Cose più improbabili dei vaccini anti-Covid in cui Novak Djokovic crede fermamente | Rolling Stone Italia
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Cose più improbabili dei vaccini anti-Covid in cui Novak Djokovic crede fermamente

Com’è possibile che un campionissimo convinto che l’acqua si possa depurare col pensiero non voglia dare una chance ai vaccini? Dal “quantum healing” alla telecinesi, ecco com’è davvero il Djokovic New Age

Cose più improbabili dei vaccini anti-Covid in cui Novak Djokovic crede fermamente

Foto: TPN/Getty Images

Novak Djokovic è un tennista eccezionale che ha fondato la sua carriera sulla capacità di alterare con la forza del pensiero e della muscolatura cose di non poco conto, come i limiti motori imposti agli arti umani, le geometrie del campo da gioco e, più in generale, gli equilibri di uno sport che è impegnativo fisicamente quanto psicologicamente.

Perciò è stato un dispiacere altrettanto eccezionale vederlo uscire sconfitto da quella che potrebbe essere stata la sua ultima partita decisiva; e non già contro un rivale alla pari – come Federer o Nadal – ma contro il Governo australiano e il Covid.

Fermamente contrario alla vaccinazione anti-Covid, necessaria per l’ingresso nel Paese ospitante, Djokovic non ha potuto partecipare all’Australian Open e probabilmente non potrà partecipare a diversi prossimi tornei altrettanto prestigiosi. Ha dimostrato così, in nome della sua posizione no-Vax, di essere disposto non solo a mettere a repentaglio la possibilità di battere il record assoluto di Slam vinti, non solo a retrocedere dal primo posto della classifica ATP, ma anche a condividere parte della visione del mondo con Povia. Il Covid – insieme a una serie di bugie intorno a esso – rischia di essere la criptonite di questo superman serbo.

È sempre importante provare a separare il tennista dall’uomo, ma è piuttosto difficile farlo se l’uomo non può entrare nel campo da tennis per motivi legati a leggi vigenti nello Stato in cui il suddetto campo è collocato.

Djokovic è la prova che anche il corpo più perfetto e allenato non può nulla contro la forza della mente, soprattutto se confortata da teorie pseudo-scientifiche, quando si insinua in quel corpo. Questa potrebbe essere, in altre parole, la più grande sconfitta intellettuale delle persone fisicate della storia, se si esclude il caso di Michelle Hunziker irretita dalla santona Clelia. Sono bravi tutti a credere alle boiate quando hanno la costituzione dell’Uomo dei fumetti dei Simpson o passano gran parte delle proprie giornate su Internet. Un altro paio di maniche è credere alle boiate quando sei a un passo dall’essere uno dei più grandi campioni della storia o l’indimenticabile testimonial dell’intimo Roberta.

Il problema qui non è come sia possibile che un pezzo di ragazzo che, nel 1999, è sopravvissuto ai bombardamenti su Belgrado, non abbia il coraggio di farsi una puntura. Semmai è come sia possibile che un campionissimo che, com’è noto, crede nel potere terapeutico degli abbracci non voglia dare almeno una chance a un vaccino ben oltre la fase sperimentale.

Nel corso di una live chat sul Covid, Djokovic ha dichiarato: «Mantengo una mentalità aperta, e continuerò a studiare questo problema perché è importante e perché ci riguarda tutti». Ma, Nole, se non sei un esperto, cosa puoi capire studiando? E, soprattutto, che cosa stai studiando?

Segue un breve elenco di cose improbabili in cui Djokovic, a differenza dei vaccini contro il Coronavirus, crede. Molte delle sue convinzioni e fissazioni, come vedremo, sono perdonabili. Alcune di esse, forse, lo rendono poco autorevole come pensatore o viveur, ma comunque non ne hanno intaccato direttamente la carriera agonistica (va detto che un bravo tennista non deve necessariamente essere un pensatore o un viveur?). Eppure è inevitabile che il Novak no-Vax (per facilità: Novaks) è figlio anche del Novak New Age. La lista è stilata insomma come un umile monito a ripensarci, almeno in vista del Roland Garros.

