Rolling Stone Italia

L’Italia è il “lido Gabbiano” di Daniela Santanchè

Un ritratto della regina incontrastata dei balneari, diventata il tormentone insospettabile dell'estate italiana

Foto di Matteo Chinellato/NurPhoto

Se qualche settimana fa ci avessero raccontato che proprio lei, Daniela Garnero in Santanchè, ministra del Turismo, nemica giurata della direttiva Bolkestein, santa protettrice di sdraio e ombrelloni e regina incontrastata di spiaggini e balneari di ogni ordine e grado si sarebbe ritrovata a vestire i panni di improbabile mattatrice dell’estate italiana, be’, molto probabilmente avremmo fatto finta di nulla.

E invece no, colpo di scena: l’inchiesta di Report, il (presunto) accumulo di debiti delle aziende Visibilia e Ki Group e le dietrologie relative a ex dipendenti licenziati e ancora in attesa di TFR hanno proiettato Danielona al centro del dibattito pubblico italiano.

I destini giudiziari della nostra signora delle battigie sono l’argomento polarizzante del momento: i quotidiani parlano dei possibili sviluppi dell’inchiesta, le opposizioni chiedono a gran voce le dimissioni immediate della ministra, gli alleati provano a sviare l’attenzione e a far finta di nulla. E poi ci siamo noi, porzioni di opinione pubblica confuse e travolte da un’insolita Santanchè nell’azzurro mare di luglio.

Da par suo la Nostra, in un’Aula estiva e ormai svogliatissima, ha raccontato la sua versione dei fatti e si è smarcata da ogni accusa, parlando di una campagna manettara e giustizialista ordita al solo scopo di farla fuori una volta per tutte. La ministra ha giurato sul suo «onore» di non avere mai ricevuto avvisi di garanzia, né alcun altro tipo di contestazione in trent’anni di attività, denunciando invece le pratiche «sporche e schifose» di certa stampa e smascherando le critiche «feroci» ricevute da chi «in privato prenotava tavoli» nei suoi locali.

Ci sarà tempo per accertare tutte le responsabilità del caso. Nel frattempo, questa insospettabile renaissance del Santanchè pensiero può essere l’occasione giusta per concentrarsi sul peso specifico di una delle personalità più particolari (e ingiustamente sottostimate) del microcosmo della politica italiana.

In primo luogo, Santanchè è un personaggio rilevantissimo: è la referente primaria di una categoria che incide moltissimo su destini economici del Paese. In un’Italia in cui la filiera del settore turistico concorre alla produzione del reddito nazionale per oltre il 13 per cento del Pil e occupa circa il 12,5 per cento della forza lavoro attiva, i rappresentanti di categoria venerano la ministra a livelli da fanatismo religioso. Di più: per la “casta” dei balneari, avere una ministra come Daniela Santanchè è davvero un gradito regalo, anche perché alla fine della fiera, con le dovute proporzioni, è una di loro.

Non vanta grandi successi imprenditoriali in campi aperti alla concorrenza e soprattutto ha sostenuto con forza la battaglia contro la liberalizzazione delle concessioni, ovvero contro il tentativo del governo Draghi di portare l’Italia tra i Paesi civilizzati indicendo gare pubbliche per l’assegnazione di concessioni demaniali oggi, di fatto, regalate. Concessioni che passano di generazione in generazione con un meccanismo tribale e sulle quali si è pronunciato il Consiglio di Stato, che ha tassativamente imposto nuove gare entro il 2024.

In secondo luogo, Santanchè è detentrice una potenza simbolica non indifferente: personifica in modo convinto e naturale un certo modo di intendere l’imprenditoria, sintetizzato dal motto “se i poveri non creano ricchezza, ben vengano i ricchi”, reso celebre dal suo socio in affari Flavio Briatore, con cui gestisce con dedizione benedettina il Twiga, l’esclusivissimo lido di Forte dei Marmi con «45 tende arabe, due punti bar, un ristorante, un’area benessere, una piscina attrezzata, un’area lounge all’aperto e anche un parrucchiere».

Nel gioco delle parti, insomma, Danielona ha scelto di rappresentare il punto in cui mentalità calvinista e spirito capitalista finiscono per intersecarsi. Le sue parole d’ordine sono quelle di chi non ha tempo per badare a fronzoli: drastica riduzione del cuneo fiscale, cantieri aperti, riforma della giustizia, abolizione del reddito di cittadinanza e turismo come eccellenza del Paese come assoluta priorità.

Il turismo su cui Santanchè intende puntare, però, è spogliato di ogni possibile romanticismo: più che concentrarsi su esperienze elitiste per pochi, ricchissimi e istruitissimi eletti, la lobbista dei balneari ha deciso di concepire l’Italia come un gigantesco, colossale ed economicissimo villaggio vacanze, con tanto di all inclusive, gioco caffè, corsi di zumba e amaro gratuito dopo i pasti.

Da questo punto di vista, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la chiacchieratissima campagna Open to Meraviglia è stata un esempio di coerenza assoluta. In tanti hanno criticato le scelte comunicative del ministero, considerandole troppo facilone e stereotipate. Eppure, a ben vedere, la Venere Influencer tutta pizza, selfie e minigonne è perfettamente coerente con il Santanchè pensiero, la testimonial ideale per promuovere le bellezze che la ministra vuole posizionare sul mercato: le passeggiate nelle vigne, la spaghettata vista lungomare, la focaccia nel centro storico di Bari, il giro in bici davanti a un Colosseo surrealmente deserto, la cena in barca ai faraglioni di Capri e i due ombrelloni con lettino a venti euro (venticinque se si ha l’ardire di pretendere la prima fila). Per la regina dei balneari, le vere meraviglie a cui dare risalto non possono che essere queste: emozioni triviali ed economiche, visioni alla portata di chiunque, semplicissime da imitare e riproducibili sui social.

E qui palesiamo una volta per tutte l’unico, vero talento nascosto di Santanchè: il suo punto di vista sul Bel Paese è quello di una massimizzatrice di profitti. Quando comunica, la ministra cerca di solleticare i desideri del consumatore di massa idealtipico, non di certo le aspirazioni altoborghesi del turista altolocato, colto, poliglotta, metropolita e con una solida formazione classica alle spalle. Macché: il mandato che Daniela si è autoimposta è chiaro, l’Italia è il suo lido Gabbiano, e lei lo riempirà a ogni costo e sfruttando tutte le offerte possibili. Fino all’ultimo telo da mare.

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