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La propaganda russa in Italia ha colpito ancora. Come? Ovviamente, con una ca**ata

La bufala del blindato donato dal vecchio governo Draghi all’esercito di Kiev, diffusa dall'Ambasciata russa a Roma, è l'ennesima bugia propagata dall'Agit,Prop putiniano per avvelenare il dibattito pubblico: nulla di strano, ormai ci siamo abituati

Le bugie della propaganda russa infestano il dibattito pubblico dall’inizio dell’ostilità in Ucraina. Ormai ci siamo abituati: opinionisti non proprio neutrali che sfruttano le finestre di visibilità offerte dalla televisione pubblica per far passare un certo tipo di messaggio pro–putiniano, teste di ponte del Cremlino ospitate in prima serata per rilanciare monologhi che condensano tutti i leitmotiv Z–Friendly che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi mesi, dalla necessità di “denazificare” l’Ucraina alla volontà russa di garantire una non meglio precisata pace.

L’ultimo gioco di prestigio, cortesia dell’Ambasciata russa in Italia, però, ha superato ogni più rosea aspettativa. Si parla, da giorni, della possibilità di prorogare gli aiuti militari all’Ucraina: è uno dei nervi scoperti di questa guerra, il tema polarizzante per antonomasia – se ne è parlato moltissimo anche ieri, quando l’emendamento che prevedeva di prorogare fino al 31 dicembre del 2023 l’autorizzazione a inviare armi a Kiev è stato ritirato nel clamore generale.

L’Agit-Prop putiniano è perfettamente consapevole di quanto una porzione di opinione pubblica nostrana sia sensibile al dibattito sulla proroga degli aiuti, e sa anche che fare leva su questo aspetto può pagare a fini di indottrinamento di massa.

Partendo da queste premesse, ieri l’ambasciata della Federazione russa a Roma ha condiviso sui suoi account social la foto di un blindato distrutto. L’immagine è presa dall’alto, probabilmente da un drone, il veicolo appare quasi schiacciato a terra, le gomme sgonfie e impantanate nel fango, in mezzo a una strada di quello che appare un villaggio bombardato e deserto, tra piccole case di legno andate in frantumi. Nella didascalia sosteneva che si trattasse di un “Lince MLV Shield” inviato dall’Italia a Kiev.

E, nel tentativo di innescare polemiche e radicalizzare la rabbia del fronte no–armi, i diplomatici russi in Italia hanno pensato bene di aumentare il carico di enfasi, scrivendo: «Tutti i contribuenti italiani sono felici di come vengono spesi i loro soldi?».

Il problema è che (sorpresona) si tratta di un’informazione falsa: l’auto all’interno della foto non è una Lince prodotta dall’Iveco e donata dal vecchio governo Draghi all’esercito di Kiev, ma un mezzo prodotto dalla Tekne – una piccola azienda di Ortona, in provincia di Chieti – e acquistata dall’ex presidente ucraino Petro Poroshenko, predecessore di Zelensky, accedendo direttamente ai suoi fondi personali. Ma le assurdità non finiscono qui: per dare sostanza a questa balla, l’ambasciata cita la fonte di provenienza della foto, ossia il canale Telegram russo Военный Осведомитель (“Informatore militare”). Il problema è che, come ha sottolineato il fact–checking di Open, il canale ha finito per smentire la loro stessa narrazione: nel post cui fa riferimento l’ambasciata russa, pubblicato il 28 novembre – contrariamente a quanto riferito dal tweet pubblicato da Roma il giorno dopo – leggiamo infatti che il mezzo viene identificato con il nome Tekne, e non come Lince MLV. Che dire: altro giorno, altra fandonia.

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