Il talento di Mattia Santori, da sardina militante a pesce in barile del trasformismo | Rolling Stone Italia
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Il talento di Mattia Santori, da sardina militante a pesce in barile del trasformismo

Contro ogni pronostico, il leader del fu movimento ittico è diventato uno dei volti di punta della sinistra italiana. Ha saputo trasformare il vuoto pneumatico argomentativo in messaggio politico, come il migliore degli alchimisti: dello stadio di frisbee per ora manco l'ombra, ma mai disperare

Il talento di Mattia Santori, da sardina militante a pesce in barile del trasformismo

Foto di Andrea Ronchini/NurPhoto via Getty Images

Prima o poi, Mattia Santori dovrà svelarci il segreto del suo genio: l’ex Sardina, nelle ultime settimane calata nei panni di “talismano” capace di agevolare la vittoria di Elly Schlein alle primarie del Partito Democratico, è una sorta di prodigio del trasformismo (nel senso migliore del termine, per carità): nessuno punterebbe un euro su di lui, le argomentazioni fallaci e ai confini dell’infantilismo che è solito sciorinare negli studi televisivi restituiscono un vuoto pneumatico talmente assordante da mettere d’accordo tutti, da destra a sinistra.

Eppure, in un modo o nell’altro, il nostro eroe trova il modo di contare e, anzi, di porsi come ago della bilancia rappresentando il tutto e il contrario di tutto (oggi è uno dei volti del nuovo PD targato Schlein); è il survivalista della politica nostrana per antonomasia, il MacGyver capace di ribaltare le antinomie e trasformare un movimento di piazza a trazione iper–populista – sostanzialmente dei girotondini in ritardo di vent’anni – nell’antidoto di tutti i mali della politica italiana.

Ricordo ancora il manifesto ufficiale che le Sardine pubblicarono nel 2019: banale, superficiale, approssimativo a livello di lessico e di sintassi e, soprattutto, di contenuti; una carta di valori scritta in mezz’ora con i pastelli a cera e le mani tremanti, intrisa di concetti del calibro di «cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello sport, nel tempo libero»; «amiamo le cose divertenti e la bellezza»; «adesso ci avete svegliato, non ci fermeremo». Il programma di un campo scout estivo trasformato in un manifesto politico, insomma. Non un riferimento a disuguaglianze sociali, redistribuzione della ricchezza, niente di niente – un amico, in quei giorni, mi scrisse che «La sinistra senza lotta di classe si chiama sardinaggio»: come dargli torto?

Partendo da basi così fragili, mi illudevo ingenuamente, non andranno da nessuna parte. Provate a comprendermi: eravamo reduci dall’intrusione del Movimento 5 Stelle nelle aule parlamentari, dalla farsa della democrazia diretta universale, dei 79mila bischeri di Rousseau chiamati a permettere la creazione di un governo a colpi di mouse.

Date le premesse, pensavo, nessuno potrebbe dare credito a questa nuova compagine di idealisti allo sbaraglio; quando il fenomeno ha iniziato ad allargarsi, però, mi sono reso conto che i seimila pesciolini potevano contare su un appiglio fondamentale: le Sardine stavano dalla parte giusta, e questo le rendeva in un certo senso rassicuranti. Nessuno – con un minimo di umanità, si intende – avrebbe potuto esimersi dal criticare gli ignobili decreti sicurezza salviniani; nessuno avrebbe potuto resistere al fascino di questi trentenni partecipi, solidali, animati dalle intenzioni migliori che – cito ancora dal manifesto – mettono «passione nell’aiutare gli altri», «quando e come» possono. Peraltro, quando sostenevano di volere rimanere nelle piazze, di non volere ricoprire incarichi politici, di consacrarsi insomma come pura società civile partecipante, be’, erano tremendamente credibili.

Anche la strategia di criticare la deriva valoriale del PD – il «partito tossico», diceva Santori – ha pagato, intercettando una platea di delusi che, privi di ogni appiglio, hanno scelto di infilarsi nel barile dell’inconsistenza.