La diagnostica creativa

Per Djokovic il rendimento sportivo conosce un prima e un dopo la scoperta dell’intolleranza al glutine, realizzata tramite la sola imposizione di fette di pane sul corpo. Un giorno il dottor Igor Cetojevic, seguendo l’Australian Open del 2010 in tv, si persuase che i frequenti time-out medici di Djokovic non fossero dovuti, come si pensava, all’asma, ma a un eccesso di glutine nella dieta. Cetojevic raggiunse poi Djokovic in Croazia, dove competeva nella Coppa Davis. Alla prima occasione utile chiese al campione di alzare il braccio destro due volte: una mentre sollevava una fetta di pane bianco nella mano sinistra, portandola verso la pancia, e una no. Lo scopo dell’esperimento era chiaro: dimostrare che i muscoli di Djokovic erano più deboli in presenza di farina.

L’amore vero

Djokovic e sua moglie Jelena stanno insieme ininterrottamente dal 2005, quando andavano al liceo insieme. Si sono sposati nel 2014 e sono gli orgogliosi genitori di Stefan e Tara. Più recentemente Jelena ha diffuso su Instagram un video in cui viene spiegato che il Covid è causato dal 5G; iniziativa coronata dal badge “False Information” delle grandi occasioni.

Il quantum healing

È una branca della pseudo-medicina che insegna ai suoi praticanti a diagnosticare malattie e intolleranze grazie alla scoperta dei quattro quadranti dell'”identità quantica”: spirito, anima, DNA, immagine di sé. Ma c’era bisogno della meccanica quantistica per capire che è meglio non bere alcol e non ordinare da Mi’Ndujo per essere un atleta migliore, soprattutto se con intenzioni di dominazione globale?

Il potere terapeutico dei lunghi abbracci

Pepe Imaz, mental coach storico di Djokovic, in adolescenza fu guarito dalla bulimia grazie all’incontro col pensiero di David Icke, complottista, antisemita, nemico acerrimo dei rettiliani e dei Savi di Sion. Come ridistribuire al prossimo doni così cospicui? Fondando a Marbella “Amor y Paz”, una scuola di tennis che è anche una scuola di telepatia e di difesa contro gli Illuminati e gli Anukaki. Qui Pepe e Novak discutono diffusamente delle nozioni che, grazie agli insegnamenti di Pepe, hanno in comune. Tra cui le celebri terapie a base di abbracci lunghi, estremamente lunghi, che per Djokovic dovrebbero essere prescrivibili dai medici e sostituire le strette di mano (da non rifare a casa, se non tra congiunti, almeno per un po’).

Il dialogo col riso bollito

Vedi sopra. Secondo Pepe e Novak inviare pensieri positivi a una ciotola di riso bollito può e deve essere parte integrante del percorso per migliorare sé stessi.

La telecinesi

In Transcendence – Live Life Beyond The Ordinary, docuserie cui Djokovic ha preso parte, il campione afferma: «C’è questa cosa chiamata telecinesi […]. Sento che è un dono da parte di un ordine superiore, di una fonte, di un Dio, qualunque cosa esso sia, che ci permette di comprendere l’ordine superiore che è in noi stessi […]. Abbiamo il potere di programmare il nostro subconscio. Per me trascendere significa passare da una vibrazione fisica di ordine inferiore a una vibrazione di ordine superiore, grazie alla quale è possibile capire chi siamo veramente».

Il veganismo estremo

Mangiare solo piante is for boys, brucare l’erba di Wimbledon is for men. Ma Djokovic è andato ancora oltre. Il suo festeggiamento rituale dopo le vittorie all’Australian Open (lì ha trionfato più di chiunque altro), invece che ballare o dialogare coi soliti, amatissimi fagiolini, è andare a trovare un amico che vive nei Giardini botanici di Melbourne. «È un fico del Brasile, adoro arrampicarmici e connettermici», ha dichiarato. Ma non varrebbe la pena di vaccinarsi solo per rivedere quel fico pazzesco?

