Ingiustizia è fatta: Patrick Zaki è stato condannato a tre anni di carcere | Rolling Stone Italia
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Ingiustizia è fatta: Patrick Zaki è stato condannato a tre anni di carcere

Lo ha deciso il tribunale di Mansura, in Egitto. La sentenza – definitiva, non potrà esserci appello – è arrivata alla fine di una mattinata tesisissima

Ingiustizia è fatta: Patrick Zaki è stato condannato a tre anni di carcere

Andrea Ronchini/NurPhoto via Getty Images

Ci sono notizie importanti su Patrick Zaki, l’attivista ed ex studente dell’università di Bologna in detenzione in Egitto dal gennaio del 2020, quando fu arrestato all’aeroporto del Cairo dalle autorità locali.

Oggi il suo nome è tornato di attualità, ma per i motivi sbagliati: il tribunale di Mansura lo ha infatti condannato a 3 anni di carcere con una sentenza definitiva, contro la quale non sarà possibile presentare appello. Lo studente ha già scontato un anno e 10 mesi di detenzione, e di conseguenza dovrà trascorrere dietro le sbarre ancora un anno e due mesi.

Lo scorso 5 luglio, Zaki ha completato il suo percorso di studi laureandosi con il voto di 110 e lode alla laurea magistrale in Women’s e Gender studies dell’Università di Bologna, discutendo la tesi in collegamento dall’Egitto.

Zaki è accusato di «diffusione di notizie false dirette a minare la pace sociale», «incitamento alla protesta sociale senza permesso», «istigazione a commettere atti di violenza e terrorismo», «gestione di un account social che indebolisce la sicurezza pubblica» e «appello al rovesciamento dello stato», accuse giudicate false e pretestuose dagli osservatori indipendenti. Il procedimento è incentrato su tre articoli giornalistici relativi trattamento riservato alla comunità cristiana copta (a cui appartiene la famiglia di Zaki) in Egitto; articoli che il regime di Abdel Fattah al-Sisi ha reputato eccessivamente critici.

Il suo legale aveva raccontato che subito dopo l’arresto era stato torturato. Dal carcere di Mansura era stato trasferito alla prigione di Tora (a maggioranza di prigionieri politici) ed era stato detenuto in condizioni degradanti, senza poter comunicare con l’esterno o ricevere visite dalla famiglia (con la motivazione ufficiale dell’emergenza coronavirus).

Negli ultimi anni – complice anche il caso di Giulio Regeni – molti attivisti e personalità politiche hanno rilanciato una campagna di pressione per la sua liberazione.

«È il peggiore degli scenari possibili», ha scritto in un tweet il portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury, che ha seguito la vicenda di Zaki dall’inizio.