‘Conte a Cortina’ è già il cinepanettone dell’anno | Rolling Stone Italia
Vacanze di natale 2023

‘Conte a Cortina’ è già il cinepanettone dell’anno

La villeggiatura sulla neve elevata a status di ricchezza supremo, l'invettiva nei confronti del lusso, il volto di un’Italia rancorosa e traumatizzata, la location vanziniana: la polemica ignobile sulla settimana bianca di Conte è il film di Natale che meritavamo

‘Conte a Cortina’ è già il cinepanettone dell’anno

La polemichetta ignobile della settimana, ossia le vacanze di Giuseppe Conte e famiglia presso il Grand Hotel Savoia di Cortina d’Ampezzo (manco a dirlo, una struttura a Cinque Stelle), è scandita da un sottofondo prepotentemente vanziniano.

Le peripezie vacanziere del leader pentastellato incorporano tutti i crismi del cinepanettone idealtipico, quello definitivo: c’è la location che rasenta la perfezione (esiste una città più genuinamente vanziniana di Cortina?), ci sono le scarpinate – borghesissime! – sulla neve, c’è il rito nazionalpopolare della settimana bianca elevata a status di ricchezza supremo (evidentemente, la discesa in grande stile dalla Olympia delle Tofane conserva ancora una vigoria simbolica non indifferente: se prendi lo skilift a dicembre e osservi il popolino dall’alto con la protezione e il comfort offerti dalla tua mascherina Oakley di ultimo grido, be’, forse ce l’hai fatta) e, soprattutto, c’è un’atmosfera smaccatamente e invincibilmente populista, c’è la farsa triviale e posticcia elevata a grande dibattito su temi etici, c’è il vero volto di un’Italia rancorosa e traumatizzata che è sempre esistita ma che, puntualmente, tendiamo a insabbiare in un eterno processo di rimozione; e invece no: siamo questi.

Le ragioni dell’indignazione massiva che ha finito per travolgere l’ex presidente del Consiglio le conosciamo: può proprio lui, il difensore a oltranza del reddito di cittadinanza e della redistribuzione della ricchezza, eletto a massima espressione del mélenchonismo in salsa nostrana da una parte di stampa italiana e perfettamente a proprio agio nel ruolo (per marcare la propria distanza dal Palazzo, nelle ultime settimane le ha provate tutte, come ad esempio guardare il concerto della Scala direttamente dalla mensa dei poveri) concedersi il lusso di trascorrere le proprie ferie nell’irraggiungibile Cortina, con tanto di outfit après-ski, massaggi, percorsi sensoriali nella Spa, escursione a Ciasa de ra Regoles e chi più ne ha più ne metta?

Secondo una nutrita porzione di osservatori italiani, la risposta è negativa. C’è chi ha fatto notare che, nell’Hotel in cui soggiorna Conte, «il prezzo di una doppia è pari a cinque volte il reddito di cittadinanza che ricevono grazie al Movimento 5 stelle oltre 3 milioni di persone in Italia» e chi, come Matteo Renzi, ha dichiarato che chi può permettersi un tale sfarzo non dovrebbe aizzare il «popolo del reddito».

La sensazione è che l’affaire Conte debba essere inserito in un contesto più ampio, ossia la tradizionale ostilità italiana nei confronti del lusso, considerato erroneamente un vezzo a misura di conservatori e capitalisti di ventura: nella vulgata comune, chi si considera di sinistra dovrebbe per forza di cose vivere male, arrabatarsi come il più stereotipato degli accattoni pasoliniani, condurre uno stile di vita benedittino e fatto di rinunce (sarebbe vero, semmai, il contrario: l’obiettivo dovrebbe essere quello di allargare il più possibile la forbice del benessere, liberando i proletari da una vita consacrata alla produttività e al lavoro e dando nuova sostanza al diritto all’ozio lafarguiano. Vivere bene fuori dal tempo della redditività, insomma).

Per intenderci, è lo stesso tipo di risentimento a buon mercato che, qualche settimana fa, ha interessato Pierluigi Bersani, immortalato all’interno del negozio romano di Luis Vuitton nell’atto – imperdonabile – di acquistare una sciarpa per sua moglie (il titolo scelto da Libero per mettere in risalto le cattive virtù dell’ex segretario Dem inquadra al meglio i tic e i malcostumi cui abbiamo appena accennato: Bersani, il compagno che parla di povertà e compra da Louis Vuitton). Come dimenticare, poi, i deliranti articoli dedicati alla «indifendibile» Lady Soumahoro, colpevole di sfoggiare – proprio lei, una donna non caucasica impiegata nelle cooperative – una borsetta di Gucci su Instagram – il sottotesto nascosto in questa narrazione ignobile fa rabbrividire: esclude a priori l’ipotesi che possa esistere una donna africana benestante (e/o che possa diventarlo onestamente), e men che mai che essa possa contemporaneamente impegnarsi nelle questioni sociali.

Ora, Conte può essere criticato per mille motivi: solo per dirne una, è il presidente del Consiglio che ha firmato due Decreti Sicurezza irricevibili e incostituzionali, trattenendo a lungo in mare i profughi raccolti dalle navi umanitarie e contribuendo a quel clima da caccia alle streghe nei confronti dei “Taxi del mare” continua a imperare ancora oggi. E invece no: molto meglio incalzarlo per delle – normalissime, nazionalpopolarissime – vacanze a Cortina.

Cosa ci insegna il cinepanettone dolomitico e post–vanziniano contiano? Assolutamente nulla, se non ricordarci che, nella dieta mediatica italiana, la polemica da straccioni occuperà sempre il primo posto.