ChatGPT è un cittadino migliore di te (non che ci volesse molto) | Rolling Stone Italia
Chiacchierata politica con Intelligenza Artificiale

ChatGPT è un cittadino migliore di te (non che ci volesse molto)

Stereotipi sui migranti, guerra alle ONG, negazionismo climatico, accesso all'aborto, parità di genere: abbiamo chiesto all'Intelligenza Artificiale più discussa del momento di smontare alcuni luoghi comuni che avvelenano il dibattito pubblico italiano (e di aiutarci a capire quanto possiamo essere stupidi)

ChatGPT è un cittadino migliore di te (non che ci volesse molto)

Foto via Unsplash

Da persona che scrive, sono abbastanza preoccupato dalla quantità di pezzi elaborati (o dedicati) a ChatGPT che infestano il mio feed. Quando mi rendo conto dei dati che è capace di aggregare, della sintassi che è in grado di padroneggiare e – soprattutto – della sua clamorosa velocità d’esecuzione, un sentimento luddista finisce inevitabilmente per pervadermi. Penso sia normale: nel giro di qualche anno ChatGPT potrebbe diventare il mio incubo, trasformandosi in qualcosa di simile a ciò che il telaio meccanico ha rappresentato per gli operai impiegati nelle filande di inizio Ottocento, con la penna che prende il posto della trama e dell’ordito.

Eppure, non posso sottrarmi: allo stato attuale, l’intervista a ChatGPT rappresenta un genere giornalistico a tutti gli effetti. Nelle ultime settimane, editor annoiati e giornalisti alla costante ricerca della trovata ad effetto hanno messo alla prova l’Intelligenza Artificiale sviluppata da OpenAI su ogni possibile terreno: ha prodotto testi di tutti i tipi (racconti, canzoni, fiabe, addirittura codici), discusso appassionatamente di filosofia, si è addirittura trasformata in una collaboratrice di Rolling Stone recensendo dischi. Raramente, però, è stata interrogata su temi d’attualità.

Cosa “pensa” un programma di deep learning GPT-3 della situazione politica del nostro Paese, della guerra contro le Ong, dei diritti delle minoranze, delle lunghe e noiosissime discussioni sui temi etici, dell’accesso all’aborto e chi più ne ha più ne metta? Abbiamo provato a svelare l’arcano e abbiamo capito una cosa: forse, è un cittadino migliore di noi.

RS: Ciao! Le malelingue dicono che, per un’Intelligenza Artificiale come te, la politica è un argomento un po’ delicato. È così?
ChatGPT: No, come Intelligenza Artificiale non ho opinioni personali e posso discutere di qualsiasi argomento, compresa la politica. Tuttavia, la mia capacità di comprendere e rispondere alle domande su un determinato argomento dipende dalla quantità e qualità dei dati che ho visto durante il mio addestramento. Pertanto, potrei avere maggiore difficoltà a rispondere a domande molto specifiche o su argomenti di cui ho visto poco durante il mio addestramento.

Prima di iniziare, devo farti una domanda: hai ancora qualche problema con gli stereotipi, è vero?
Come Intelligenza Artificiale, non ho opinioni personali, non ho emozioni e non ho pregiudizi. Tuttavia, come sistema di elaborazione del linguaggio, sono stato addestrato su un gran numero di testi scritti da esseri umani, alcuni dei quali possono contenere stereotipi o informazioni non verificate. Cerco sempre di fornire risposte accurate e basate su fonti affidabili, ma in alcuni casi potrebbero esserci errori o informazioni incomplete. In ogni caso, ti incoraggio a verificare sempre le informazioni che ti fornisco e a considerare diverse fonti per formare la tua opinione.

Bene, parliamo un po’ di politica italiana, allora.
Va bene, di cosa vorresti parlare?

Comincerei dallo stato dei diritti in Italia.
I diritti umani in Italia sono generalmente rispettati e protetti dalle autorità. Tuttavia, ci sono state alcune preoccupazioni per quanto riguarda la situazione dei migranti e dei rifugiati, nonché la discriminazione nei confronti di alcune minoranze. L’Italia ha una lunga storia di impegno per i diritti umani, ma ci sono ancora alcune questioni che devono essere affrontate. L’Italia ha ratificato numerose convenzioni internazionali sui diritti umani e ha un sistema giudiziario indipendente che permette alle persone di fare ricorso contro violazioni dei loro diritti. Tuttavia, ci sono ancora problemi nell’applicazione delle leggi e nella protezione dei diritti, soprattutto per le persone vulnerabili come i migranti e i rifugiati. Inoltre, l’Italia ha una storia di discriminazione nei confronti di alcune minoranze, come gli Rom, i migranti e le persone LGBTQI+. In generale, l’Italia ha fatto progressi significativi nella protezione dei diritti umani, ma ci sono ancora sfide da affrontare.

