Perché le elezioni europee del 2024 saranno un punto di svolta | Rolling Stone Italia
Next Generation EU

Perché le elezioni europee del 2024 saranno un punto di svolta

Si andrà a votare tra circa trecento giorni, tra il 6 e il 9 giugno prossimi. E i temi da affrontare sono tantissimi, dai cambiamenti climatici alla transizione digitale

Perché le elezioni europee del 2024 saranno un punto di svolta

Foto via Getty

Le voci della nostra generazione si sentono forti e chiare in tutta l’Ue. Il 2022 dopotutto ha segnato l’Anno europeo della gioventù e i giovani europei hanno svolto un ruolo attivo anche nella Conferenza sul futuro dell’Europa dello scorso anno, che abbiamo seguito passo passo su Rolling Stone. Oggi ci si chiede quindi come coinvolgere i ragazzi e le ragazze in vista delle elezioni europee del 2024. Si andrà a votare tra circa trecento giorni, tra il 6 e il 9 giugno prossimi. L’hype è già molto alto e le parti politiche provano a capire come conquistare questa fetta di platea elettorale capace di fare la differenza agli exit poll. La stessa Ursula von der Leyen, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione (avrete di sicuro sentito parlare di Soteu, ndr), ha tirato le somme su un’Europa “dove ognuno può essere ciò che è, amare chi desidera e cercare di realizzare le proprie ambizioni, rimanendo così all’altezza dei sogni dei nostri giovani”.

Qualche highlights sul Soteu


Secondo la presidente uscente della Commissione europea, il nostro continente deve farsi trovare pronto a questo appuntamento con la storia e per riuscirci occorre non vanificare i risultati raggiunti fino a oggi. Chi si aspettava tuttavia un Soteu che annunciasse la sua candidatura è rimasto deluso. Con le sue parole la von der Leyen ha piuttosto solleticato l’ego dei capi di Stato. Si tratta di fatto di una scelta strategica, perché saranno loro a deciderne una eventuale riconferma. Per la Francia per esempio ha messo le basi per una guerra commerciale con la Cina, annunciando l’avvio di un’indagine sulle sovvenzioni alle auto elettriche cinesi che potrebbe portare a nuovi dazi contro i produttori della repubblica popolare. E ne ha avuto anche per Giorgia Meloni, visto l’allineamento alla politica della premier italiana sui migranti in termini di accordi con i paesi terzi, come quello concluso con il memorandum con la Tunisia, e sulla lotta ai trafficanti. Il discorso davanti al Parlamento europeo è servito poi a von der Leyen a riavvicinarsi alla sua famiglia politica, quella del Partito popolare europeo, con una messa in pausa del Green deal. La presidente della Commissione ha dichiarato aperta una nuova fase della transizione verde, tutta incentrata sull’industria e sugli agricoltori. “Nuova fase” sarà sinonimo di “pausa” del Green deal: dopotutto è quello che avevano chiesto anche diversi leader di altre famiglie politiche, dallo stesso Macron al premier liberale belga, Alexander De Croo. Dopo aver pronunciato il Soteu, da più parti è stato sostenuto che “più del 90 per cento” del programma annunciato nel 2019 dalla presidente della Commissione sia stato realizzato, comprese le iniziative sul Green deal. Eppure una ricerca del Parlamento europeo mostra risultati meno incoraggianti: a conti fatti meno del 40 per cento delle promesse di von der Leyen sono oggi legge, dal momento che bisogna considerare lo scarto tra ciò che è stato proposto dalla Commissione e quello che è stato poi concordato da Parlamento e Consiglio.

Sedicenni al voto


L’appuntamento elettorale della prossima estate sarà allora decisivo per von der Leyen per continuare a lavorare sull’idea di Europa che sostiene dall’inizio del suo mandato, investendo principalmente nel solco dei diritti e della transizione verde e digitale. Si tratta di obiettivi condivisi proprio con i ragazzi e le ragazze europei, che vedono in certe prospettive sfide generazionali da risolvere, per quanto possibile, nel nostro tempo. Le elezioni 2024 rappresentano tra l’altro una sorta di esperimento, perché a oggi sono cinque i paesi comunitari che porteranno alle urne anche i sedicenni. A Malta, Austria e Grecia (dove si può votare a partire dai diciassette anni), si sono aggiunti Germania e Belgio, con l’obiettivo del Parlamento europeo di migliorare l’affluenza giovanile dell’ultima tornata del 2019 quasi al 42 per cento. Solo in Belgio, l’abbassamento dell’età necessaria per votare significa l’ingresso di 270 mila persone nella platea elettorale. Una conquista per molte organizzazioni giovanili, che ora vorrebbero vedere il cambiamento esteso a tutta Europa “perché i giovani devono essere ascoltati”, dice Kristof Papp dello European Youth Forum.

