Franca Caffa è la voce della nostra coscienza? | Rolling Stone Italia
Nonna scatenata

Franca Caffa è la voce della nostra coscienza?

Il corteo per la Palestina a Milano, le parole del carabiniere – «Mattarella non è il mio presidente» – rimbalzate sui social e lei: un’attivista di 94 anni (!) diventata l’eroina per un giorno di una nazione

Franca Caffa è la voce della nostra coscienza?

Franca Caffa

La scena, a questo punto, la sapete già a memoria. Siamo al corteo per la Palestina dello scorso 27 gennaio a Milano. Da una parte – la vediamo in primo piano – c’è Franca Caffa, attivista di 94 anni che in città conoscono tutti, simbolo della sinistra locale già dalla fine degli anni Settanta, un osso duro che nel 2023 ha ricevuto l’Ambrogino d’Oro come «un modello di cittadinanza attiva» (ma lei non s’è ammorbidita neanche lì). Di fronte a lei – di spalle alla telecamera, non lo vediamo in faccia – c’è invece un agente di polizia in tenuta antisommossa. Il clima è teso: manifestazioni di questo tipo, in occasione del Giorno della Memoria, sono vietate.

«Cos’ha detto il presidente Mattarella?», gli chiede lei, riferendosi alle dichiarazioni del Presidente della Repubblica sulla necessità di creare due Stati, uno per Israele e uno per la Palestina. E lui, che avrebbe potuto dire qualsiasi cosa per confessarle che era contrario all’ipotesi dei due Stati, agli accordi di Oslo o a qualsiasi altra soluzione tenesse da conto gli interessi di Gaza, ne tira fuori una talmente fuori strada da non essere contemplata neanche dalla nostra Costituzione: «Con tutto il rispetto, signora, non è il mio presidente». E lei, con una domanda retorica: «Ah, e di che Paese è lei?». «Io non l’ho votato, non l’ho scelto, non lo riconosco». Per cui, fermi tutti: non è tanto la questione in sé, quanto che tra le forze dell’ordine c’è chi non riconosce il Presidente della Repubblica come un’istituzione, e anzi lamenta di non averlo scelto, di non averlo potuto votare – quando mai è stato possibile?

Ora: non cadiamo dal pero, ovviamente. Da anni si fanno discorsi sulle cosiddette «mele marce» delle forze dell’ordine; si fanno talmente di frequente che più di qualcuno ha cominciato a chiedersi se l’allergia a certi aspetti della democrazia che spuntano qua e là tra esercito, carabinieri e polizia – con sparate del genere, busti del Duce e generali Vannacci vari – sia piuttosto un problema strutturale e non di singoli casi. Eppure, lì per lì, perfino una come Caffa, classe 1929 che nella vita deve averne viste di ogni tipo, ha ammesso di essere rimasta «interdetta». «Dopo non mi ha più dato spiegazioni. Quel carabiniere deve riconoscere il presidente anche se non lo ha votato, per puro senso delle istituzioni», ha detto a Repubblica. «Mi dispiace per lui. Ma le sue parole non mi sono sembrate dalla parte del popolo, hanno mostrato una mancanza di coscienza. Mi han fatto cascare le braccia».

A quel punto al carabiniere – che ha 54 anni, le iniziali sono G.M. – si sono aperte due strade: cospargersi il capo di cenere, ammesso che quanto detto fosse giustificabile, o mettersi alla testa di una rivoluzione anti-quirinalista (di questi tempi…). Ha scelto la prima: «Il Presidente della Repubblica è il mio simbolo. Mi sono ritrovato a dire una frase stupida e non pensata veramente, sono mortificato. Chiedo scusa, la mia priorità era togliere una signora anziana da problemi causati da eventuali cariche». Per ora, è stato trasferito a un incarico «non operativo», ma l’Arma fa sapere che prenderà i provvedimenti disciplinari necessari e in ogni caso la Procura di Milano indagherà. L’ipotesi, da verificare, è di offesa all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica. Tra i vari, a sinistra Beppe Sala ha condannato l’episodio. Strano invece il silenzio di Salvini a destra, che di solito inscena il suo personalissimo not all cops.

Il punto è che è un film già visto decine e decine di volte. Da una parte c’è il solito cortocircuito delle forze dell’ordine, che hanno il compito di proteggere e invece finisce come finisce. Lo enfatizza, paradossalmente, il carabiniere stesso, quando ha provato a giustificare la sua uscita: «Dovevamo caricare, avevo pensato di immedesimarmi in quella signora anziana di fronte a me per poi portarla dietro al cordone delle forze dell’ordine e metterla in protezione, visto che la situazione in piazza si stava scaldando». Come a dire: per la smania di proteggerla, è ’sta sparata su Mattarella. Ma il passo è un po’ lungo, forse.

Dall’altra parte c’è la storia di Caffa, una di quelle persone che trascorrono una vita a farsi il mazzo, sono allergiche ai riflettori e che poi i social scoprono per caso, trasformano in eroe nel giro di due condivisioni e poco dopo, chiaramente, dimenticano. Intervistata dall’Ansa, parlando del carabiniere ha detto una di quelle ovvietà talmente grosse che alla fine, in un contesto del genere, fanno rumore: «Anche se non è d’accordo nel modo di Mattarella di fare il presidente, e questo è legittimo, resta il fatto che è il presidente di tutti». A maggior ragione di chi ricopre un incarico pubblico viene da dire, ma è un monito che vale per tutti. La dichiarazione fa il paio con quel «e di che Paese è lei?» detto durante la manifestazione, e così ci ritroviamo in una situazione in cui a proteggerci non sono le autorità, ma un’attivista di 94 anni che, probabilmente, alla sua età e con il suo trascorso tutto avrebbe sperato tranne di dover fare da voce della coscienza.

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