Come siamo arrivati a questo disastro con lo smog? | Rolling Stone Italia
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Come siamo arrivati a questo disastro con lo smog?

Nel capoluogo lombardo, nel resto della regione e in tutta la Pianura Padana da giorni si è sotto una cappa. Per determinati parametri, fondamentali per misurare la qualità dell’aria le cifre sono di molto al di sopra dei limiti stabiliti dalla legge a livello europeo. E, purtroppo, non è una novità

Come siamo arrivati a questo disastro con lo smog?

Foto: Leonardo Raineri su Unsplash

È stato già detto, ma no: al contrario di quanto era circolato ieri, Milano non è «la terza città più inquinata del mondo», al livello di dinosauri come Nuova Delhi o Dacca. Perché la classifica che misura la qualità dell’aria da cui è partito tutto è di una società privata che vende depuratori d’aria, e non è considerata attendibile; perché non ci sono basi certe su come sono stati raccolti i dati; e perché, lì, ci si riferisce solo alle polveri sottili, mentre i parametri da considerare sono molti di più.

Per cui in parte la reazione del sindaco Beppe Sala con i cronisti aveva avuto pure un senso. «Arpa fa altre analisi che dimostrano tutto il contrario, informatevi anche voi», aveva detto tirando in ballo i numeri dell’Azienda Regionale per la Protezione Ambientale, considerati più attendibili. Non fosse che anche quelli sono un mezzo disastro, a Milano – dove una situazione così, pare, non si vedeva dal 2017 – e non solo. Per l’Arpa Lombardia, per esempio, «che in questi giorni siamo in un periodo critico e superiamo gli standard normativi è fuori discussione». Insomma, dietro la «notizia da social», per dirla à la Sala, c’è una verità.

Che succede? Succede che nel capoluogo lombardo, nel resto della regione e in tutta la Pianura Padana da giorni si è sotto una cappa di smog. Per determinati parametri, come quello che riguarda i microgrammi di Pm10, fondamentali per misurare la qualità dell’aria, le cifre sono di molto al di sopra dei limiti stabiliti dalla legge a livello europeo. Purtroppo, non è una novità: l’eccessivo inquinamento è un problema di tutto il Nord Italia da decenni, per cause come l’alta densità di popolazione e di case, il traffico, la presenza massiccia di allevamenti intensivi e coltivazioni e una certa difficoltà a far circolare l’aria, dovuta a motivi geografici. Il nostro Paese, poi, è tra quelli che soffre più morti, in Occidente, per l’inquinamento.

Di diverso, però, in questo caso ci sono la quasi totale assenza di pioggia delle ultime settimane e l’aumento delle temperature dovuto al surriscaldamento globale, che hanno fatto in modo che l’aria fredda della Pianura Padana ristagnasse, impedendo il rinnovamento atmosferico – un fenomeno chiave, in questo senso, per non finire sotto la cappa. E così anche a Torino e Bologna, tra le tante, la situazione è critica. Nel capoluogo emiliano, per esempio, c’è una fitta coltre di nebbia, l’invito, per i runner, è di non uscire a correre, mentre per i guidatori di fare attenzione.

Gli esperti sono concordi nel dire che a livello locale ci sia poco altro da fare, se non ridurre gli agenti inquinanti, ma anche che le varie amministrazioni – sindaci, regioni – stavolta si sono mossi davvero poco per evitare il disastro. «Si respira dappertutto aria tossica, e l’azione amministrativa che dovrebbe tutelare la salute di tutti, latita», denuncia Legambiente, parlando di una «totale inadeguatezza delle risposte agli episodi di inquinamento di questo inizio 2024». Sala fa sapere che a Milano si accettano miracoli («nessuno può farli in questo campo, né noi né la Regione, a cui abbiamo chiesto un tavolo»), e intanto in nove province della Lombardia sono ripartite da oggi le norme anti-inquinamento, con limiti per esempio sulla circolazione.

Per il resto, il meteo lascia spiragli d’ottimismo soprattutto in Emilia Romagna, dove nei prossimi giorni ci si aspettano piogge e un aumento della ventilazione – è mancata anche questa – che per ora rappresenterebbero una sorta di tampone al problema. Ma insomma, contando che è quasi tutto riconducibile al cambiamento climatico, l’idea più concreta è che allarmi del genere possano diventare un’abitudine da affrontare ogni anno.