‘Vengo anch’io’: storia proibita dell’orgasmo femminile | Rolling Stone Italia
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‘Vengo anch’io’: storia proibita dell’orgasmo femminile

Del piacere femminile sappiamo ancora troppo poco (fino a qualche decennio fa, il clitoride non appariva neppure nei libri di anatomia). Per anni, l'orgasmo femminile è stato un tabù e la masturbazione un'onta sociale: è tempo di rimediare

‘Vengo anch’io’: storia proibita dell’orgasmo femminile

Foto via Unsplash

Di orgasmo femminile non ne sappiamo molto, ma siamo certi che esiste. Tant’è che agli inizi di dicembre la modella e attrice britannica Cara Delevingne ne ha donato uno suo alla scienza, masturbandosi in una stanza d’ospedale per 15 minuti per «avere delle risposte». I ricercatori coinvolti nello studio hanno voluto testare il suo sangue prima e dopo l’acme dell’eccitamento sessuale, nel tentativo di comprendere il modo in cui la chimica del corpo si modifica – sì, non ci è ancora chiaro.

Nei secoli sulla sessualità femminile se ne sono dette di ogni. Come ha fatto notare Elena Micheli, Psicoterapeuta presso l’Istituto IPSICO di Firenze, le epoche storiche l’hanno prima definita «complicata, minacciosa, vergognosa», poi «incontenibile, demoniaca». Infine «matura se vissuta con certe modalità o al contrario infantile, repressa, gerarchicamente inferiore a quella maschile». Tutto sommato «da liberare, da rivendicare o da rispettare» o da sfruttare per il concepimento, come creduto dall’uomo del diciassettesimo secolo sulla scia del pensiero del medico greco Ippocrate, per cui una donna poteva rimanere incinta solo riuscendo ad avere un orgasmo (e ovviamente doveva avercelo pure il partner).

È solo con l’arrivo di Virginia Johnson che il pensiero si evolve, avvicinandosi a quello moderno. La sessuologa statunitense, nata nel 1925 e morta nel 2013, è stata la prima donna – insieme al marito e collega William Masters – ad approcciarsi alla sessuologia in maniera scientifica, creando le basi per quella “rivoluzione sessuale” che in Occidente si sarebbe presentata intorno agli anni Sessanta.

Per la coppia fu il metodo adottato a fare la differenza, che gli permise tra l’altro di superare quello del loro predecessore, Alfred Kinsey, che fra gli anni Trenta e i Quaranta stupì i suoi colleghi per aver deciso di studiare la sessualità con questionari da compilare, basati sulle impressioni degli intervistati. Johnson e Masters usufruirono invece di laboratori e numerosi strumenti tecnologici per misurare i cambiamenti fisiologici durante l’orgasmo: ne passarono in rassegna circa 10mila – provocati sia dal coito che dalla masturbazione – fra uomini e donne di età compresa tra i 18 e gli 89 anni. E mentre “venivano”, un poligrafo teneva traccia del cambiamento di alcuni loro parametri vitali, tra cui battito cardiaco e attività cerebrale.

Ce n’è voluto insomma per scardinare credenze popolari così radicate nella storia evolutiva e indurre le persone a capire che il piacere, soprattutto quelle femminile, meno evidente di quello maschile, è frutto di una combinazione di fattori, tra cui contrazioni muscolari – da 5 a 8 ogni 0.8 secondi – e rilascio di ormoni.

Per dirlo con la precisione di Ilaria Consolo, vicepresidente dell’Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica di Roma, «l’orgasmo consiste in un riflesso del sistema nervoso autonomo in risposta a stimolazioni generalmente fisiche, in particolare genitali, che può essere facilitato o inibito dall’attività mentale e quindi da pensieri, fantasie e sentimenti» visto che nell’esperienza del piacere sessuale sono coinvolte ben 30 aree cerebrali.