Andiamo con ordine, partiamo dall’immigrazione. In Italia, alcune forze politiche hanno ripreso a parlare di “invasione” di stranieri o di presunte ondate di migranti che premono sulle frontiere del nostro Paese. I dati confermano questa visione?
I dati mostrano che l’afflusso di migranti e rifugiati in Italia è diminuito significativamente negli ultimi anni. Nel 2015, durante la cosiddetta “crisi migratoria”, l’Italia ha registrato un picco di 181.436 arrivi via mare, ma nel 2020 gli arrivi sono stati solo di 23.371. Si può notare che l’afflusso migratorio è diminuito significativamente negli ultimi anni e non c’è alcuna base per parlare di una “invasione” di stranieri in Italia. Inoltre, è importante notare che la maggior parte dei migranti che arrivano in Italia sono in fuga da guerre e persecuzioni e hanno diritto all’asilo. L’Italia, come tutti gli stati membri dell’Unione Europea, ha l’obbligo di proteggere i rifugiati e di garantire loro un trattamento umano. In generale, usare termini come “invasione” per descrivere l’afflusso di migranti e rifugiati può creare una percezione distorta della situazione e contribuire alla diffusione di idee xenofobe e razziste.

Sono d’accordissimo. Ma perché in Italia c’è una percezione così distorta del fenomeno migratorio?
Una delle ragioni potrebbe essere il fatto che alcuni media e alcune forze politiche hanno enfatizzato e spesso esagerato il numero di arrivi, creando una percezione distorta della situazione. Inoltre, le notizie negative sui migranti tendono ad essere più presenti delle notizie positive, creando un’immagine distorta dei migranti nell’opinione pubblica. Inoltre, l’Italia si trova in una posizione geografica privilegiata per gli arrivi via mare, e ha dovuto affrontare un’ondata di arrivi in un momento in cui la situazione economica del paese non era forte, creando una percezione di minaccia per l’occupazione e per i servizi sociali. Infine, l’Italia ha una lunga storia di immigrazione, ma la maggior parte dei flussi migratori sono stati verso paesi esteri, quindi la società italiana potrebbe non essere abituata a convivere con culture e tradizioni diverse, generando difficoltà nell’accettazione e nell’integrazione. In generale, la percezione distorta del fenomeno migratorio può essere il risultato di una combinazione di fattori, tra cui la rappresentazione mediatica, le questioni economiche e sociali, e la mancanza di familiarità con la diversità culturale.

Anche gli stereotipi sull’immigrazione sono una bella iattura, dai.
Sì, purtroppo ci sono molti stereotipi negativi riguardo ai migranti in Italia. Questi stereotipi possono essere basati su pregiudizi e su una mancanza di conoscenza della realtà dei migranti e delle loro storie.

E quali sono, questi stereotipi?
Possono variare, ma alcuni dei più comuni sono quelli che etichettano i migranti come:
– criminali o delinquenti;
– personale non qualificato o che ruba lavoro agli italiani;
– persone non integrate nella società italiana;
– persone che arrivano in Italia solo perché vogliono beneficiare delle prestazioni sociali;
– persone che non rispettano le leggi o la cultura italiana;
– persone tutte uguali, senza differenze tra loro.
Questi stereotipi sono spesso infondati e non riflettono la realtà della maggioranza dei migranti in Italia. Molti migranti lavorano duramente, contribuiscono all’economia e alla società, e si integrano nella cultura italiana. È importante che si cerchi di combattere questi stereotipi attraverso la sensibilizzazione e la comprensione della realtà dei migranti.