Santori ha saputo posizionarsi sul mercato politico grazie a una scelta di tempi perfetta. Un esempio? Tre mesi dopo il grande successo della protesta di piazza bolognese del 2019, la pubblicazione dell’instant book Le sardine non esistono – scritto da Santori e dagli altri fondatori del movimento Andrea Garreffa, Roberto Morotti e Giulia Trappoloni, con l’aiuto del ghostwriter più paziente di sempre – ha trasformato il movimento nel nuovo cavallo su cui la sinistra avrebbe dovuto, giocoforza, puntare. Subito dopo sono arrivate le proposte sui generis – l’Erasmus tra università del Nord e del Sud Italia, il daspo per i social – e le prime ospitate dei pesciolini barricadieri in televisione. Di pari passo sono arrivate le prime ambiguità, tra tutte quelle della sardina Stephen Ogongo, che in un lampo di genio rassicurò i propri fiancheggiatori di sinistra che il barile delle Sardine fosse abbastanza largo da accogliere chiunque, pure CasaPound.

Come dimenticare, poi, l’ormai leggendaria agiografia dedicata al leader maximo sardiniano? Una narrazione di monumentale egocentrismo, che metteva in scena uno studente delle medie che va contro il parere dei suoi professori, che lo volevano al liceo scientifico, per iscriversi all’alberghiero, la laurea triennale in Scienze Politiche, la magistrale in “Economia e Diritto” conclusa ottenendo il massimo dei voti e con una tesi sulla Tav, il passato come attivista nella parrocchia e l’immancabile citazione ittica: «Il bello dei pesci è che sono sempre in movimento, possono cambiare habitat ma senza perdere la capacità di leggere le mareggiate. Noi siamo portatori di un sentimento alternativo che non si è affatto esaurito, che crede nella prossimità della politica, ma che può vivere solo se portato avanti da una collettività. Le Sardine sono state un grande esame di coscienza collettivo, ora bisogna metterci la faccia. Noi ce l’abbiamo già messa, vediamo se al prossimo invito qualcuno ci farà compagnia».

Con l’avvento del Covid la presa sulle piazze delle Sardine è scemata, ma non le ambizioni di Santori, che ha sfruttato il periodo del lockdown per studiare e preparare il suo ingresso nelle istutizioni: nel 2021 si candida alle comunali di Bologna, promettendo la costruzione di uno stadio consacrato alla sua grande passione, il frisbee.

Nel farlo, prende le distanze dalla creatura proteiforme che ha partorito: specifica che a candidarsi (come indipendente, ma nelle liste del PD) non è il leader delle Sardine, ma Mattia Santori, che la sua sarà una campagna “moderata” e dà avvio al suo processo di casinizzazione. Lo statement della discesa in campo è destinato a fare scuola: «Credo nella politica. Credo nella forza dell’esempio. Credo nel laboratorio politico lanciato da Matteo Lepore. Ci hanno convinti che la politica la possono fare solo i già potenti e gli arrivati, ma non è così. Credo nella politica dopo aver studiato Zanardi, letto Gramsci, ascoltato i discorsi di Berlinguer e poi in questi due anni ho conosciuto persone come Sandro Ruotolo, Luisa Morgantini, Gianfranco Pagliarulo, Nicola Zingaretti…Oggi la politica fa paura, chi la fa dal basso teme di entrare nella melma, di infangarsi. Lo vedo nel timore dei miei amici, nella titubanza delle giovani Sardine. Ma se vogliamo che la politica si rinnovi e si rigeneri abbiamo bisogno di forze nuove». C’è tutto: la scopiazzatura del monologo di Accorsi in Radiofreccia, la menzione gramscianberlingueriana, le vaghe promesse di rottamazione. Il nostro candidato Frankenstein è finalmente pronto.

La candidatura è un successo: con 2.586 preferenze l’ideologo del movimento ittico entra in consiglio comunale da vero e proprio prodigio, blindando lo status candidato più votato nella Grassa – momento più alto della campagna elettorale? Quando il nostro decise di denunciare il traffico di Bologna – che secondo lui giustificherebbe la tassa sui parcheggi per le seconda auto – imboccando contromano la corsia preferenziale degli autobus.

Bologna, Santori denuncia il traffico in tilt ma è in contromano nella corsia dei bus

A dicembre del 2022 il proteiforme Santori acquisisce la sua foggia definitiva: prende la tessera del Partito tossico, appoggia Elly Schlein alle primarie ed entra a far parte del “cerchio magico” della neo segretaria del PD. C’è chi prevede una sua futura nomina a vicesegretario: per ora è difficile crederci, ma con il MacGyver della politica nulla è precluso.

Da tre anni a questa parte, nessuno saprebbe descrivere il progetto politico che Santori ha in mente; eppure, siamo certissimi di una cosa: il futuro in politica del teorico del sardinaggio militante sarà radioso.