E la Gen Z?


“Non può che essere una buona idea per cambiare le cose” aggiunge Alessandro.
“Come pretendete di parlare di noi se ci lasciate sempre fuori dai tavoli di discussione?” chiude Veronica.
Queste sono solo alcune delle voci che abbiamo raccolto durante un talk organizzato da Poplar Festival che si chiedeva proprio verso quale direzione stava andando l’Europa in vista delle elezioni 2024, in un dialogo tra l’esperta di comunicazione digitale, Elania Zito, e la sottoscritta. In questo evento organizzato a Trento da giovani universitari, lo spazio della retorica si esaurisce e la Gen Z si dimostra per qual che è: energia visionaria pura e immaginazione critica del futuro.

Ma come raggiungerla?


“Per riuscirci è importante coinvolgere le nuove generazioni sui temi che stanno loro più a cuore” spiega Kristof, membro di una delle più grandi organizzazioni giovanili che riunisce circa oltre cento gruppi e piattaforme sparsi in tutta Europa. In vista delle elezioni europee del 2019, per esempio, la campagna “Stavolta voto” del Parlamento europeo ha spinto sul ruolo dell’Ue nell’affrontare la crisi climatica, aumentando del 50 per cento la partecipazione degli elettori tra i 16 e i 24 anni rispetto alla tornata del 2014. Anche l’affluenza dei cittadini di età compresa tra 25 e 39 anni era in quella occasione aumentata dal 35% al ​​47%, come dimostra uno studio condotto da Eurobarometro. Anche dall’altra parte dell’Atlantico, e più recentemente durante le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti, si è raggiunto quasi un record di giovani al voto grazie a campagne elettorali incentrate sugli argomenti caldi per la Gen Z. “La nostra generazione comunica in modo diverso: per rendere i contenuti politici più attraenti è possibile utilizzare slogan, colori, infografiche, brevi video e chiari inviti all’azione. Coinvolgere poi i ragazzi nella progettazione delle comunicazioni può anche garantire che il tono e il messaggio siano effettivamente coerenti con il pubblico” continua Kristof. Si pensi che un’indagine del Parlamento europeo del 2021 ha mostrato che millennial e zoomer sono gli utenti chiave dei social media quando si tratta di politica. Quattro giovani europei su dieci si rivolgono quindi ai social network per discutere di questioni politiche e sociali, seguendo soprattutto Facebook, Instagram e YouTube.

Dai social all'impegno politico offline


Ma i giovani europei non si sono limitati a restare spettatori passivi. Il recente aumento dell’attivismo online dimostra che l’attivismo digitale porta poi spesso a un impegno politico nella “vita reale”. Questo è il motivo per cui le campagne elettorali devono continuare a promuovere la difesa del digitale tra i giovani cittadini. “Il voto ai sedicenni è un passo in avanti, ma abbiamo bisogno di cambiamenti più radicali se vogliamo che i giovani si sentano veramente coinvolti nelle nostre democrazie” prosegue Kristof. Ciò significa avere più giovani nei partiti o in posizioni di potere affinché le nostre opinioni siano prese sul serio. Per questo lo European Youth Forum ha messo a punto Youth test, uno strumento che valuta l’impatto dei processi decisionali in Ue in materia di giovani, soprattutto se si pensa al fatto che le nuove generazioni costituiscono il 25 per cento dell’intera popolazione europea. In pratica i Paesi comunitari hanno a disposizione un questionario che serve a misurare quanto una proposta sia in linea con le aspettative e le priorità dei giovani. A oggi è utilizzato in Austria, Francia e Germania, ma anche al di fuori della bolla europea, in Canada e Nuova Zelanda, vista la sua utilità in termini di inclusione e rappresentazione generazionale. “Senza il nostro voto nessuna elezione europea è veramente rappresentativa. Contrariamente ai tipici stereotipi sui giovani disimpegnati, i giovani stanno modellando per davvero la politica – conclude Kristof Papp – e stanno spostando la discussione sulle sfide contemporanee nella sfera digitale, pensando a nuovi modi con cui istituzioni e governi possono rispondere meglio ai bisogni dei giovani”.