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Dal vaccino all’economia: come sta cambiando Cuba

Il governo ha abolito il sistema della doppia valuta e aperto grandi spazi al settore privato per cercare di risollevare un'economia in grave crisi, e intanto sta sviluppando il suo vaccino anti-Covid con l'idea di usarlo per attirare il turismo

YAMIL LAGE/AFP via Getty Images

Dai Caraibi è arrivata negli ultimi giorni una notizia, per alcuni, sorprendente: il Soberana-2, il vaccino anti-Covid cubano, è giunto all’ultima fase della sperimentazione. Il trial della “fase 3” includerà oltre 150 mila volontari nel giro di poche settimane, poi il passo successivo sarà l’approvazione ufficiale e la distribuzione. La notizia è arrivata come un messaggio politico: mentre in Europa ci si accapiglia tra commissari straordinari, generali salvifici, multinazionali ritardatarie e novax pentiti, un Paese emarginato dalla geografia e dalla diplomazia sta per ottenere un risultato medico strepitoso e importante anche per il resto del mondo in via di sviluppo. 

Per la sinistra è l’occasione per segnare punti politici in un momento storico nel quale, tra tentazioni scioviniste, sorveglianza diffusa e frontiere chiuse ovunque, non sembra andargliene bene una. “Al governo italiano: questo vaccino è completamente pubblico, gratuito e libero da brevetti”, ha scritto su Twitter il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. Ma già il nome del vaccino, oltre ad ammiccare all’orgoglio patriottico dei cubani, è anche un metaforico coltello nella piega di quell’elettorato populista che dalle maglie delle entità sovranazionali proprio non riesce a liberarsi. 

Il vaccino cubano arriva però in un momento in cui milioni di abitanti del Paese faticano a comprare il minimo indispensabile per sopravvivere. Molte testimonianze raccontano che negli ultimi decenni Cuba non è mai stata messa così male. Mentre le autorità cercano di aggirare sanzioni commerciali imposte dagli Stati Uniti ormai quasi 30 anni fa e aggravate da Donald Trump, la pandemia ha sviscerato le carenze progettuali di un sistema basato soprattutto sugli aiuti dei Paesi amici: una politica fatta di un settore biotecnologico di prim’ordine ma anche di scarsità per quanto riguarda le risorse minime per il fabbisogno dei cittadini. Com’è possibile?

Questa incredibile dicotomia di Cuba confonde le idee e alimenta gli stereotipi. La realtà è semplice: la capacità di un paese povero di perseguire pochi, ben definiti obiettivi di politica industriale ad alto tasso tecnologico può convivere col fatto che i suoi cittadini si alzino alle 5 di mattina per mettersi in coda per comprare cibo e medicine. E se la pandemia ha messo a nudo a precarietà e la debolezza dell’Eurozona, bloccata da bizantinismi burocratici e incapace a tener fede a quel “capitalismo sociale” nel nome del quale era stata creata, lo stesso ha fatto anche per Cuba – che tra l’altro, per via dell’embargo e delle pressioni che subisce dagli anni Novanta, non è stata in grado di modernizzare la propria economia come hanno fatto altri Paesi socialisti come la Cina e il Vietnam.

Modernizzazione e riforme che però sembrano stare per arrivare. Il colpo al modello castrista è arrivato dalla nuova regolamentazione monetaria, in vigore dal 1 gennaio: il sistema della doppia valuta, che esisteva dal 1994, è stato abolito. In pratica funzionava così: il pesos comune (CUP) veniva usato per pagare gli impiegati pubblici ed era regolato come una comune moneta nazionale, mentre il pesos convertibile (CUC) valeva molto di più, era equiparato al dollaro e veniva dato ai turisti e ai diplomatici che lavoravano sull’isola. Il CUP era usato dalla gente comune, il CUC permetteva al governo di raccogliere valuta straniera forte. Il problema è che il sistema creava grandi disparità, impediva al minuscolo settore privato di espandersi e facilitava la nascita di un mercato nero di dollari. 

L’abolizione del sistema della doppia valuta era da sempre una delle richieste avanzate dagli Stati Uniti in cambio dell’allentamento delle sanzioni. Il governo cubano l’ha presentato come il primo passo verso una serie di riforme per liberalizzare un’economia cubana in crisi strutturale. Di recente, infatti, sono stati anche aperti nuovi spazi all’attività privata: dai 127 settori in cui era consentito il “lavoro autonomo” si passa a tutti tranne 124 che rimangono prerogative dello Stato. Va detto che la riduzione del settore pubblico cubano non include le principali industrie come lo zucchero e il tabacco, e che il governo non permetterà la concorrenza con lo stato in settori chiave come la sanità o l’istruzione. Medici e architetti non saranno ancora autorizzati ad aprire studi privati; veterinari e insegnanti di musica sì. Si annusa comunque, nell’aria, la fine di un’epoca.

Del resto le resistenze sono deboli. Il PIL di Cuba si è contratto dell’11% nel 2020 e la crisi di un alleato storico come il Venezuela ha esacerbato i problemi. Il governo cubano sa che, mentre annuncia i miracoli del vaccino, dovrà creare posti di lavoro per circa 300mila impiegati statali che potrebbero rimanere disoccupati quando smetterà di sovvenzionare le aziende pubbliche. Inoltre l’abolizione del sistema della doppia valuta è stata traumatica: l’inflazione è schizzata, il costo della vita è aumentato e ormai i prodotti venduti dallo Stato a prezzo calmierato vanno esauriti in poche ore. 

Anche per questo fa impressione sapere oggi che il vaccino cubano Soberana-2 sarà prodotto in 100 milioni di dosi nel corso del 2021 – più che sufficienti a vaccinare l’intero paese di 11 milioni di abitanti. L’ambizione più grande del governo cubano è destinarlo sia all’export sia ai turisti stranieri. Secondo José Luis Di Fabio, ex rappresentante dell’OMS a Cuba, il Paese però potrebbe non avere le attrezzature necessarie per produrre il suo vaccino su larga scala. Senza contare che le sanzioni hanno fatto esplodere il costo di acquisto delle materie prime. 

Il paradosso più grande però è un altro. Cuba è riuscita a limitare la diffusione del vaccino appoggiandosi sul controllo ferreo della popolazione e sulla chiusura degli aeroporti, ma così facendo ha aggravato il suo isolamento. E adesso, il bisogno di valuta estera ha convinto il governo ad attirare nuovi turisti con la promessa del vaccino, anche a costo di rompere l’idillio sanitario. Il Soberana-2 dovrebbe essere molto sicuro e con pochissimi effetti avversi, anche se non è chiaro se proteggerà dalle nuove varianti – una delle quali è già stata individuata sull’isola, portata proprio dai turisti che hanno potuto tornare a Cuba a novembre dopo una chiusura di sette mesi. Il numero di contagi è aumentato vertiginosamente – solo a gennaio ce ne sono stati più che in tutto il 2020 – e le autorità hanno imposto il coprifuoco a partire dal 21. 

Secondo gli scienziati cubani, l’obiettivo del vaccino è quello di diffondere solidarietà e qualsiasi profitto è solo un effetto collaterale. Il piano cubano di allargare la vaccinazione ai turisti potrà anche essere una mossa rischiosa e furbamente capitalista, ma è anche la conseguenza un modello per cui noi occidentali, dall’altro della nostra schizofrenia politica e tirchieria sistemica, dovremmo avere più rispetto, e prenderlo sul serio.

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