La finta intervista a Schumacher è il punto di congiunzione tra intelligenza artificiale e stupidità umana | Rolling Stone Italia
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La finta intervista a Schumacher è il punto di congiunzione tra intelligenza artificiale e stupidità umana

Il periodico tedesco 'Die Aktuelle' ha venduto come uno scoop mondiale un'intervista a Michael Schumacher realizzata da un'intelligenza artificiale, con tanto di virgolettati del calibro di «È stato un periodo terribile per mia moglie, i miei figli e tutta la mia famiglia». L'ennesima conferma che il problema non è l'IA: il problema siamo noi

La finta intervista a Schumacher è il punto di congiunzione tra intelligenza artificiale e stupidità umana

Michael Schumacher nel 2006

Foto di Gilham/Getty Images

Da quello sfortunato 29 dicembre 2013, di Michael Schumacher si hanno pochissime notizie: la famiglia ha scelto di mantenere il massimo riserbo sulle condizioni di salute dell’ex pilota, collocando (in maniera del tutto comprensibile) il proprio dolore in una dimensione intima e privata.

E invece ieri, d’emblée, il periodo tedesco Die Aktuelle pubblica un contenuto da pelle d’oca: nella copertina dell’ultimo numero si può infatti ammirare uno Schumacher sorridente, pronto a concedere «La prima intervista» da dieci anni a questa parte e, verosimilmente, a raccontare il travaglio interiore che ha vissuto dopo quella rovinosa caduta dagli sci.

I virgolettati riportati dalla rivista sono da acquolina alla bocca per chiunque, appassionati di Formula 1 e non. Del resto, chi non si fionderebbe immediatamente in edicola per conoscere tutta la verità sul decorso dell’ex Ferrari, le difficoltà che i suoi affetti hanno dovuto incontrare per stargli vicino e assicurargli le giuste cure, l’emozione che ha provato osservando per la prima volta l’esordio in rosso di suo figlio Mick? Impossibile resistere, io stesso mi procurerei immediatamente una copia di Die Aktuelle da incorniciare e trasmettere in eredità a chi verrà dopo di me.

«La mia vita è completamente cambiata dopo l’incidente. È stato un periodo terribile per mia moglie, i miei figli e tutta la mia famiglia», si legge nell’intervista. «Ho subìto danni così gravi che per mesi sono rimasto in una specie di coma artificiale, perché altrimenti il mio corpo non si sarebbe mai ripreso», spiega ancora l’intervistato. Sarebbe tutto fantastico, se soltanto a rispondere fosse davvero Schumacher. E invece no: tutte le parole sono state scritte da un’intelligenza artificiale. Il (finto) dialogo è stato creato da una piattaforma di chatbot chiamata Character.ai (che fa il verso a ChatGPT) – certo, Die Aktuelle ha provato a tutelarsi con un espediente da azzeccagarbugli di provincia, scrivendo in una (minuscola) nota a piè di pagina che «le risposte sembrano vere», ma insomma: troppo poco.

Ora: non è neppure possibile immaginare il processo mentale che ha indotto un’intera redazione a pensare che, sì, inventarsi da zero, senza alcuna base, sfruttando una tecnologia alla portata di chiunque, un contenuto editoriale così ingombrante potesse essere una buona idea. Allo stesso modo, è difficile immedesimarsi nella reazione della famiglia Schumacher, che come accennato in apertura da anni agisce con la massima riservatezza, anche per evitare che Michael possa trasformarsi in carne da macello per i tabloid. Ieri Reuters ha fatto sapere che i familiari del pilota faranno causa alla rivista, e in Germania, la bravata di Die Aktuelle è diventata il caso politico del momento: come ha riportato il Guardian, la scelta editoriale incomprensibile (e spietata, diciamolo pure) della rivista sta ricevendo critiche dovute alla totale mancanza di deontologia. Ad esempio, l’esperto di mass media Boris Rosenkranz ha definito questa storia «troppo stupida per essere vera», e invece eccoci qui.

Cosa possiamo imparare da tutta questa storia? Forse che intelligenza artificiale e stupidità umana vanno a braccetto sempre, ma quando si tratta di giornalismo un po’ di più? In effetti, in questo periodo stiamo assistendo a un vero e proprio abuso delle possibilità aperte da programmi come ChatGPT. L’intervista con l’IA è diventata un genere giornalistico a tutti gli effetti, un divertissement alla portata di chiunque abbia una connessione e abbastanza tempo libero. Nelle ultime settimane, editor annoiati e giornalisti alla costante ricerca della trovata ad effetto (per i colleghi permalosi: tranquilli, non è un j’accuse, ci siamo pure noi) hanno messo alla prova l’Intelligenza Artificiale sviluppata da OpenAI su ogni possibile terreno: ha prodotto testi di tutti i tipi (racconti, canzoni, fiabe, addirittura codici), discusso appassionatamente di filosofia, si è addirittura trasformata in una collaboratrice di Rolling Stone recensendo dischi.

Sperimentare è giusto e anche divertente, per carità, ma perseguire su questa strada alla lunga (oltre a risultare stucchevole) può creare dei disastri. Ad esempio, indurre una redazione a ritenere accettabile una iattura del genere.

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