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Il delirio di La Russa su Via Rasella

A detta della seconda carica dello Stato, nel 1944 «I partigiani uccisero una banda di semi-pensionati, non di nazisti delle SS». Che dire: anche oggi ha vinto la fantasia

Foto di Stefano Montesi/Corbis via Getty Images

Dopo le dichiarazioni (un po’ ambigue) di Giorgia Meloni, La Russa ha pensato bene di tornare a parlare delle Fosse Ardeatine.

Per chi fosse poco avvezzo alla questione, ecco un piccolo riepilogo: la premier, in una nota, aveva scritto che settantanove anni fa «335 italiani furono uccisi solo perché italiani», scatenando le reazioni della sinistra, che ha iniziato a tacciarla di revisionismo storico. Se la leader di Fratelli d’Italia ha impiegato uno stile ambiguo ma tutto sommato moderato, La Russa ha preso una posizione decisamente più netta: in un’intervista concessa a Terraverso, il podcast del quotidiano Libero, il presidente del Senato ha infatti dichiarato che «Via Rasella è stata una pagina tutt’altro che nobile della resistenza, quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati (un falso: il più anziano delle vittime aveva 42 anni, nda) e non nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia su cittadini romani, antifascisti e non».

L’ex ministro della Difesa ha poi spiegato che «Quando Meloni dice “uccisi perché italiani”» riferendosi ai martiri delle Fosse Ardeatine, «nella sua testa lo sa che questi italiani erano antifascisti, ebrei, detenuti politici, qualcuno chi lo sa pure fascista, ma se li deve racchiudere in una sola parola, dice “perché italiani”. Farne uno scandalo significa voler fare polemica non avendo argomenti».

La Russa ha attaccato anche l’opposizione di sinistra per i suoi metodi: «Io credo che a doversi interrogare devono essere gli elettori di sinistra. Ma davvero la sinistra come elemento principale di contestazione ad un governo che ha avuto una larga maggioranza sa soltanto andare ogni volta a cercare cavilli su una frase che dice un ministro, un sottosegretario eccetera… o andare a cercare una foto di vent’anni fa su cosa si ha in casa?». La Russa lamenta di essere costantemente sotto scrutinio – «non posso sbagliare una parola, gli altri guardano a quello che dico io dall’alto» – e parla di «impotenza politica», un modo per sfuggire «all’incapacità di avere altri argomenti più seri e svolgere un ruolo politico, che è quello dell’opposizione». L’invito è quello di non «contestare parole per parole», sperando sempre di dire «”ha sbagliato perché non ha detto le parole che avrei detto io”». E ancora: «Loro vogliono che noi che siamo al governo dicessimo ciò che loro vorrebbero dire, non accettano che usiamo altre parole».

«Le parole di La Russa sono semplicemente indegne per l’alta carica che ricopre e rappresentano un ennesimo, gravissimo strappo teso ad assolvere il fascismo e delegittimare la Resistenza», ha affermato il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo. «Il terzo battaglione del Polizeiregiment colpito a via Rasella mentre sfilava armato fino ai denti – ha ricordato Pagliarulo – stava completando l’addestramento per andare poi a combattere gli Alleati e i partigiani, come effettivamente avvenne. Gli altri due battaglioni del Polizeiregiment erano da tempo impegnati in Istria e in Veneto contro i partigiani».

In una nota, la seconda carica dello Stato ha precisato: «Confermo parola per parola la mia condanna durissima dell’eccidio delle Fosse Ardeatine che solo pochi giorni fa ho definito “una delle pagine più brutali della nostra storia”. Confermo, altresì, che a innescare l’odiosa rappresaglia nazista fu l’uccisione di una banda di altoatesini nazisti e sottolineo che tale azione non è stata da me definita “ingloriosa” bensì “tra le meno gloriose della resistenza”».

A prescindere dalle facili indignazioni, però, la verità è solo e soltanto una: dobbiamo farci il callo. Ogni volta in cui entrerà in ballo un tema delicatissimo come quello della memoria collettiva assisteremo allo stesso, identico stallo alla messicana. Meloni, La Russa e soci non elogeranno mai l’antifascismo, non si sperticheranno mai in applausi per le gesta della Resistenza, non esporranno mai la bibliografia di Beppe Fenoglio alle loro spalle: parliamo di pretese ai confini dell’utopia.

Nessuno, dentro il suo partito, si è mai definito antifascista. La scuola di formazione politica di Fratelli d’Italia, e prima di Alleanza Nazionale, ha un’impronta smaccatamente nostalgica: pretendere da Meloni o La Russa una condanna esplicita di questo retroterra culturale è un po’ come chiedere al Papa di prendere pubblicamente posizione in favore della procreazione assistita. Guardiamoci in faccia: non accadrà mai.

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