Per i bambini il porno è diventato sinonimo di educazione sessuale: dove sbagliamo? | Rolling Stone Italia
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Per i bambini il porno è diventato sinonimo di educazione sessuale: dove sbagliamo?

In Francia stanno pensando di tutelare l’accesso dei minori ai contenuti hard su internet, etichettando il porno come grande avversario del 'beau vivre' della società moderna. La verità, però, è che spesso i bambini si ritrovano a conoscere da soli il mondo del sesso, dato che chi avrebbe il dovere di farlo (scuola, famiglia) non ci pensa neppure

Per i bambini il porno è diventato sinonimo di educazione sessuale: dove sbagliamo?

Foto di Taras Chernus via Unsplash

Ciascuno ha il proprio rapporto con il porno. Può essere un tabù, un perenne imbarazzo, una debolezza, un palliativo; oppure un’abitudine, un’ispirazione, una passione. Più facile andarci d’accordo per millennials e zoomers, cresciuti con un’idea di industria pornografica quasi sdoganata – ci ricordiamo tutti, credo, del pop up store di Pornhub a Milano e delle sue felpe box logo, giusto per dire un caso – e commercializzata anno dopo anno da certe collezioni di moda, dal marketing, dalle installazioni, dall’arte, dal cinema.

Ma il porno è, come anche il sesso, spesso il vero tabù, in particolare per certe generazioni, anche se non per forza deve essere una questione anagrafica. Bastano le idee. E un po’ di dati, certo.

Così dal Paese più libertino e campione di concept sessuali arriva la proposta che non ti aspetti. Il governo della Francia vuole rendere illegale il porno per i minori. Una proposta che si basa su ricerche e dati che spiegano come un bambino under 12 su tre, oltralpe, sia già entrato in contatto con il mondo del porno attraverso la fruizione di video, film interi o spezzoni.

Il ministro della Transizione digitale, Jean-Noël Barrot dei MoDem, ha lanciato un piano per tutelare l’accesso dei minori ai contenuti hard su internet, etichettando il porno come grande avversario del beau vivre della società moderna. Subito gli hanno chiesto come intendesse fare e Barrot ha avuto la risposta pronta. Secondo quanto spiegato da Reuters in merito alla proposta di legge che si dice sia vicina all’approvazione, per avere accesso ai siti hard, le persone dovranno installare sul proprio smartphone un’app per la certificazione digitale con licenza governativa attraverso cui dimostrare di avere almeno 18 anni – che secondo le regole stabilite dall’Unione europea è la soglia anagrafica minima per avere accesso ai contenuti porno. Dall’altra parte, i siti che non si iscrivono a questo registro e che non entrano nel sistema di questa applicazione possono essere oscurati nei territori francesi. Molto perentorio, Barrot ha detto in un’intervista al quotidiano Le Parisienne: «Intendo porre fine a questo scandalo… Nel 2023, sarà la fine dell’accesso ai siti web di pornografia per i nostri bambini». Venisse definitivamente abrogata, questa legge renderebbe la Francia il primo Paese europeo a impostare un controllo ufficiale dell’età per l’accesso ai siti porno.

In effetti, nessuno ritiene che sia la cosa più salutare del mondo che un bambino di undici anni che ha ancora diversi mesi avanti prima di entrare nella pubertà, guardi davanti allo schermo uomini e donne intersecati in modo spesso non naturale e con un sound che no, non è proprio quello della fattoria. Ma si tratta molto spesso anche della stessa situazione per cui un bambino si ritrova a conoscere da solo il mondo del sesso quando chi avrebbe il dovere di farlo non lo fa – l’educazione scolastica, la famiglia – e questo apre a un altro tipo di lettura di un problema educativo, soprattutto in Italia. Che è quello dell’assenza dell’educazione sessuale negli istituti e del porno come come fonte di educazione sessuale acquisita.

Come accennato poco prima, il porno è fatto di sesso, ma non è sesso, né si può considerare educazione sessuale tout court (per aiutare i nostro amico Barrot) perché non c’è spiegazione, non c’è filtro e, soprattutto, è finto. Ci sono sceneggiature e simulazioni, copioni da recitare, angolature studiate; per quanto nei porno si veda gente fare sesso, quei filmati non possono essere utilizzati come voabolario di educazione sessuale. Quindi è vero: il porno non può essere utilizzato come strumento per diffondere concetti sul mondo del sesso. Perché anche se di sesso si parla, forse è meglio iniziare dalle basi vere del rapporto fisico fra persone (per le finzioni e le simulazioni nel sesso, cari bambini e bambine, ci sarà tempo).

Sappiamo tutti che nel mondo che vorremmo ci sarebbero due quattro settimanali di educazione sessuale alle scuole medie e superiori e che tutti i genitori dovrebbero avere parole e dignità di spiegare come nascono gli esseri umani con sicurezza, ma almeno nell’Europa meridionale non è così. Perché mentre in Olanda si inizia a spiegare i concetti base di educazione sessuale a partire dai 4 anni, in Danimarca esistono corsi scolastici fin dagli anni Settanta e in Australia si parla di sesso come materia nelle scuole dai 12 anni, i nostri vicini della Croazia e del Cipro o i bulgari, fra gli altri Paesi, non fanno educazione sessuale nelle scuole.

Questo porta inevitabilmente un adolescente a tempestarsi di domande sul mondo del concepimento e della pubertà e a spiegare a sé stesso le pulsioni eccetera. E quindi ricade nel porno, e nei filmati amatoriali – non proprio il mezzo migliore per imparare come avere un rapporto sessuale.

Che i bambini vedano casualmente un porno è un altro discorso, ma il problema grave è che in adolescenza ragazze e ragazzi vogliano sapere e vogliano fare e non hanno linee guida da seguire, perciò via di pc e tablet e smartphone su siti invasi da malware, tutti manga erotici e su prostitute nelle vicinanze. Poi possiamo fare tutti i discorsi del mondo sulla libertà educativa delle famiglie (anche se ancora devo conoscere qualcuno che volontariamente fa vedere i porno a dei bambini), sul fatto che vedere un film con scene hard non sia un problema e sul fatto che agli adolescenti vedere un po’ di sta roba aiuti anche a essere un po’ più disinibiti. Ma la verità è che manca l’educazione sessuale e manca capire l’importanza del corpo e del suo trattamento, delle difficoltà psicologiche che certi studenti delle scuole medie potrebbero avere nel vedere per la prima volta un rapporto a novanta gradi con urla e sculacciate invece che un esperto che spiega cosa succede nel momento della penetrazione. Non ce la si può cavare facendo vedere qualche spezzone di Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere).

Se l’Italia è, come ha riportato l’Ansa durante un incontro organizzato dall’Aied (associazione italiana educazione demografica), l’ultimo Paese in Europa per l’insegnamento della materia sessualeSex Education avrebbero potuta ambientarla tranquillamente da noi –, inutile parlare di progresso sociale e altre care belle cose per avere una società migliore nel futuro. Inutile anche, a questo punto, condannare i porno, perché se a parlare di sesso a un adolescente sono soltanto i genitori – fra imbarazzo e difficoltà – o un incontro in aula magna una volta l’anno a scuola, quasi viene da dire – disclaimer: questa è una provocazione – che il porno aiuta, perché è l’unico modo che i dodicenni o i tredicenni hanno per vedere due corpi nudi che scopano, anche se con orgasmi finti e con più persone nella stessa scena.