Bianca Berlinguer e i negazionisti del riscaldamento globale che trovano ancora spazio in Rai | Rolling Stone Italia
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Bianca Berlinguer e i negazionisti del riscaldamento globale che trovano ancora spazio in Rai

Il siparietto andato in scena a 'Carta Bianca', con il climatologo Luca Mercalli costretto ad abbandonare lo studio per lo sconforto e le fandonie divulgate in prima serata, conferma una triste realtà: una parte di televisione italiana tratta evidenze scientifiche e fatti incontrovertibili come opinioni legittimamente contestabili

Bianca Berlinguer e i negazionisti del riscaldamento globale che trovano ancora spazio in Rai

Screenshot da Raiplay

Durante la puntata di Carta Bianca dello scorso 8 giugno è andato in scena un siparietto un po’ triste ma che, purtroppo, esemplifica al meglio il cattivo stato di salute della televisione pubblica in Italia.

Quella sera, tra gli ospiti del salotto di Bianca Berlinguer figurava anche il famoso climatologo Luca Mercalli, esperto stimatissimo e divulgatore appassionato. Da anni, Mercalli porta avanti una campagna sacrosanta per stimolare la diffusione di una corretta informazione sul riscaldamento globale, una delle sfide fondamentali del nostro tempo.

È anche merito di persone come Mercalli se la consapevolezza della crisi climatica e del cattivo stato di salute del nostro Pianeta non è mai stata tanto diffusa come oggi: la comunità scientifica è ormai unanime sull’origine antropica dell’aumento delle emissioni che ci stanno spingendo sull’orlo della sesta estinzione di massa (le pubblicazioni scientifiche che negano la componente antropica dei cambiamenti climatici sono circa lo 0,06% del totale), e la maggioranza dell’opinione pubblica chiede di intervenire tempestivamente per contrastarne gli effetti.

Eppure, sono traguardi che abbiamo tagliato soltanto di recente e che dobbiamo difendere con le unghie e con i denti: per anni, diversi attori hanno agito nell’ombra allo scopo di ritardare e ostacolare qualsiasi tipo di regolamentazione al settore fossile e seminare dubbi sulla scienza del clima per confondere l’opinione pubblica e proteggere determinati interessi. Ad esempio, è ormai cosa nota che, a partire dagli anni ’70 e ’80, gli scienziati interni all’azienda Exxon avevano scoperto il legame tra l’attività di bruciare combustibili fossili e l’aumento delle emissioni. Secondo i documenti e i promemoria interni alla compagnia, la Exxon sapeva tutto quello che c’era da sapere per affermare l’esistenza del cambiamento climatico e ammettere la propria responsabilità; ma, invece di cambiare rotta, l’azienda ha fatto di tutto per insabbiare la verità, costruendo una campagna di disinformazione sul clima durata decenni.

Tenendo conto di queste premesse, una corretta informazione non dovrebbe concedere alcuno spiraglio di visibilità ai mercanti di dubbi sulla scienza del clima. E invece no: Berlinguer, infatti, ha pensato bene di contrapporre a Mercalli il punto di vista del vicedirettore de La Verità, Francesco Borgonovo, notoriamente scettico nei confronti dei rapporti dell’ICCP e dell’origine antropica delle emissioni. Già qui si inciampa in un primo errore, ossia pensare che, invitando un punto di vista “controcorrente” sul clima, si possa garantire un contraddittorio paritario: così non è. Se la comunità scientifica è pressoché unanime (il consenso è vicino al 100%) nel sostenere che i cambiamenti climatici siano causati dalle attività degli esseri umani, per garantire la proporzionalità in studio dovrebbero essere presenti 99 Mercalli per ogni Borgonovo – anzi, per ogni particella di Borgonovo, dato che non stiamo parlando né di un ricercatore, né di un cultore della materia.

E invece no, parlare di clima nella televisione italiana è come parlare del condimento che si preferisce per una carbonara: io dico la mia, tu la tua; tu sei per il guanciale, io per la pancetta, che male c’è? Stacce. Il rischio è sotto l’occhio di tutti: trattare evidenze scientifiche e fatti incontrovertibili come opinioni legittimamente contestabili.

Lo ha dimostrato la stessa Berlinguer, quando ha incalzato Luca Mercalli chiedendogli: «Nel pieno Medioevo, nel 1450, la temperatura era più calda di oggi, è vero o non è vero?». Preso da un comprensibile sconforto, l’esperto ha risposto che, no, «Non è vero, questa è una roba che continuiamo a ripetere e che pesca nel Paleozoico della metereologia e della climatologia, questa roba qui è ormai destituita di ogni fondamento, la temperatura attuale non ha eguali da almeno 2mila anni». Non a caso, come ha ricordato Mercalli, «in Italia abbiamo la prova della mummia Ötzi, emersa nel ghiacciaio del Similaun a 3.200 metri, il 19 settembre 1991: ha 5300 anni, non si è deteriorata perché non è mai uscita dal ghiacciaio, come ha sottolineato l’IPCC». Berlinguer, imbarazzata, ha provato a barricarsi dietro la barriera del sentito dire: «No, no, perché è una cosa che si sente sentire spesso…», ha balbettato, prodigandosi in una versione postmoderna del «l’ha detto la televisione».

A quel punto Borgonovo ha scatenato la sua potenza di fuoco: «Comunque questi dati sono molto contestati», ha chiosato, incassando la replica di un Mercalli ormai sfinito: «Non è molto contestata, l’IPCC è un’organizzazione fatta da 195 paesi, ognuno dei quali esprime degli esperti, compresa l’Italia con dei miei colleghi molto stimati, È contestato perché lo contesta lei, ma non perché i dati scientifici sono contestabili».

Borgonovo, messo alle strette, ha pensato bene di giocare la carta del cherry picking (una delle strategie negazioniste più diffuse: si citano dei dati e si sopprimono tutte le prove che potrebbero portare alla conoscenza del quadro completo di informazione): «Non lo contesto io, ma Shellenberg e altri…». Il vicedirettore de La Verità si riferiva a Michael Shellenberger, autore di un saggio parecchio discusso – L’apocalisse può attendere. Errori e falsi allarmi dell’ecologismo radicale – in cui viene messo in discussione l’eccessivo allarmismo messo in campo dai movimenti per il clima che, a sua detta, provocherebbe l’effetto opposto alla sensibilizzazione che invece questi gruppi intendono ricercare. Angosciato, ma non ancora abbattuto, il climatologo ci ha riprovato: «Ma chi è Shellenberg rispetto a tutta la IPCC, 3.200 scienziati di tutto il mondo…», ha provato a spiegare, venendo interrotto dalla tracotanza di Borgonovo: «Posso credere a Mercalli ma posso anche sentire l’opinione di un altro, non crede?» – il concetto è sempre lo stesso: poco importa se il 99% della comunità scientifica concorda sul punto, c’è una voce controcorrente che rappresenta uno zero virgola? La prendo per buona, la consacro come mio argomento fantoccio, la travesto da antitesi paritaria.

Subito dopo, Mercalli ha abbandonato lo studio, sottraendosi a una triste messinscena e incassando pure la battutina di Borgonovo: «Il professore ha un po’ di surriscaldamento globale, così mi va a fuoco!» (bentornata, terza elementare); risate, sipario. La televisione pubblica deve fare meglio di così.