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Perché l’estrema destra è tornata a contare in Europa

Dagli agli spagnoli di Vox (egemoni in un Paese in cui l'autoritarismo era la regola fino all'altroieri) ai tedeschi di AFD, nel Vecchio Continente le formazioni populiste e xenofobe continuano a crescere in dimensioni e influenza, sfruttando le paure e l'insoddisfazione dei ceti medi

Un comizio di Bjoern Hoecke, esponente del partito di estrema destra Alternativa per la Germania

A fine 2022 le autorità tedesche hanno arrestato venticinque persone che avrebbero pianificato di rovesciare l’attuale governo, parte di un gruppo di estrema destra. Tra gli arrestati c’erano anche ex parlamentari, ufficiali dell’esercito e membri della polizia. I detenuti appartenevano al movimento Reichsbuerger, o “Cittadini del Reich”, che nega l’esistenza della Repubblica Federale Tedesca. Si stima che il movimento abbia circa 23mila membri in Germania, il 5% dei quali classificati come estremisti dall’agenzia di intelligence nazionale.

Questa notizia ha attirato per qualche giorno l’attenzione sui media internazionali, etichettata da molti come un avvenimento quasi folkloristico: in realtà non dovrebbe essere considerata un caso isolato nel più ampio contesto europeo. Negli ultimi anni, sempre più spesso gli elettori si sono rivolti a partiti di estrema destra, i cui orientamenti ideologici promuovono, in un modo o nell’altro, visioni xenofobe, sessiste o cospirazioniste.

Se da un lato la retorica di destra avanza narrazioni nostalgiche su un “glorioso” passato europeo per rivolgersi ai gruppi demografici più anziani, dall’altro ha anche tentato di rielaborare i propri principi per parlare specificamente alle generazioni più giovani. Questi movimenti hanno sostenuto di voler proteggere gli interessi nazionali contro le minacce politiche, economiche e sociali della globalizzazione. In gran parte dei Paesi europei i partiti di estrema destra sono rappresentati nei rispettivi parlamenti: se queste formazioni hanno ottenuto una rappresentanza minima in alcuni Paesi, in altri hanno registrato importanti successi, come Svezia e Polonia.

Se la polarizzazione è ormai un tratto distintivo della politica trainata dai social, è inevitabile che da ambo i lati degli schieramenti politici si tenti l’arrocco su posizioni più radicali: un gioco che per ora, però, sembra riuscire più a destra che a sinistra. In Italia lo sappiamo bene: nel 2022 a Palazzo Chigi è arrivata Giorgia Meloni, alla guida di un partito erede di una tradizione politica a dir poco controversa, che affonda le sue radici nel Movimento Sociale di Almirante. Per anni, questa famiglia politica è stata vista con sospetto in Italia e in Europa, considerando le scorie del Novecento; ora è alla guida di un Paese del G7, in coalizione altri partiti di centrodestra.

Ma evidentemente non siamo arrivati qui per caso e basta dare un’occhiata al contesto europeo per corroborare la tesi di un’ascesa sostanziosa della destra: il successo di Fratelli d’Italia è servito da ispirazione per formazioni simili in tutta Europa. Vox, un partito politico spagnolo, ha tratto grande vantaggio dall’elezione di Giorgia Meloni. Nonostante abbia adottato posizioni controverse sull’immigrazione, la violenza di genere e la diversità, è ormai la terza forza in Spagna. Considerando il travagliato passato del paese iberico, in cui l’epoca autoritaria si è chiusa l’altroieri, un segnale ancor più inquietante.

I Democratici di Svezia, partito di estrema destra dal nome impronunciabile (Sverigedemokraterna), sono saliti al potere nel 2022. Pur non essendo ufficialmente al governo, forniscono la fiducia a un governo di conservatori (anche se hanno conquistato più seggi di tutti i partiti che ora formano l’esecutivo) e come tali hanno un’enorme influenza. Come Fratelli d’Italia, i Democratici di Svezia hanno condotto una campagna elettorale basata su politiche anti-immigrazione, in alcuni casi riecheggiando anche narrazioni suprematiste bianche.

L’aggravarsi delle sfide interne, tra cui il costo della vita, la crisi energetica, l’immigrazione e la violenza, ha portato gli elettori svedesi a gravitare ulteriormente verso destra. Questo perché anche i giovani elettori svedesi hanno cercato attivamente di sostenere candidati che offrissero soluzioni pratiche e a breve termine alle sfide più urgenti, in particolare le politiche fiscali. Gran parte del loro sostegno è dettato dall’ansia, in quanto la retorica dell’estrema destra si basa sul timore divisivo che l’aumento dell’immigrazione sottragga opportunità di lavoro nel Paese.

È importante considerare anche, oltre alle success stories della galassia conservatrice, coloro che hanno sfiorato la vittoria perdendo di poco. Lo scorso aprile, Marine Le Pen, leader del partito conservatore francese Rassemblement National, ha perso il voto presidenziale contro l’attuale presidente Emmanuel Macron, ma ha comunque ottenuto più del 41% dei voti al ballottaggio. Un gap minore rispetto alle precedenti elezioni del 2017, in cui aveva raggiunto il 35% scarso dei voti.

