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Cosa abbiamo capito dopo l’intervista del generale Vannacci a ‘Chi’

Molte cose, ma soprattutto una: non è mai troppo tardi per essere «indirizzati verso l’eterosessualità»

Non è più un segreto per nessuno: per una porzione consistente di italianissimi, nazionalissimi e cattolicissimi cittadini, il generale Roberto Vannacci non è soltanto l’intellettuale dissidente del momento, ma un’icona pop in piena regola.

L’ex comandante della Folgore è riuscito nell’impresa di intercettare gli umori di quella fetta di popolazione che tendiamo spesso a sottovalutare: quella che alcuni, senza rilevazioni statistiche precise, si ostinano a definire “maggioranza silenziosa” (che in realtà maggioranza non è, ma che ha il suo peso).

Gli elementi utili a validare questo assioma sono diversi. Partiamo dal più macroscopico: il boom di vendite del pamphlet anti politically correct Il mondo al contrario, che nelle ultime due settimane di agosto ha venduto più di 90 mila copie (lo sostengono i dati di GfK, la principale società che si occupa di monitoraggio del mercato editoriale, che li fornisce settimanalmente alle case editrici), con dei ricavi che potrebbero aver superato il mezzo milione di euro. I poteri forti dell’editoria hanno colto le potenzialità dell’affare, e infatti il libello del Vannacci ha trovato una sponda in tempo record: la casa editrice riminese Il Cerchio ha acquisito, con una scelta di tempi da fare invidia ai movimenti svizzeri più blasonati, i diritti di pubblicazione del bestseller dell’estate meloniana.

Per chi fosse poco avvezzo al contenuto del testo, ecco un breve riassunto: nello spazio di qualche centinaio di pagine, Vannacci ingaggia una battaglia molto personale contro quelle che secondo lui sono le sciagure peggiori del mondo attuale: entità astratte e antropomorfe dai contorni indefinibili, come la “dittatura del politicamente corretto”, l’ecopessimismo, la “lobby LGBTQ” e la crescente invadenza di una pregiudiziale ideologica nel mondo dell’arte.

Il successo de Il mondo al contrario, però, non è l’unico elemento ad aver contribuito al processo di “poppizzazione” di Vannacci: alla fama da scrittore controcorrente è seguito il corteggiamento politico.

I partiti della destra stanno facendo a gara per cooptarlo tra le proprie fila, su tutti ili vicesegretario della Lega Andrea Crippa, che a fine agosto ha offerto al generalissimo una candidatura alle prossime elezioni Europee. L’eroe del sottomondo, però, ha declinato elegantemente l’offerta: «Chiunque mi offra un ruolo nel ramo della politica, dell’imprenditoria o dell’industria o in qualsiasi altro settore è perché crede in me e nelle mie qualità e io lo ringrazio. Poi dico anche che faccio il soldato e che per ora voglio continuare a fare il soldato», ha spiegato.

Noi vorremmo pure credergli, ma la sensazione è radicalmente opposta. Allo stato attuale, il buon Vannacci è qualcosa di più di un semplice soldato con velleità letterarie: è uno dei volti più ricorrenti dei salotti televisivi italiani, gli stessi che di settimana in settimana fanno a gara per accaparrarselo. Alla faccia del pensiero unico.

Nelle ultime settimane lo abbiamo visto sfilare nei salotti Mediaset, concedere interviste a giovanissimi youtuber reazionari, addirittura cantare La Locomotiva di Guccini ai microfoni di Radio Rock 106.6 Fm. Vederlo intonare un brano solitamente associato alla sinistra cantautoriale italiana ha suscitato i sospetti di qualcuno. Il generale, però, ha spiegato di riconoscersi moltissimo nella storia del fuochista anarchico Pietro Rigosi, l’eroe “giovane e bello” di cui canta il cantautore di Pavana, perché «la canzone racconta di un uomo che dà la vita per il suo ideale, è quello a cui ho sempre creduto».

Tra comparse televisive, dominio nelle classifiche di vendite dei libri e canzoncine simpatiche, Vannacci ha portato a compimento il suo percorso di normalizzazione: il Bret Easton Ellis nostrano – o meglio, quello che possiamo permetterci – è finalmente pronto per l’uso.

