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Così si fabbrica la falsa invasione di migranti

Una ricerca sui migranti ha rintracciato le origini di 162 fake news. Ecco come funziona l'Internazionale delle bufale

Foto Michele Amoruso / IPA

L’hanno visto tutti, questo video. Un uomo, in un corridoio d’ospedale, spintona una dottoressa, poi la aggredisce, la scaraventa a terra, e stampa un pugno in faccia all’infermiera che accorre in aiuto della collega. Gira sui social, ormai da qualche mese, attribuito ora a un profugo siriano in Germania, ora a un magrebino in Francia, ora a un siriano, ma in un ospedale turco. Ha infestato i social nelle campagne elettorali in Francia, in Spagna e in Turchia, condiviso su migliaia di feed di chi è contrario all’arrivo degli stranieri. In realtà è un ubriacone russo, che picchia una dottoressa russa, in un ospedale della provincia russa.

I migranti vivono accanto a noi, in una realtà spesso problematica. Ma il modo in cui li vediamo e giudichiamo è influenzato dai media, tradizionali e non, fino a distorcere il quadro reale. Un’altra immagine molto popolare sui social è quella di una folla di disperati sulla banchina davanti a una nave, accalcati nella speranza di imbarcarsi. Nei Paesi africani e mediorientali viene diffusa con la didascalia che spiega che si tratta di europei in fuga verso l’Africa durante la Prima o la Seconda guerra mondiale. In Occidente, soprattutto in Francia e in Italia, circola come testimonianza della massa sterminata di profughi in fuga dalla Libia verso l’Europa. Nel primo caso serve ad alimentare il rancore verso i Paesi ricchi che non vogliono accogliere migranti pur avendo goduto dell’ospitalità dei loro Paesi quando erano in difficoltà. In Europa è funzionale a fomentare la paura dell’orda di barbari in procinto di imbarcarsi. Nessuno ha riconosciuto lo scatto: sono gli albanesi che cercano di raggiungere l’Italia, nel 1991, un altro grande esodo che sembrava impossibile da affrontare, oggi completamente digerito e dimenticato.

I migranti scendono dai barconi ogni giorno sui teleschermi, e non stupisce che nella percezione degli italiani gli stranieri ormai compongano, in base ai vari sondaggi, da un quarto a un terzo della popolazione. In realtà, sono l’8%, contando tutti i non italiani, e appena il 6% se si parla di “extracomunitari”, dai cinesi agli americani e agli svizzeri. La stragrande maggioranza ha un permesso di soggiorno, e un lavoro. Ma dai monitor viene raccontata tutta un’altra storia. L’associazione no-profit turca Teyit, che fa parte dell’International Fact-Checking Network (Ifcn), ha condotto una ricerca sulle fake news riguardanti i migranti che si è svolta in 22 Paesi, rintracciando le origini di 162 notizie fasulle. Che sono sempre le stesse, con gli stessi filmati e le stesse foto. Le donne che si dichiarano vittime di molestie di stranieri, immagini rubate in realtà alle varie campagne contro la violenza (in alcuni casi non sono nemmeno testimonial autentiche, ma modelle). L’”immigrato” che picchia i medici. La donna uccisa dai profughi siriani (in realtà, una turca massacrata dal marito). I profughi che si rifiutano di accettare il cibo distribuito dalla Croce Rossa perché sulle scatole c’è il simbolo della croce. I militanti dell’Isis, entrati in Germania spacciandosi per profughi, che aggrediscono la polizia (il filmato è del 2012, prima della grande ondata migratoria e dell’ascesa dell’Isis, e i musulmani si stanno scontrando in realtà con militanti dell’estrema destra razzista). Sono tutti dei falsi.

Un minuzioso lavoro di indagine ha permesso di smascherare questi filmati come falsi, e di rintracciarne i movimenti globali (e quasi mai l’origine). Ma uno dei problemi delle fake news – discusso di recente al quinto Global Summit dell’Ifcn, che ha visto 200 fact checker, esperti e giornalisti riuniti a Roma – è proprio quello di stabilire cosa è una “bufala”. Con un video falso, i cui protagonisti, situazione e luogo non sono quelli dichiarati, il discorso è relativamente facile, e riguarda soprattutto i social. Ma esiste anche un modo di presentare notizie “vere”, come quello di segnalare una notizia di cronaca criminale se ha per protagonista un extracomunitario, sottolineando la sua origine, o associando nelle news la parola “profughi” alla parola “terroristi”, come è accaduto spesso durante la grande crisi migratoria di due anni fa, anche se su diversi milioni di persone in fuga dalla Siria nemmeno una decina sono finite nel mirino della polizia come estremisti islamici. Secondo le indagini dei fact checker, anche i fake poi cambiano orientamento da un Paese all’altro: i contenuti (e i filmati taroccati) restano gli stessi, ma i commenti puntano più sulle differenze religiose (soprattutto negli Usa) invece che sui costi degli aiuti statali (argomento sensibile nei Paesi dal welfare ricco come Germania e Svezia), sulla criminalità portata dagli stranieri (Germania, Repubblia Ceca e Paesi Bassi), mentre in Italia è il fatto stesso della presenza di extracomunitari, la loro “invasione”, a dare fastidio. Un’”invasione” che è di gran lunga inferiore alle percentuali di immigrati in altri Paesi europei, ma in compenso in Italia il divario tra il numero effettivo degli stranieri e quello che l’opinione pubblica ha in mente è il più alto. Anche per numero di fake news riguardanti gli stranieri l’Italia è sopra la media europea, anche se per numero di fatti segnalati la Germania e la Svezia, Paesi con una presenza di immigrati molto più cospicua, sono in cima alla classifica.

Paese che vai, fake news che trovi, ma il divario tra la realtà e la sua percezione sta diventando allarmante, non soltanto nel campo dell’immigrazione. Secondo i dati di Bobby Duffy, direttore dell’istituto Ipsos Mori che si sta preparando a dare alle stampe un libro che spiega che “abbiamo torto quasi su tutto”, in tutti i Paesi, occidentali e non, la percezione diffusa vuole un drastico incremento della criminalità, mentre ovunque è scesa vertiginosamente negli ultimi 30 anni. E ovunque il numero degli stranieri stimato dall’opinione pubblica supera di due, tre, anche quattro volte quello reale. Su questo divario si è già giocata la partita del Brexit. Ora l’Unione Europea si sta spaccando su una crisi migratoria che non esiste, ma che ha portato al cambiamento di governo in Italia e fa vacillare Angela Merkel. L’immigrazione è un problema reale, falsarne, intenzionalmente o no, la percezione paradossalmente può solo complicarne la soluzione.

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