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La guida di Rolling Stone per NON fare i soliti regali di Natale di m*rda

Alcune piccole indicazioni per evitare la poker face di chi riceve il tuo regalo brutto, sbagliatissimo, egoriferito

Foto di Karl-Josef Hildenbrand/picture alliance via Getty Images

Non vorremmo essere cinici e materialisti nell’iniziare un articolo sul Natale citando dei numeri perché, ecco, in un anno difficile come questo, dove il mondo si sta appesantendo verso la parte sbagliata della bilancia, in Europa c’è una guerra e la cassetta della posta nasconde bollette esagerate, sembrerebbe un po’ troppo Ebenezer Scrooge o semplicemente bastardo – dai, la battuta è dietro l’angolo: un po’ Babbo bastardo; però diciamo anche che la frenesia del regalo e l’ansia del Natale è, ormai, un male che va combattuto con la stessa materialità di cui sono fatti i doni. Ebbene, eccoci qua: secondo Confcommercio, siamo diventati un po’ più tirchi quando si tratta di spendere per gli altri sotto l’albero.

Riprendendo due dati, basterebbe dire che la propensione a fare i regali in Italia è in discesa dal 2015 e che la spesa media a testa per i doni (157 euro) è la più bassa degli ultimi dieci anni. Ora, ci dispiace per tutti gli amanti del Natale, ma l’hype per le feste di pranzi e cenoni è sceso un po’ a tutti. Forse, la povertà del momento rende più sincera l’idea del ricongiungimento famigliare e della vicinanza a parenti e amici – o semplicemente vogliamo sborsare meno e basta.

Ma per quanto si stia abbassando la spesa per i regali, la quantità di cazzate per idee regalo che si sentono dire dai conoscenti è fuori controllo. Ed è questo il vero problema. L’hipsteria del regalo più bello, più particolare. Più egoriferito. Le persone non si accorgono minimamente di quanto possa essere invadente un regalo scelto sulla base dei gusti personali. Per questo, meglio ripassare un attimo i principi elementari del cadeaux.

Partiamo dalla formula base del regalo, cioè alcune piccole indicazioni per evitare la poker face di chi riceve il tuo regalo sbagliato. Servirebbe che sia innanzitutto “de core”, cioè che ci sia almeno una forma sentimentale dietro; che pur se fatto con affanno e foga, dimostri che ci sia un intento benevolo nel regalare qualcosa a qualcuno. Secondo aspetto (ed è secondo me più importante), sarebbe molto meglio che sia utile. Questo è un passaggio delicato perché è un’asserzione che rende hipster o fuori luogo qualsiasi idea bislacca abbiate sentito su un regalo di Natale.

Per esempio: che senso ha regalare un coltello con lama giapponese a qualcuno che non cucina? O regalare una pianta a una persona che passa molto poco tempo a casa? O – questa è fantastica – una bottiglia di vino a un sommelier (da uno che non è un sommelier). Ora, questi sono esempi abbastanza comuni, ma si è capito dove vogliamo arrivare: c’è un’incongruenza di fondo per cui è troppo forte l’idea di voler sembrare dannatamente originali, di rendere una cosa semplice complessa mettendoci un po’ di supponente ideale per cui “Sì sì, faccio io”. È quell’idea di fare del bene passando dall’anticamera dell’egocentrismo che rovina tutto.

Perché un regalo non può essere qualcosa di semplice, utile e – fantasticamente – predefinito? Anche perché, come ricordano da Confcommercio, se è vero che spendiamo meno, perché spendere male? Forse la risposta è nel day after. Forse la risposta è quando le persone si incontrano nei giorni successivi alle feste e si raccontano di come hanno passato le vacanze e si confessano cosa hanno ricevuto-donato dai rispettivi partner-amici-parenti che viene fuori il meglio di questa ubriacatura consumistica.

Vuoi mettere quanto è galvanizzante poter dire ad amici e amiche: “Al mio fidanzato ho regalato una cornice di vimini e bacche di Goji per le foto”; o ancora: “Ho regalato un giardino zen in miniatura”? Cioè, a questo punto, capirete anche voi: è una pulsione troppo forte quella di rendere orgogliosi se stessi per aver fatto un regalo che è più bello a sentirsi che a farsi – prendi il mini giardino zen, lo metti sopra il mobiletto, lo guardi, fai un sorriso, e vivrai il resto della tua vita come se non esistesse.

La cosa peggiore poi è che non c’è nemmeno l’empatia di mettersi nei panni dell’altro e chiedersi come potrebbe reagire alla vista di quel regalo. Anche perché è facile: uno si nasconde dietro al pensiero del “l’importante è farlo” – “poi se gli/le piace si vedrà, io intanto i miei venti minuti da Muji li ho spesi” – eppure la gente ormai è sveglia, ormai c’è la globalizzazione, abbiamo capito quando una cosa è fatta di fretta o è no sense. Insomma, bocciata anche la scusa del “l’importante è farlo”.

Sarebbe molto più facile, per tutti, hipster e non, editor di riviste d’arte e non, mandare un messaggio e chiedere, come fanno le mamme, che cosa si vuole per Natale. È più semplice, è più diretto, risparmi tempo e fai bella figura con tutti. Certo si perde un po’ di effetto sorpresa, ma ormai si conoscono anche le scalette dei concerti quindi chissenefrega. Perciò sì, in via definitiva, sarebbe ora di essere un po’ più pratici e un po’ meno fantasiosi quando si entra in un negozio per un regalo. Quindi viva i calzini di spugna o il bollitore trasparente, molto più utili della coccia di sei chili per metterci le piante di cui nessuno ha tempo di occuparti – e che magari ti occupa anche spazio in casa. Sudi anche per portarla, sta coccia, quindi evita. Ci manca solo che dopo un regalo inutile, devi pure puzzare.

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