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Che sorpresa: Donald Trump non vuole accettare il risultato delle elezioni

L'ex presidente non ha perso tempo per agitare lo spauracchio delle (finte) irregolarità delle 'Midterm', ricalcando una strategia che ricorda quella adottata nelle settimane che hanno preceduto l'assalto al Congresso: ha attaccato il voto per posta e accusato i democratici di "volere aggiustare i voti"

Foto: Phelan M. Ebenhack per The Washington Post via Getty Images

Anche se i risultati non sono ancora perfettamente definiti, Donald Trump non sembra disposto ad accettare l’esito di queste elezioni di metà mandato: l’ex presidente, che da mesi prepara il terreno per una candidatura in vista delle elezioni del 2024, non ha perso tempo per agitare lo spauracchio delle presunte irregolarità elettorali, ricalcando una strategia che ricorda da vicino quella adottata nelle settimane che hanno preceduto l’assalto al Congresso del gennaio dello scorso anno.

«Sta accadendo la stessa cosa che successe nel 2020 con i brogli elettorali?», ha scritto The Donald su Truth, il social che ha fondato dopo essere stato bannato in modo permanente da Twitter, diffondendo il seme del dubbio tra i suoi elettori e anche tra i membri del partito in corsa per la conquista di un ruolo statale o federale. In particolare, il Tycoon sta accusando i Democratici di voler «ripetere la frode» dando ai propri elettori bizzarri consigli, come quello di andare a votare di persona (evitando il voto per posta) e il più tardi possibile, per evitare che i funzionari elettorali «abbiano il tempo di aggiustare i voti».

Non è una novità: all’interno del Grand Old Party, la tesi che vorrebbe travestire una sconfitta certificata da numeri e fonti ufficiali in un “grande complotto” è ormai maggioritaria. Solo per citare qualche numero: dei 597 candidati Repubblicani in corsa per un seggio in Congresso o per una carica locale in queste midterm, 308 hanno sposato in maniera convinta la linea Trump, a volte perché persuasi della veridicità delle affermazioni del Tycoon, altre per strizzare l’occhio all’elettorato di destra più radicale e irrimediabilmente infiltrato da un complottismo divampante e sempre più visibile.

Lasciando da parte i casi clinici – come Marjorie Taylor Greene, membra della Camera nota per le sue idee cospirazioniste sul Covid, per le molestie verbali ad Alexandria Ocasio Cortez e per aver insultato il presidente Joe Biden durante lo Stato dell’Unione – basti pensare che anche un pezzo grosso come Rudy Giuliani, ex sindaco di New York, sta facendo di tutto per incattivire il più possibile il clima. Ieri, ad esempio, ha dichiarato: «La Francia ha avuto i risultati delle elezioni in 8 ore. Se in America non li avremo in 8 ore, cominciate a interrogarvi sul perché. Io lo farò».

Al netto delle polemiche che scaturiranno nei prossimi giorni, le elezioni di metà mandato hanno già complicato il percorso di Trump per la riconquista della Casa Bianca: la riconferma di Ron DeSantis come governatore della Florida (con circa il 60% dei voti) certifica che, per vincere le primarie, l’ex presidente dovrà fare i conti con un avversario temibile, popolarissimo e (cosa importante) radicale almeno quanto lui.

La sua ascesa politica nazionale è cominciata durante le fasi apicali della pandemia, quando si è reso conto che la scuola avrebbe potuto diventare il campo di battaglia privilegiato per dare inizio a una nuova guerra culturale di stampo ultraconservatore: dopo essersi battuto contro i distretti scolastici per eliminare le mascherine e riprendere le lezioni in presenza anche nei momenti più drammatici del contagio, ha approvato prima lo Stop Woke Act – una legge che limita l’insegnamento di temi legati alla razza, consentendo ai genitori di citare in giudizio scuole e insegnanti in caso di violanzioni – e poi la legge per i diritti parentali nell’istruzione, ribattezzata dai critici “Don’t Say Gay”, perché prevede il divieto di parlare di orientamento sessuale e identità di genere alle elementari, restringendone la discussione anche alle superiori. DeSantis ha opinioni piuttosto radicali anche in relazione all’aborto: si oppone a qualsiasi tipo di interruzione di gravidanza, a prescindere dai motivi che possano portare a richiederla, stupri compresi. Ancora più grottesca la sua posizione circa i temi climatici e il riscaldamento globale: ha dichiarato (nel 2018, in campagna elettorale) che non negava l’esistenza del cambiamento climatico, ma al tempo stesso non voleva essere considerato come un seguace di questa «corrente di pensiero».

Il suo fare pragmatico – i sostenitori lo definiscono un Trump dotato di cervello – lo ha portato a ottenere un certo consenso tra le fila dell’elettorato conservatore: già in un sondaggio condotto nel giugno 2021, aveva superato l’ex presidente Donald Trump come leader preferito dagli elettori di destra durante la Western Conservative Summit di Denver.

Non a caso, nelle settimane che hanno preceduto le elezioni, i rapporti tra Trump e DeSantis sono apparsi tesissimi: l’ex presidente non ha partecipato a nessuno degli eventi elettorali del governatore uscente, e recentemente l’ha anche preso in giro in un comizio chiamandolo “DeSanctimonious” (sanctimonious, in inglese, vuol dire bigotto).

Per i risultati definitivi serviranno giorni, forse settimane: al momento, non è ancora detto che i Repubblicani finiscano per assumere il controllo del Congresso. Se alla Camera la loro imposizione è scontata, in Senato la partita è ancora apertissima: attualmente, la vittoria di Ron Johnson in Wisconsin ha portato la conta sul 49 a 48 per il partito di Trump, ma mancano all’appello risultati decisivi in Nevada e Arizona, mentre per la Georgia si dovrà aspettare il ballottaggio del 6 dicembre, dal momento che il senatore democratico Raphael Warnock e lo sfidante repubblicano Herschel Walker, da ore bloccati in un accanito testa a testa, non hanno raggiunto il 50% dei voti.

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