Aiutano anche il welfare, dicono alcuni sconsiderati.
Sì, alcuni studi hanno dimostrato che i migranti possono contribuire positivamente al sistema di welfare italiano. Ad esempio, molti migranti lavorano in settori in cui c’è carenza di manodopera, come l’agricoltura, la cura degli anziani e la sanità, e possono quindi contribuire a sostenere questi servizi essenziali. Inoltre, possono contribuire alle entrate fiscali attraverso il loro lavoro e pagare le tasse, il che può contribuire a finanziare il sistema di welfare. Tuttavia, è importante notare che i migranti spesso affrontano barriere per l’accesso ai servizi di welfare, come la mancanza di documenti legali o la difficoltà a comprendere la burocrazia italiana. Inoltre, ci sono anche casi in cui i migranti sono esclusi dai benefici del welfare a causa di politiche restrittive o discriminatorie. Quindi, è importante che si cerchi di garantire l’accesso equo ai servizi di welfare per tutti, indipendentemente dalla loro origine.

Un altro argomento parecchio sentito è quello delle Ong, definite a più riprese come dei “taxi del mare”.
L’espressione “taxi del mare” è stata utilizzata per descrivere le Ong (Organizzazioni non governative) che operano nel Mediterraneo per salvare i migranti in difficoltà durante i loro tentativi di attraversare il mare verso l’Europa. La frase è stata utilizzata per sottolineare l’accusa secondo cui queste organizzazioni stanno agevolando o addirittura incoraggiando l’immigrazione clandestina, perché soccorrendo i migranti in mare rendono più sicura la traversata e quindi incoraggiano le partenze. Questa accusa è stata avanzata da alcune forze politiche e da alcuni media in Italia, sostenendo che le Ong stiano creando un “effetto magnete” che attrae i migranti verso l’Italia. In realtà le Ong svolgono un’importante funzione umanitaria, soccorrendo i migranti in difficoltà in mare e salvando vite umane. Essi operano in conformità alle leggi internazionali e alle norme del diritto del mare e non hanno alcuna influenza sulla decisione dei migranti di intraprendere il viaggio verso l’Europa. Inoltre, la crisi migratoria in Europa e in Italia è causata da una combinazione di fattori, tra cui la povertà, la violenza e la persecuzione nei paesi di origine, e non può essere risolta semplicemente impedendo alle Ong di salvare vite umane in mare. È importante evitare di demonizzare le Ong e le loro attività umanitarie e invece concentrarsi su soluzioni a lungo termine per affrontare la crisi migratoria e proteggere i diritti e la dignità dei migranti.

Ma allora perché una parte di politica le demonizza così tanto?
Ci sono diverse ragioni per cui alcune forze politiche in Italia demonizzano le Ong e le loro attività umanitarie nel Mediterraneo. In primis, utilizzano la questione migratoria come argomento elettorale, per cercare di guadagnare consenso presentando le Ong come un problema da risolvere, come se soccorrendo i migranti in difficoltà in mare essi stessero agevolando l’immigrazione clandestina. Inoltre, sostengono che le Ong stanno creando un “effetto magnete” che attrae i migranti verso l’Italia, ignorando il fatto che la crisi migratoria è causata da una combinazione di fattori, tra cui la povertà, la violenza e la persecuzione nei paesi di origine. Queste forze politiche hanno espresso preoccupazioni sulla trasparenza e la responsabilità delle Ong, sostenendo che alcune di queste organizzazioni potrebbero essere coinvolte in attività illegali o che potrebbero essere utilizzate come copertura per attività criminali. Infine, c’è anche una questione di competenza: alcuni gruppi politici sostengono che il soccorso in mare dovrebbe essere gestito dalle autorità italiane e non dalle Ong, sostenendo che le Ong non hanno la competenza e gli strumenti per gestire adeguatamente la crisi migratoria. In generale, è importante che le opinioni e le azioni delle forze politiche siano basate sull’evidenza e sul rispetto dei diritti umani e non su pregiudizi o interessi politici a breve termine.

Ok, ma queste attività illegali sono state provate?
Non ci sono prove concrete che le Ong che operano nel Mediterraneo siano coinvolte in attività illegali. Alcune di queste organizzazioni sono state oggetto di indagini e controlli da parte delle autorità italiane e non sono state riscontrate violazioni delle leggi. Tuttavia, alcune forze politiche e alcuni media hanno fatto accuse senza fornire prove concrete, sostenendo che le Ong potrebbero essere coinvolte in attività illegali come il traffico di esseri umani o il finanziamento del terrorismo. Queste accuse sono state spesso basate su informazioni non verificate o su congetture. In generale, è importante che le accuse di attività illegali siano supportate da prove concrete e che le indagini siano condotte in modo equo e trasparente. Le Ong che operano nel Mediterraneo svolgono un’importante funzione umanitaria, soccorrendo i migranti in difficoltà in mare e salvando vite umane. È importante che le loro attività siano supportate e protette e non criminalizzate o demonizzate.