Oggi, però, è stata posizionata la ciliegina sulla torta, quella che potenzialmente potrebbe definitivamente trasformare Vannacci nell’ultimo, gigantesco fenomeno pop italiano: l’intervista su Chi.

Il settimanale del gruppo Mondadori ha infatti scelto di dedicare al militare la copertina dell’ultimo numero, in edicola da questa mattina. Lo si vede in camicia blusante e jeans, mentre abbraccia sua moglie Camelia sulla battigia sfilando un sorriso abbagliante a 36 denti: la posa è quella del “buon padre di famiglia” per definizione.

Finire sulla rivista di gossip italiana per antonomasia è un tassello fondamentale per la legittimazione del Vannacci pensiero nello spazio del mainstream: passare nel giro di poche settimane dalle retrovie del self publishing di Amazon alla copertina di un periodico familiare è un capolavoro comunicativo, comunque la si pensi.

Nell’intervista, il militare ha offerto il suo punto di vista controcorrente su vari temi, a partire dall’omosessualità. Gli omosessuali, sostiene Vannacci, sono una minoranza; proprio come lui. Alla domanda se abbia qualcosa contro la suddetta categoria, Vannacci infatti risponde: «Assolutamente no. Ho solo detto che non rientrano nella maggioranza della popolazione. Costituiscono una minoranza, proprio come me, per le scelte che ho fatto. Io sono l’esempio vivente di una persona “non normale”». Il generale espande il discorso e, con l’occasione, rispedisce al mittente le accuse di razzismo che gli sono piovute addosso dopo la pubblicazione de Il mondo al contrario: «Razzista io perché ho scritto che i gay non sono normali? Ma se io stesso ho deciso di essere anormale fin da piccolo? L’anormalità è la mia scelta di vita. La rivendico. Vi sembra normale una persona che sceglie di fare un lavoro come il mio?».

Nella bizzarra visione del mondo vannacciana, insomma, esiste un parallelismo tra orientamento sessuale e carriera militare. Ma non finisce qui: quando si trova a dover rispondere a una domanda scomodissima, il generale sfodera il colpo da maestro. Cosa farebbe il nostro comandante se venisse a conoscenza della non eterosessualità di sua figlia? Tenetevi forte: «Se mia figlia mi confessasse di essere gay o fluida la supporterei, ma cercherei di indirizzarla verso l’eterosessualità» – sulle terapie innovative che Vannacci potrebbe suggerirle non sappiamo nulla, ma proviamo ad avanzare qualche ipotesi: preghiere ed esorcismi? Ipnosi? Ormoni? Privazioni del cibo? Staremo a vedere.

Incalzato sul suo opus magnum, Vannacci oppone un messaggio distensivo: non lo ha scritto sperando di ricavarci qualcosa, ma «per soddisfazione personale. Ho messo insieme gli articoli che volevo pubblicare su ambiente, energia e nuove città. Il resto sono riflessioni personali: tanto che tra me lo chiamo “il libro delle banalità”. Non avrei mai immaginato questo polverone».

Infine, ecco saettare improvviso l’orgoglio militaresco: «Resto un soldato. Devo cavalcare l’onda perché non mi travolga. Dimostrare che non sono omofobo, razzista o russofilo. Poi si vedrà». Nessuna candidatura alle Europee all’orizzonte, almeno per ora.

Vedere Vannacci su Chi è l’ennesima conferma che, nel 2023, quella che una volta si chiamava opinione pubblica non esiste più. Ne esistono tante diverse, ognuna chiusa nella sua bolla: e una di queste, quella che si rispecchia alla perfezione nella weltanschauung dell’ex Folgore, è convinta che non si possa dire più nulla, che sia in corso una sostituzione etnica, che la sedicente “lobby LGBTQ+” stia infiltrando le istituzioni scolastiche e che le preoccupazioni attorno al riscaldamento globale siano esagerate e frutto di una pletora di “eco–pessimisti” (cit.). Per questa bolla, Vannacci è una sorta di profeta messianco. Il militare scribacchino non è più un fenomeno di folklore periferico: è costume in piena regola, volenti o nolenti.

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