Certo, saperlo non ne esaurisce la complessità, ma conoscere le basi è già incoraggiante di per sé. «Quasi nessuno mi chiede cos’è un orgasmo. Dovrebbe essere piuttosto noto», mi ha confermato Asja Tilotta, esperta in educazione sessuale e divulgatrice social con il nome di “Medmaki”. «Quello che le persone mi chiedono più spesso – quasi sempre soggetti con la vulva – è: ‘come faccio a capire di aver avuto un orgasmo?’. Di solito sono persone giovani o giovanissime, ma non mancano gli adulti».

Da uno studio condotto dall’Università dell’Indiana, dalla Chapman University e dalla Claremont Graduate University su 52mila persone americane, è emerso che le donne eterosessuali hanno meno orgasmi in assoluto. In proporzione queste hanno dichiarato di averne uno nel 65% dei rapporti, contro il 66% delle donne bisessuali, l’86% delle donne lesbiche, l’88% degli uomini bisessuali, l’89% di uomini gay e il 95% degli uomini eterosessuali.

Le motivazioni sono diverse, ma partono tutte dal presupposto che non esiste un manuale dell’orgasmo perfetto: ogni donna ha i suoi modi per raggiungerlo e spesso riesce a scoprirli solo esplorando il proprio corpo. «Difficile però che accada se sono scoraggiate sia culturalmente che socialmente a masturbarsi». E per le donne adulte invece, come si spiega? «Hanno più esperienza, certo, si conoscono di più, ma spesso si portano dietro retaggi culturali che le rendono imbarazzate o che, peggio, le fanno sentire sbagliate». Numeri dunque che non dovrebbero sorprenderci, visto che la Tilotta mi ribadisce che «in generale, la conoscenza degli apparati deputati al piacere femminile non è sempre stata una priorità. Basti pensare che fino a pochi decenni fa il clitoride non appariva nemmeno nei libri di anatomia, nonostante questa sia una scienza studiata nel dettaglio da secoli». Quando invece la maggiore conoscenza dei muscoli del pavimento pelvico, ad esempio, imparare a riconoscere quando si contraggono e quando si rilassano, potrebbe favorire il raggiungimento degli orgasmi.

D’altronde «il gender gap nello studio, nella storia e nella cultura esiste, così come esistono moltissimi preconcetti legati al sesso femminile. La scienza, per secoli, è stata fatta dagli uomini e sono stati gli uomini a decidere cosa aveva senso indagare e cosa trascurare». Sul loro orgasmo, tra l’altro, le cose sono sembrate piuttosto chiare fin da subito: il piacere è legato all’eiaculazione, e questa è fondamentale nel concepimento. Evolutivamente parlando, il godimento spinge gli uomini a “venire” più spesso, mentre invece una donna non necessita di un orgasmo per rimanere incinta – se così fosse sulla Terra saremmo probabilmente la metà. Ma si può quindi sapere a che serve oppure no? Al momento ancora no, a meno che non ci si accontenti di supposizioni.

Come si legge in un articolo pubblicato da Scientific American, una delle più antiche e prestigiose riviste di divulgazione scientifica, esistono diverse ipotesi sull’origine dell’orgasmo femminile. Per citarne un paio, c’è chi ha sostenuto che rafforza il legame con i partner, aumentando quindi le probabilità di riproduzione e chi invece ha pensato che le contrazioni muscolari possano aiutare lo sperma ad addentrarsi nel tratto riproduttivo – ipotesi già smentita dagli studi di Masters e Johnson, che si sono accorti che queste sono di tipo espulsivo. Una ragione ci deve essere, ma non è fra le precedenti. Un gruppo di scienziati citati da Le Scienze ha scritto che «l’esistenza dell’orgasmo femminile è intrigante per due motivi: da un lato, non è necessario per il successo riproduttivo femminile e, dall’altro, questo riflesso neuro-endocrino è troppo complesso per essere un incidente evolutivo».