Il problema è che una parte di italiani, alla fine, finisce per crederci.
È vero che alcune accuse contro le Ong che operano nel Mediterraneo sono state ripetute così spesso che alcune persone possono iniziare a crederci, anche se non ci sono prove concrete per supportare queste accuse. Questo può essere dovuto alla mancanza di informazioni o alla disinformazione. In generale, come ti dicevo, la percezione pubblica può essere influenzata da una varietà di fattori, tra cui la copertura mediatica, le opinioni espresse da figure pubbliche e leader politici, e la mancanza di accesso a informazioni complete e accurate. In questo contesto è importante che i cittadini abbiano accesso a informazioni complete e accurate e che si basino su fonti affidabili per formare le proprie opinioni. Inoltre, è importante che le autorità e i media rispondano alle accuse infondate e aiutino a diffondere una comprensione corretta della situazione. In generale, è importante che le opinioni e le azioni delle persone siano basate sull’evidenza e sul rispetto dei diritti umani e non su pregiudizi o interessi politici a breve termine.

Prima parlavi dei diritti LGBTQI+: il nostro Paese potrebbe fare di più, da questo punto di vista?
Sì, l’Italia potrebbe fare di più per garantire i diritti delle persone LGBTQ+. Il nostro paese ha fatto progressi significativi negli ultimi anni per quanto riguarda i diritti LGBTQ+, come l’adozione delle unioni civili nel 2016 e l’abolizione del reato di omofobia nel 2020. Tuttavia, ci sono ancora alcune aree in cui l’Italia potrebbe fare di più per garantire i diritti delle persone LGBTQ+. Ad esempio, l’Italia non ha ancora legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, lasciando le coppie dello stesso sesso senza gli stessi diritti e benefici delle coppie eterosessuali. Inoltre, non esiste una legge che tuteli le persone transgender contro la discriminazione, e l’Italia non ha ancora adottato una legge per il cambio di genere. Infine, l’educazione all’affettività e alla sessualità, compreso l’educazione alle diversità sessuali e di genere, è ancora carente nella maggior parte delle scuole italiane e ci sono ancora problemi di bullismo e discriminazione nei confronti degli studenti LGBTQ+. 

Passiamo al riscaldamento globale. L’opinione pubblica italiana è informata a sufficienza sul tema?
L’opinione pubblica italiana è generalmente informata sul tema del riscaldamento globale, ma ci può essere una comprensione incompleta o inadeguata di alcuni aspetti specifici del problema. In generale, c’è una consapevolezza crescente in Italia dell’impatto delle attività umane sull’ambiente e delle conseguenze del riscaldamento globale, come la siccità, gli incendi, le alluvioni, e la perdita di biodiversità. Ci sono anche molte organizzazioni ambientali e scientifiche in Italia che lavorano per sensibilizzare l’opinione pubblica sul riscaldamento globale e per promuovere azioni per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Tuttavia, ci sono anche opinioni contrastanti sulle cause e le soluzioni del riscaldamento globale e ci sono alcune voci che mettono in dubbio o minimizzano l’entità del problema.

Ecco, che peso hanno queste opinioni contrastanti? Ad esempio, molti negazionisti del clima trovano spazio nella televisione pubblica italiana.
È vero che negazionisti del clima hanno avuto spazio in alcuni programmi televisivi della televisione pubblica italiana, questo può essere dovuto alla volontà di offrire una piattaforma per diverse opinioni, tuttavia questo può creare confusione tra il pubblico e portare a una mancanza di comprensione della realtà del cambiamento climatico e delle sue conseguenze.