La depurazione dell’acqua col pensiero

In un Instagram Live Novak ha sostenuto che le molecole del cibo possono essere purificate dalla nostra coscienza, visto che reagiscono all’energia emanata dal pensiero e dalle emozioni. Il pitch originale è però di Chervin Jafarieh, imprenditore del benessere che, dopo aver vissuto per anni tra giungle e sciamani, ora commercia integratori alimentari ed elisir.

La guarigione spontanea da gravi disturbi cronici

Per oltre due anni Djokovic rifiutò un intervento chirurgico al gomito, cosa che portò al distacco dall’ex coach Andre Agassi, nel 2017, giacché l’americano credeva nel potere della risonanza magnetica più che in quello degli impacchi di pazienza e telecinesi. Per la cronaca: dopo sei mesi di interruzione forzata, divenuta inevitabile, dall’attività agonistica, Djokovic si fece operare in Svizzera, per tornare a vincere come se non ci fosse una medicina olistica. Va benissimo l’idea che il corpo possa essere un tempio, ma non può essere anche un ambulatorio.

Una cura anti-Covid fatta in casa

Qual è il sogno proibito di ogni no-Vax? Creare una cura per il Covid, l’antivaccino definitivo. È notizia dell’ultima ora che nel giugno 2020 Djokovic ha acquisito l’80% della QuantBioRes, azienda danese che dovrebbe sviluppare un peptide in grado di inibire al virus il contagio delle cellule umane. Il 40,8% della società è di Novak, il 39,2% della moglie Jelena.

Avere la risposta pronta a ogni battuta

L’unica convinzione verissima e inconfutabile.

Il tennis è storicamente un paese per superstiziosi. Chissà, magari ciò che Djokovic chiama telecinesi o connettersi con gli alberi rappresenta solo una forma particolarmente raffinata e complessa di scaramanzia. Una sua lunghissima routine apotropaica, che non prevede coreografie di sputi o grattatine varie, ma video dirette filosofiche; corsi di meditazione e ricorsi legali persi in partenza; visite al villaggio serbo di Visoko, dove ci sono colline che formano triangoli magici e guaritori. E prevede anche il fatto di non essersi vaccinato fino ad ora.

Visto così Djokovic non è vittima, come tendono a dichiarare la sua famiglia o la Nazione Serba, della pur feroce burocrazia australiana, che non sembrava vedere l’ora di poterlo cogliere in fallo su ogni singola imprecisione; un po’ come quei maestrini del programma Back to school su Italia Uno, prontissimi a stangare il vip di turno in storia, geografia o, nel nostro caso, in scienze.

Djokovic è stato solo vittima di sé stesso e della stessa sua curiosissima, vivacissima mente, capace di tanto sia nel bene (ad esempio: convincersi che il pubblico che incita l’avversario stia in realtà gridando il suo nome), che nel male (ad esempio: credere che gli abbracci possano avere un potere curativo al di là del puro piacere di darne e riceverne).

Il sospetto è che le idee no-Vax di Djokovic possano somigliare alla piuma che Dumbo stringe nella sua proboscide, quando vola la prima volta. A essa il piccolo pachiderma associa il suo successo nel librarsi in aria, al punto da convincersi di non poterne fare a meno, nonostante lo stia facendo solo grazie alle sue enormi orecchie (che sono il corrispettivo del gran dorsale di Djokovic).

Nole, se ci sei, batti un servizio da 200 km/h. Ascolta dei cretini terza-dose (o, in alternativa, centinaia di tuoi colleghi vaccinati): puoi volare anche senza quelle piume. Se credi alla vita interiore dei cereali, perché non dare una chance, se non a un Astrazeneca, almeno a un Pfizer o un Moderna, e continuare a vincere, non solo nei sondaggi da futuro Presidente del Serbia, ma anche nei campi dei prossimi tornei del Grande Slam? Puoi e devi farlo grazie al potere delle tue braccia, delle tue gambe e del tuo cuore, e non certo grazie a quello delle cazzate.

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