«Kim, Kim, Kim, Kim, Kim, Kim». Perché in Corea del Sud hanno tutti lo stesso cognome? | Rolling Stone Italia
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«Kim, Kim, Kim, Kim, Kim, Kim». Perché in Corea del Sud hanno tutti lo stesso cognome?

In attesa del ritorno in campo delle "Tigri asiatiche", proviamo a spiegarvelo

«Kim, Kim, Kim, Kim, Kim, Kim». Perché in Corea del Sud hanno tutti lo stesso cognome?

Foto di Shaun Botterill/Getty Images

La nazionale coreana nel 2002, dopo la vittoria ai quarti di finale della Coppa del Mondo con la Spagna

Se state seguendo i mondiali in Qatar e avete visto proprio tutte le partite, allora non vi sarà sfuggito che nella partita tra Corea del Sud e Uruguay il momento più entusiasmante è stato l’annuncio delle formazioni. A risollevare l’interesse di una partita di per sé abbastanza noiosa è stato il telecronista che mentre presentava le squadre se n’è uscito con uno sfortunato “La Corea del Sud [scende in campo] con Kim Kim Kim, Kim Kim”. L’episodio è circolato moltissimo sui social, giustamente.

Anche se generalmente andrebbe letto sia cognome che il nome dei sudcoreani, a sua discolpa 5 degli 11 titolari entrati in campo per le “Tigri Asiatiche” avevano tutti lo stesso cognome, “Kim” per l’appunto. Se vi fermate un attimo a riflettere vi accorgerete che molti dei coreani più noti portano anche loro questo cognome. RM, il leader dei BTS, all’anagrafe è Kim Nam-joon. Ma ci sono anche Kim Ki-duk (regista cinematografico), Jennie Kim (cantante delle Blackpink), Kim Dae-jung (premio Nobel per la pace) e dall’altra parte del confine anche Kim Jong Un, il leader della Corea del Nord.

A dire il vero non è affatto strano che così tanti coreani portino lo stesso cognome, se guardiamo i censimenti nazionali svolti in Corea del Sud. In un paese di circa 51 milioni di persone, più di 10 milioni di sudcoreani fa “Kim” di cognome: il 21,5% di tutta la popolazione del paese.

La Corea infatti, contrariamente all’Italia, ha una densità bassissima di cognomi in rapporto alla popolazione. Basta pensare che se in un ipotetico appello di tutti i sudcoreani chiamaste i cognomi “Kim”, “Lee” e “Park” (che sono i tre più comuni nel paese) alzerebbe la mano circa il 45% di tutta la popolazione. Se invece chiamaste tutti i primi 10 cognomi più diffusi, ad alzare la mano sarebbe il 63%.
Gran parte dei cognomi coreani sono composti da una sola sillaba e derivano dalla coreanizzazione di un cognome cinese. Per cui, oltre alla scrittura con l’alfabeto coreano (inventato nel XV secolo e noto come hangul), i cognomi coreani possono anche essere scritti con i caratteri cinesi che erano usati prima dell’introduzione dell’alfabeto coreano. Per esempio, “Kim” in hangul è ma il carattere da cui deriva è e significa oro o metallo. Il censimento condotto nel 2015 riporta che in Corea del Sud esistono 5582 cognomi, solo 1507 dei quali possono anche essere scritti con un carattere cinese mentre la maggior parte dei rimanenti 4075 sono arrivati in Corea del Sud tramite la naturalizzazione di cittadini stranieri.

In Corea la diffusione dei cognomi è un fenomeno piuttosto recente e nella tarda era della dinastia Joseon (1392-1910) la maggior parte della popolazione ancora non ne aveva. Per gran parte della storia coreana i cognomi sono stati infatti un privilegio dei ceti aristocratici e della corte reale, che dalla Cina (il centro di riferimento culturale di allora) avevano preso in prestito il sistema dei cognomi. Gli artigiani, i commercianti, i contadini, i monaci e ovviamente i servi e le altre categorie marginalizzate dalla società non ne possedevano uno.

Un primo cambiamento si verificò durante la dinastia Goryeo (918-1392), quando il sovrano decise di estendere l’uso del cognome ad alcune famiglie non nobili che tuttavia avevano accumulato numerose fortune, differenziando perciò il ceto della gente comune possidente dagli altri sudditi. La concessione fatta dal sovrano mirava a ingraziarsi questi ceti sociali emergenti, anche perché senza un cognome non era possibile sottoporsi all’esame per diventare un funzionario della burocrazia statale (che all’epoca rappresentava un metodo sicuro per l’avanzamento sociale di un individuo).

Avere un cognome, in sostanza, significava godere del favore del sovrano. Anche per questo, quei mercanti che potevano permetterselo cominciarono a comprarsi il cognome. Si trattava di un passaggio abbastanza semplice perché un ricco mercante senza cognome non doveva fare altro che cercare un nobile impoverito e disposto a vendergli il proprio registro genealogico, dopodiché l’acquirente poteva cominciare a usare il cognome della famiglia. In certi casi, inoltre, quando un ramo della famiglia si estingueva era pratica diffusa quella di adottare individui non imparentati e iscriverli nel registro dietro un compenso di denaro. Alla fine del XVII secolo la frequente falsificazione di questi documenti aveva permesso anche alla gente comune di prendere un cognome e ascendere più facilmente nella piramide socio-economica.

Quando questi individui pur in tempi diversi poterono scegliere un nome di famiglia, la scelta ricadeva sempre sugli stessi cognomi per via del fatto che questi (come Kim o Lee) erano appartenuti alle prime dinastie che avevano regnato sulla Corea. Kim, ad esempio, era il cognome della dinastia che per prima unificò il paese. La loro aura antica e aristocratica era il criterio principale con cui si orientava la scelta del nuovo cognome.

L’ultimo passaggio della diffusione universale dei cognomi in Corea si lega alle turbolente vicende storiche della penisola tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Durante le riforme modernizzatrici del 1894 il sistema di rigida divisione delle classi sociali venne abolito assieme ai privilegi dei ceti aristocratici, rendendo quindi i cognomi accessibili a chiunque. Gran parte delle persone comuni decisero quindi di adottare il cognome del proprio padrone o proprietario terriero. Altri semplicemente copiarono quelli che circolavano maggiormente. Infine nel 1909, mentre la Corea si trovava sotto il protettorato giapponese, una legge sul censimento obbligava tutti i coreani a registrarsi con un proprio cognome.

Per differenziare ulteriormente tra milioni di persone con lo stesso cognome, in Corea del Sud si ricorre al bongwan cioè a una specificazione geografica del cognome. Per distinguere tra persone omonime, si indica infatti il luogo natale da dove viene l’antenato fondatore della famiglia. Prendiamo per esempio un caso di due Kim che si chiamano allo stesso modo: se si andasse a consultare il loro bongwan si potrebbe notare che la famiglia di uno di due Kim proviene originariamente da Andong, mentre quella dell’altro proviene da Gimhae. Si tratta di un elemento identificativo del clan in cui nasce una persona, anche se nella Corea di oggi la rilevanza di questa appartenenza ha perso quasi tutto il proprio significato e rimane solo un dato anagrafico.

Problema risolto quindi? Certo che no, visto che alcuni clan sono talmente grandi da contenere essi stessi milioni di persone con lo stesso cognome e bongwan. Giusto per citare qualche numero: i Kim originari di Gimhae sono il 9% della popolazione di tutta la Corea del Sud, i Park originari di Miryang sono il 6,2% e i Lee di Jeonju sono il 5,3%.