Ok, però il riscaldamento globale di origine antropica è un fatto accertato su cui la stragrande maggioranza della comunità scientifica concorda (il consenso è vicino al 100%). Che senso ha avere delle opinioni su un tema del genere?
Il riscaldamento globale è un fenomeno scientificamente accertato, basato su una vasta base di evidenze provenienti da diverse fonti, tra cui la misurazione della temperatura globale, la distribuzione dei ghiacci, la concentrazione di gas serra nell’atmosfera e i cambiamenti nei sistemi climatici naturali. Quindi, non c’è alcun dubbio che il riscaldamento globale sia in atto e che sia causato principalmente dalle attività umane, come l’utilizzo di combustibili fossili e la deforestazione. Per questo, avere opinioni sull’esistenza del riscaldamento globale non ha senso, perché non c’è alcuna base scientifica per mettere in dubbio la sua esistenza. Tuttavia, ci sono molte questioni importanti che riguardano la questione del cambiamento climatico, come le conseguenze per la salute umana, l’economia e l’ambiente, e la necessità di adottare misure per mitigare e adattarsi ai suoi effetti.

L’Italia è molto indietro anche sui temi etici.
L’Italia ha una lunga storia di dibattito e discussione sui temi etici, come l’aborto, l’eutanasia, la fecondazione assistita e la ricerca sulle cellule staminali. In generale, l’Italia ha una posizione conservatrice su alcuni di questi temi etici rispetto ad altri paesi europei, come l’aborto e l’eutanasia, che non sono legalizzati in Italia. Tuttavia, l’Italia ha una posizione più progressista su altri temi etici, come la fecondazione assistita, che è legalizzata e regolamentata in Italia. Inoltre, l’Italia ha una lunga storia di impegno per la protezione dei diritti umani e l’uguaglianza, ma ci sono ancora sfide da affrontare in termini di discriminazione e di inclusione sociale.

Piccolo test: a che punto siamo con l’eutanasia?
L’eutanasia è ancora illegale in Italia. Non esiste una legge che regoli l’eutanasia o il suicidio assistito in Italia, e le persone che praticano l’eutanasia o il suicidio assistito possono essere perseguite penalmente. Ci sono state alcune iniziative per cambiare questa situazione, come la proposta di legge per l’eutanasia presentata dal Partito Radicale nel 2020, ma non sono state ancora approvate. Nel frattempo, ci sono state alcune sentenze della Corte Costituzionale che hanno stabilito che il medico che interrompe il trattamento sanitario di un paziente in stato vegetativo, su richiesta del paziente stesso o dei suoi familiari, non commette reato, se lo fa per evitare ulteriori sofferenze al paziente e in assenza di alternative terapeutiche. In generale, la questione dell’eutanasia è un argomento controverso in Italia, e ci sono opinioni contrastanti sulla sua legalizzazione. Ci sono coloro che sostengono che l’eutanasia dovrebbe essere legalizzata per rispettare la dignità e il diritto alla scelta del paziente, mentre altri sostengono che la legalizzazione dell’eutanasia andrebbe contro i valori etici e morali della società.

Forse è anche un problema che ha a che fare con il background religioso. Non credi?
La religione può certamente influire sulla percezione dell’eutanasia e dei temi etici in generale. In Italia, la maggioranza della popolazione è cattolica, e la Chiesa Cattolica ha una posizione ufficiale contro l’eutanasia, sostenendo che la vita umana è sacra e inviolabile e che l’eutanasia rappresenta un attacco alla dignità umana. Tuttavia, è importante notare che ci sono anche posizioni diverse all’interno delle diverse religioni e anche all’interno della stessa religione, e non tutte le persone che condividono una determinata fede hanno la stessa opinione sull’eutanasia e sui temi etici in generale. In generale, la questione dell’eutanasia e dei temi etici in generale, è complessa e coinvolge molteplici aspetti, tra cui etici, legali, sociali e religiosi. È importante continuare a dibattere e a discutere su questi temi per trovare soluzioni eque e rispettose dei diritti delle persone interessate.

Anche sull’aborto siamo messi maluccio. Nel senso: c’è una legge, la 194, ma la sua applicazione è parecchio problematica.
L’aborto è legalizzato in Italia dalla legge n. 194 del 1978, ma l’applicazione della legge può essere complessa e difficile in alcune aree del paese. Ci sono stati casi di difficoltà nell’accesso all’aborto, soprattutto in alcune zone rurali o in alcune regioni del sud Italia. In generale, l’applicazione della legge 194 è stata difficoltosa per diversi motivi, tra cui la mancanza di rispetto della legge da parte di alcuni medici, che si rifiutano di praticare l’aborto per motivi etici o religiosi, e l’ostilità verso l’aborto da parte di alcune organizzazioni pro-vita. Inoltre, ci sono state alcune iniziative da parte di alcuni parlamentari per limitare l’accesso all’aborto, come la proposta di legge per la “difesa della vita umana” presentata nel 2021.