La loro ipotesi è che si sia evoluto a partire dall’ovulazione. Oltre a questa, di supposizioni ce ne sono moltissime: potremmo andare avanti probabilmente all’infinito. Un’incertezza che nei millenni ha contribuito alla “mitizzazione” della vagina da parte degli uomini, «per i quali assume significati diversi, in base alle loro esclusive necessità, da alcova accogliente a terreno di caccia, fino ad essere un luogo sconosciuto e oscuro, quindi che al contempo spaventa e attrae».

Certo, arrivare ad una conclusione certa e valida per tutti avrebbe i suoi vantaggi. Non si tratta infatti di curiosità nuda e cruda (non solo). Tilotta mi ha spiegato che «se ci fossero maggiori studi si farebbero passi avanti anche nel trattare tutte quelle patologie che hanno alla base delle contratture del pavimento pelvico e delle cosiddette malattie invisibili, come Endometriosi, Vulvodinia e Neuropatia del pudendo». Talmente invisibili che un sacco di persone, soprattutto giovani, non sanno neppure di averle o che esistono. «C’è sempre tantissima polemica intorno alla possibilità di fare educazione sessuale a scuola. Gli insegnanti – sia di scuole medie che superiori – mi dicono che sono proprio i ragazzi a chieder loro di farla».

Quello che gli adolescenti domandano non è una rapida lezioncina sull’anatomia dei genitali: hanno invece bisogno di informazioni e indicazioni «su come vivere il sesso nella sua totalità e nella sua immensa gamma di sfumature relazionali, su come conoscersi e capirsi». Qui le caratteristiche anatomiche contano davvero poco. «Se, come si dice e si legge, il fine ultimo e nobile della scuola è quello di preparare i giovani ad affrontare il mondo, e non solo a riempirgli la testa di nozioni, allora l’educazione sessuale e affettiva è imprescindibile per formare adulti sani e pronti», anche perché una certa urgenza c’è e lo dicono i dati. Secondo uno studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2019 su un campione di 16 mila ragazzi di età compresa fra i 16 e 17 anni, iscritti in 482 scuole italiane, è emerso che il 10% di chi fra loro ha una vita sessualmente attiva non usa alcun metodo contraccettivo. Nemmeno il coito interrotto, per intenderci, che contraccettivo non è e che tra l’altro secondo un adolescente intervistato su dieci protegge dalle malattie.

La questione è che quando non è la scuola – o chi per lei – a informare e formare, interviene (con i suoi pro e i suoi contro) internet. E ci ha messo una “toppa” anche sul tema del piacere. La “democratizzazione” dell’orgasmo, come l’ha definita la fondatrice di Climax, la piattaforma di sex-education arrivata anche in Italia dopo il successo raggiunto in Francia e Inghilterra, ha l’obiettivo di colmare il pleasure gap, quel divario di soddisfazione fra maschi e femmine, attraverso delle video-serie.

Queste ultime vogliono insegnare – partendo dal presupposto che tutti possono imparare – a raggiungere l’appagamento sessuale, con non pochi benefici: «Procurarsi piacere in modo regolare ha un’influenza significativa sul nostro benessere fisico e mentale e porta a una migliore autostima, a una diminuzione dell’ansia, a un sonno migliore. Aumenta le relazioni sociali riducendo l’utilizzo dei social network» e smantella una serie di credenze popolari di cui (posso finalmente dirlo ora che il pezzo sta per finire?) siamo piuttosto stanchi.

Partiamo e concludiamo con quella che Asjia Tilotta mi ha detto essere per lei la più urgente da rimuovere: «L’orgasmo di una donna non è un trofeo del suo partner. Se una donna ha l’orgasmo, il partner nella maggior parte dei casi se ne prende i meriti (anche solo inconsciamente). Se una donna non ha l’orgasmo, il partner ne fa una sua questione personale. Lo lasciamo a quella donna, il suo orgasmo?». A parte quello di Cara Delevingne, quello ci serve.