L’assalto al parlamento brasiliano è la Capitol Hill di Bolsonaro? | Rolling Stone Italia
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L’assalto al parlamento brasiliano è la Capitol Hill di Bolsonaro?

Sostenitori arrabbiati che non riconoscono un risultato elettorale legittimo, un presidente sconfitto che si ostina a parlare di brogli, sedi istituzionali prese d'assalto, scontri con la polizia. Manca solo lo sciamano, ma è un brutto film che abbiamo già visto

L’assalto al parlamento brasiliano è la Capitol Hill di Bolsonaro?

Foto di Mateus Bonomi/Anadolu Agency via Getty Images

BRASILIA, 8 gennaio: i sostenitori di Bolsonaro fanno irruzione nella sede del Congresso brasiliano in segno di protesta contro la vittoria di Lula

Che l’assalto trumpista al Campidoglio avesse creato un precedente pericoloso lo si era capito anche in Italia quando, nell’ottobre del 2021, in occasione della manifestazione anti Green Pass organizzata a Roma da alcuni gruppi neofascisti e dal movimento dei ristoratori #IoApro, era stata presa d’assalto la sede della CGIL.

L’esempio di Capitol Hill deve essere servito da lezione anche ai sostenitori dell’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro che, da qualche ora, hanno preso d’assalto le sedi delle massime istituzioni del Paese in segno di protesta contro la vittoria elettorale (legittima) di Lula.

Dopo i risultati sfavorevoli dello scorso novembre, Bolsonaro – pur avendo autorizzato il suo capo di gabinetto ad avviare il trasferimento dei poteri nei confronti di Lula – non ha mai riconosciuto esplicitamente la sconfitta, e diversi osservatori avevano ipotizzato uno scenario di questo tipo.

Alla fine, come in una profezia che si auto adempie, i timori sono diventati realtà: migliaia di bolsonaristi – la stima al momento è di 3000 persone – hanno sfondato le barriere attorno all’edificio del parlamento e sono entrati in massa al suo interno, molti dei quali con bandiere del Brasile avvolte attorno alle spalle. Oltre alla sede del congresso, i manifestanti sono riusciti a fare breccia anche in altre sedi istituzionali, come il palazzo presidenziale, il Palácio do Planalto, e la sede della Corte suprema federale, la massima magistratura brasiliana. I sostenitori di Bolsonaro erano armati di bastoni e pietre e sono riusciti ad entrare nelle tre sedi istituzionali, trovando poca resistenza da parte delle forze dell’ordine. La stragrande maggioranza dei manifestanti indossava i colori della bandiera brasiliana. Le finestre del palazzo del Congresso sono state rotte e gli assalitori hanno occupato alcune stanze, tra cui quella dell’assemblea plenaria, distruggendo e vandalizzando tutto ciò che trovavano.

Attualmente, Bolsonaro si trova in Florida, dove si era recato poco prima della cerimonia per il trasferimento dei poteri. L’ex presidente ha rotto il silenzio con un tweet un po’ ambiguo in cui ha scritto che « Le manifestazioni pacifiche, nei limiti della legge, sono una parte della democrazia. Tuttavia, i saccheggi e le invasioni di edifici pubblici avvenuti oggi, così come quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sfuggono a ogni regola».

Il presidente Lula – che in questo momento non si trova a Brasilia ma nello stato di San Paolo, in visita ad alcune aree alluvionate – ha convocato una riunione d’emergenza con i ministri dell’esecutivo e ha fatto sapere che tutti i manifestanti verranno identificati e puniti per il loro coinvolgimento nell’assalto. Inoltre, ha annunciato che firmerà un decreto di emergenza che consentirà al governo federale di intervenire e attuare «qualsiasi misura necessaria» per riportare l’ordine nella capitale: il decreto rimarrà in vigore fino al 31 gennaio.

Inoltre, il giudice della Corte suprema federale Alexandre De Moraes ha ordinato la rimozione del governatore del distretto federale di Brasilia, Ibaneis Rocha, per un periodo di 90 giorni, dichiarando che «La violenta escalation di atti criminali può verificarsi solo col consenso e l’effettiva partecipazione delle autorità competenti per la sicurezza pubblica e l’intelligence».

Sostenitori arrabbiati che non riconoscono un risultato elettorale legittimo, un presidente sconfitto che si ostina a parlare di brogli, sedi istituzionali prese d’assalto, scontri col la polizia. Manca solo lo sciamano ma, insomma, è un brutto film che abbiamo già visto. Non a caso, su Twitter si parla di #CapitolioBrasileiro.