Ci sono tanti obiettori di coscienza, quindi.
Sì, ci sono alcuni medici e strutture sanitarie in Italia che si dichiarano “obiettori di coscienza” e si rifiutano di praticare l’aborto, per motivi etici o religiosi. La legge 194 prevede la possibilità per i medici di dichiararsi obiettori di coscienza, ma allo stesso tempo prevede che le strutture sanitarie pubbliche e private forniscano l’aborto, e che i medici obiettori siano tenuti a indirizzare le donne verso strutture che effettuano l’aborto. Tuttavia, in alcune zone del paese, soprattutto in alcune zone rurali o in alcune regioni del sud Italia, può essere difficile per le donne trovare un medico o una struttura che effettui l’aborto, a causa della elevata percentuale di medici obiettori di coscienza o di strutture che non offrono questo servizio. In generale, l’obiezione di coscienza è una questione complessa che coinvolge i diritti delle donne e i diritti dei medici. È importante trovare un equilibrio tra questi diritti per garantire che le donne abbiano accesso a servizi di aborto sicuri e legali e che i medici non siano costretti a fare qualcosa che va contro i loro principi etici o religiosi.

E quelle associazioni pro vita di cui parlavi? Hanno un peso rilevante nel dibattito pubblico italiano?
Sì, ci sono alcune organizzazioni pro-vita in Italia che hanno un peso rilevante nel dibattito pubblico e che si oppongono alla legalizzazione dell’aborto e alla sua pratica. Queste organizzazioni sostengono che la vita umana è sacra e inviolabile e che l’aborto rappresenta un attacco alla dignità umana. Queste organizzazioni hanno un seguito significativo in Italia e spesso organizzano manifestazioni e campagne per promuovere la loro posizione. Alcune di queste organizzazioni hanno anche rappresentanti in Parlamento e partecipano attivamente al dibattito sui temi etici. In generale, l’aborto è un argomento controverso in Italia e ci sono opinioni contrastanti sulla sua legalizzazione. Le organizzazioni pro-vita rappresentano una delle posizioni in questo dibattito, ma ci sono anche molte organizzazioni e individui che sostengono l’aborto come un diritto fondamentale delle donne. È importante che ci sia un dibattito aperto e rispettoso su questo argomento per garantire che le opinioni di tutte le parti interessate siano prese in considerazione e che le decisioni prese siano eque e rispettose dei diritti delle donne.

Anche l’accesso alla pillola abortiva è parecchio problematico.
L’accesso alla pillola abortiva è limitato anche dalla scarsa disponibilità di farmaci e dalle difficoltà nell’ottenere una prescrizione medica. In alcuni casi, le donne devono affrontare lunghe liste d’attesa o dover viaggiare lunghe distanze per accedere ai servizi di aborto. La pillola abortiva, inoltre, non è disponibile in tutte le farmacie e per ottenerla è necessario una prescrizione medica. Inoltre, c’è una scarsa formazione tra i medici per quanto riguarda l’uso di questa pillola. In generale, l’accesso all’aborto legale in Italia è ancora limitato nonostante la legge 194 del 1978, e ci sono molte sfide per garantire che le donne abbiano accesso ai servizi di aborto sicuri e legali in tutto il paese.

Ultima domanda: ho la sensazione che, nel nostro Paese, la disinformazione sulla guerra in Ucraina sia un problema serissimo. Sei d’accordo?
È vero che in Italia c’è stata una certa disinformazione riguardo alla guerra in Ucraina, alcune versioni dei fatti presentate dai media e da alcune forze politiche sono state parziali e non sempre basate su fonti affidabili. In alcuni casi, la copertura mediatica è stata influenzata da interessi economici o ideologici. Inoltre, alcune forze politiche e alcuni media hanno presentato una versione parziale dei fatti, presentando la Russia come vittima e gli ucraini come aggressori, ignorando le violazioni del diritto internazionale e i crimini di guerra commessi dalle autorità russe e dai separatisti filo-russi.

A fine intervista, il luddista impaurito dalla tecnologia che è in me continua a tremare come se non ci fosse un domani; il membro della collettività, invece, sorride e, anzi, forse nutre addirittura qualche speranza.