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«Gli aiuti all’Ucraina non sono carità, ma un investimento nella democrazia». Il discorso di Zelensky al Congresso

Il presidente ucraino ha parlato alle Camere statunitensi: «Non ci arrenderemo mai»

Screenshot dal canale YouTube di Fox News

Il discorso di Volodymyr Zelensky al Congresso americano è stato un trionfo, soprattutto per la sua valenza simbolica: per la prima volta dall’inizio del conflitto, il presidente ucraino ha lasciato il proprio Paese per recarsi di persona nel campo alleato, rafforzare il sostegno alla resistenza di Kiev e ottenere un appoggio (ancora) più esplicito da parte degli Stati Uniti.

La sua presenza a Washington ha acquisito un significato più profondo anche alla luce dei cambiamenti che, negli ultimi mesi, hanno mutato gli equilibri della politica americana: dopo il grande giro di boa delle elezioni di metà mandato, i Democratici – che, sin dalle prime fasi del conflitto, hanno garantito appoggio alla causa ucraina – hanno perso la Camera.

Da allora alcuni deputati repubblicani (in primis quelli di area trumpiana), forti della nuova maggioranza e guidati dalla rappresentante Marjorie Taylor Greene, hanno impostato una campagna polemica contro gli aiuti militari all’Ucraina, ad esempio chiedendo all’amministrazione Biden di fornire tutti i documenti relativi all’assistenza inviata in questi mesi alle forze di Kiev.

Per tutti questi motivi, il presidente ucraino è arrivato in Campidoglio preparato, consapevole del dibattito in corso negli Stati Uniti sui rifornimenti all’Ucraina e sul pericolo di un’escalation che porti a una guerra nucleare globale. Non a caso, Zelensky ha posto l’accento sulla necessità di un utilizzo «responsabile» degli armamenti, sottolineando però il ruolo fondamentale che Washington avrà nel potere «accelerare la nostra vittoria».

Nella speranza di smuovere i repubblicani più ostili al regime di Teheran, Zelensky ha fatto presente come Putin stia utilizzando droni iraniani, avvertendo che i prossimi obiettivi del Cremlino, se non verrà fermato ora, saranno altri Paesi alleati degli States in Europa. «Le nostre nazioni sono alleate in questa battaglia. E il prossimo anno diventerà un punto di svolta, il punto in cui il coraggio ucraino e la determinazione americana dovranno garantire il futuro della nostra comune libertà. La libertà del popolo che difende i propri valori», ha spiegato. Zelensky ha etichettato la Russia come uno «Stato terrorista» responsabile della guerra, spiegando che Mosca potrebbe fermare l’aggressione «se lo volesse». Poi ha lanciato anche un messaggio ai cittadini russi: saranno liberi «solo quando sconfiggeranno il Cremlino nelle loro menti. La tirannia russa ha perso il controllo su di noi. La lotta continua e dobbiamo sconfiggere il Cremlino sul campo di battaglia».

Il nodo cruciale, però, non poteva non riguardare le armi: ringraziando Biden per il sostegno garantito all’Ucraina negli ultimi mesi, Zelensky ha infatti ricordato che le forniture belliche non dovrebbero essere concepite come una forma di «carità», ma come un «investimento» importante per la sicurezza globale e la salvaguardia della democrazia. «Questa battaglia non può essere congelata o rinviata. Non può essere ignorata, sperando che l’Oceano o qualcos’altro ci garantisca protezione. I vostri soldi non sono beneficenza. È un investimento nella sicurezza globale e nella democrazia, che gestiamo nel modo più responsabile», ha spiegato. Zelensky ha poi omaggiato il Congresso con una bandiera dell’Ucraina firmata da alcuni soldati che si trovano al fronte nell’area del Donetsk.

Come da consuetudine, durante il proprio discorso, Zelensky non ha lesinato le citazioni, chiamando in causa l’offensiva delle Ardenne, uno dei punti di svolta contro la Germania nazista nella Seconda guerra mondiale, e la battaglia di Saratoga durante la Guerra d’indipendenza americana, che favorì l’ingresso nel conflitto della Francia per aiutare gli Stati Uniti ad affermare la propria indipendenza. Entrambi i riferimenti sono stati utilizzati per sottolineare ulteriormente l’importanza degli aiuti statunitensi e in generale dell’Occidente per fermare l’esercito russo.

Prima di parlare alle Camere, il presidente ucraino ha incontrato Joe Biden, che ha annunciato nuovi aiuti militari per un valore di quasi due miliardi di dollari: tra le armi inviate in Ucraina ci saranno per la prima volta i missili Patriot, missili terra-aria impiegati a partire dagli anni Ottanta e in grado di colpire aerei (uno sviluppo che il presidente americano ha definito «un passo molto importante che rafforzerà in modo significativo le difese aeree del nostro paese»).

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