantina Regazzo, direttrice della Fondazione Progetto Arca onlus, che offre accoglienza a migranti e persone in difficoltà. La fondazione ha dovuto chiudere 5 dei suoi 7 centri di accoglienza in seguito al decreto. “Il decreto Salvini ha ridotto in maniera drastica i fondi, li ha quasi azzerati,” aggiunge Massimo Chiodini, direttore di uno degli ultimi due centri di accoglienza straordinari della fondazione Arca. “Il Covid ha dato il colpo di grazia.” 

Riassumendo, al di là delle più ovvie conseguenze sanitarie del Covid-19 sui migranti – in Francia, dove la sanità è universale, la mortalità nel periodo tra marzo e maggio è aumentata del 48% per gli immigrati e del 22% per i nativi francesi, secondo dati dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e per lo sviluppo economico) – la pandemia può avere conseguenze rilevanti sull’integrazione futura di migranti e richiedenti asilo in Italia e in Europa. 

Per i paesi occidentali serie politiche di integrazione sono la garanzia per accogliere i flussi migratori con successo e in sicurezza. “Se guardiamo a quello che è successo durante la scorsa crisi finanziaria, c’è stato un rallentamento del processo di integrazione degli immigrati,” spiega Stefano Scarpetta, direttore per l’impiego, il lavoro e gli affari sociali all’OCSE, “perchè nel momento in cui la disoccupazione aumenta, molti dei disoccupati diventano disoccupati di lungo periodo e gli immigrati hanno meno accesso a sostegni, che siano sussidio di disoccupazione o altre forme di supporto.” 

“Molto dipenderà dall’evoluzione della crisi nei prossimi mesi. Non bisogna cadere nell’errore di chiudere le frontiere ai migranti, perché sappiamo bene che le ragioni delle migrazioni sono prima nei paesi d’origine, ma anche nella necessità che abbiamo noi nei paesi di accoglienza di avere i migranti. Basta vedere cosa è successo durante la crisi: abbiamo scoperto che il settore dell’agricoltura dipende significativamente dai lavoratori stranieri, abbiamo visto che molti lavori essenziali sono svolti da migranti.”

Secondo Scarpetta è fondamentale dedicare parte delle ingenti risorse a disposizioni per superare la crisi creata dal Covid-19 alle fasce di popolazione più vulnerabili, tra cui migranti e richiedenti asilo. Persone come Toure, che incastrato nel limbo della burocrazia italiana, ha vissuto più di un anno senza un tetto nella stazione centrale di Milano, prima che un amico gli offrisse il suo salotto dove dormire, e che trova lavoro solo in nero, per pochi euro al giorno, nonostante la regolarizzazione della sanatoria di quest’estate. 

“Nel mondo attuale voi non potete vivere senza di noi, e noi senza di voi,” dice Vieaux Diarra, mediatore culturale originario del Mali e residente a Milano da 33 anni. “Siamo diventati come binari, e dobbiamo darci la mano per evolverci insieme in parallelo, senza la prevaricazione di uno sull’altro.”