Ci sono 500 morti al giorno, ma il San Raffaele scrive ai suoi dipendenti di "rassicurare" sul Covid | Rolling Stone Italia
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Ci sono 500 morti al giorno, ma il San Raffaele scrive ai suoi dipendenti di “rassicurare” sul Covid

Un tweet preoccupato di Roberto Burioni si è meritato una risposta dal Gruppo San Donato e dal San Raffaele, e si è scoperto un giro di mail in cui si invita a rassicurare e a dire che non serve un nuovo lockdown

Ci sono 500 morti al giorno, ma il San Raffaele scrive ai suoi dipendenti di “rassicurare” sul Covid

Diego Puletto/Getty Images. Collage via Twitter

“Alcuni dicono che i pronto soccorso sono affollati da persone in preda al panico, e può essere vero. Ma quelle centinaia di persone che finiscono ogni giorno al cimitero a causa di Covid-19, sono spinte dal panico? Basta bugie. Basta bugie. Basta Bugie”.

Questo tweet di Roberto Burioni, arrivato ieri, ha scatenato una polemica tra il virologo e professore all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e i suoi datori di lavoro: l’università stessa e il Gruppo San Donato, che hanno preso le distanze giudicando le sue parole  “del tutto infondate dal momento che non è a conoscenza della realtà clinica che si vive nei pronto soccorso e nei reparti Covid”. Con l’invito, “pur riconoscendo l’autonomia di espressione, a considerazioni più rispettose della verità e del lavoro altrui”.

Solo che le parole di Burioni sono più che fondate: sono i dati sull’epidemia di coronavirus in Italia a dargli ragione. Nella sola giornata di ieri sono stati registrati quasi 40mila casi di coronavirus nel nostro Paese e 580 morti. “Quelle centinaia di persone che finiscono ogni giorno al cimitero a causa di COVID-19” quindi esistono davvero, c’è poco da dire. 

La risposta del Gruppo San Donato e del San Raffaele può sorprendere – soprattutto perché le due istituzioni sono sembrate più turbate dalle parole di Burioni, che hanno meritato una risposta diretta, che non da esternazioni ben più ardite di altri loro esponenti, a partire dalla celebre storia del “virus clinicamente morto” secondo Alberto Zangrillo.