Analogamente, in Germania, Alternativa per la Germania (AfD), un partito populista di estrema destra, ha guadagnato molto terreno dal 2017 a oggi. L’AfD è il primo partito apertamente anti-immigrazione ad essere arrivato in parlamento dal 1945 e ora viene dato al 18% dai sondaggi. Anche in Austria si sta assistendo a un forte appeal della destra, dato che il Partito della Libertà austriaco è destinato ad avanzare in modo significativo nelle prossime elezioni parlamentari del 2024.

La lista potrebbe continuare a lungo: in Ungheria, l’estrema destra continua a crescere sia in termini di dimensioni che di influenza. Lo scorso settembre, il Parlamento europeo ha ritenuto che l’indebolimento dei valori europei da parte dell’Ungheria costituisca una minaccia sistemica e ha classificato il Paese come “autocrazia elettorale”. Il partito Fidesz del presidente ungherese Viktor Orbán, naturalmente, ha ottenuto una supermaggioranza alle ultime elezioni legislative.

Sebbene sia difficile identificare i fattori specifici che hanno avuto maggiore influenza su questo trend, la minaccia percepita e immaginata dell’«altro» è presente in modo preponderante e in varie forme. Si è inoltre ampliato il divario tra l’élite da un lato e i segmenti più vulnerabili della società dall’altro, il cui impatto è stato solo esacerbato dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina.

Questa doppia crisi ha dato alla destra l’opportunità di sfruttare le paure e l’insoddisfazione a breve termine dei ceti medi; una parte significativa della classe operaia industriale europea, che storicamente ha sostenuto i partiti convenzionali di sinistra, ritiene ora che l’aumento dei flussi migratori possa minacciare direttamente i loro privilegi e benefici esistenti. Inquadrare gli immigrati come una minaccia economica ha dato ai partiti di destra la possibilità di posizionarsi come difensori dello stato sociale e di puntare a elettori che la sinistra sembra aver abbandonato. Questi cittadini, associati alla percezione di una relativa deprivazione e di un declino sociale, sono quelli con maggiori probabilità di sostenere i movimenti anti-establishment. Sono alla ricerca di sicurezza e senso di comunità, e i leader populisti spesso traggono vantaggio da questa condizione.

I Democratici di Svezia, ad esempio, hanno ottenuto risultati particolarmente positivi nelle aree rurali e in quelle precedentemente presidiate dai socialdemocratici di sinistra, mentre hanno ottenuto risultati inferiori nella maggior parte delle grandi città e dei centri universitari.

Questo dato è in linea con l’argomentazione di Vieten e Poynting, due accademici secondo cui coloro che temono una perdita di status in un mondo sempre più globalizzato, in particolare gli uomini della classe operaia, si sentirebbero attratti dal populismo di estrema destra.

Cooptare e alimentare ulteriormente queste paure e portarle al centro del dibattito pubblico durante la campagna elettorale è stata una parte fondamentale dell’agenda di destra in Svezia, Italia e altri Paesi. Inoltre, il crollo della fiducia nel governo e in altre istituzioni chiave, come i media, può contribuire ad aumentare l’attrattiva del messaggio anti-establishment, anti-élite e anti-governativo. Uno dei motivi del successo elettorale di Fratelli d’Italia nel 2022, ad esempio, è il rifiuto di Meloni di entrare nel precedente governo Draghi, che ha messo il suo partito in una posizione di maggiore credibilità.

Ci sono prove sufficienti per suggerire che l’ambiente sociale europeo stia rapidamente evolvendosi verso un panorama politico molto più polarizzato. I cittadini, alla luce delle sfide senza precedenti che l’Europa deve affrontare, hanno cercato un falso rifugio in un linguaggio che sostiene l’isolazionismo e il protezionismo. Se i sostenitori dell’integrazione europea vogliono capire come gestire questa ondata e frenarne l’impatto divisivo, devono innanzitutto esaminare con attenzione le risposte degli elettori e guardare cosa, e a chi, manca nelle loro campagne elettorali e nei loro programmi.

Sebbene l’ondata originaria si sia effettivamente conclusa (quella del protagonismo della destra nei rispettivi Paesi), è chiaro che ora ne è iniziata una seconda, che potrebbe minacciare le fondamenta dell’UE. Dopo una breve pausa durante la pandemia ora il populismo sta tornando a dilagare nel continente e anche altre tessere del domino presto potrebbero cadere. La Spagna e la Finlandia potrebbero essere i prossimi Paesi guidati da coalizioni che includeranno partiti di estrema destra.

È importante riconoscere che non tutte le vittorie elettorali della destra o dei populisti sono dovute alla disinformazione: spesso queste vittorie sono dovute alla reale frustrazione degli elettori. E se non si cercherà di ascoltare gli elettori e di capire perché si sta verificando una seconda ondata, sarà difficile trovare una risposta, soprattutto per limitare una possibile coalizione di centrodestra tra Popolari e Conservatori alle prossime elezioni europee.

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