Breve storia dell’odio di Robert Smith per la monarchia britannica | Rolling Stone Italia
God kill the king

Breve storia dell’odio di Robert Smith per la monarchia britannica

Non è la prima volta che il cantante dei Cure palesa la sua insofferenza per la Corona. In un'intervista del 2012 dichiarò senza mezzi termini: «Odio i fottuti reali. Qualsiasi tipo di privilegio ereditario è semplicemente sbagliato. Non è solo anti-democratico, è proprio intrinsecamente sbagliato»

Breve storia dell’odio di Robert Smith per la monarchia britannica

Robert Smith dal vivo con i Cure nel 2022

Foto: Ida Marie Odgaard/Ritzau Scanpix/AFP via Getty Images

God save the King, ma non se ti chiami Robert Smith: nelle ultime ore il frontman dei Cure ha consolidato il suo status di musicista più genuinamente antimonarchico in circolazione.

La sua avversione per scettri, troni, globi, cerimonie e privilegi ereditari è cosa nota da almeno un decennio: nel 2012, durante un’intervista concessa alla testata francese Télérama (potete vederla integralmente qui), Smith espresse il suo punto di vista – non proprio affettuoso – sul casato dei Windsor in questi termini, seguendo uno schema che sembra ricalcare la lezione che Christopher Hitchens consegnò ai posteri nel 1990, con la pubblicazione dell’opuscolo The Monarchy: A Critique of Britain’s Favorite Fetish, forse il più celebre trattato antimonarchico contemporaneo: «Odio i fottuti reali. Qualsiasi tipo di privilegio ereditario è semplicemente sbagliato. Non è solo anti-democratico, è proprio intrinsecamente sbagliato. Ciò che mi sconvolge è che ad alcune persone che ho ammirato nel corso degli anni viene offerta una ricompensa dalla famiglia reale, dalla monarchia ereditaria, e la accettano. Diventando Lord o Sir. Onestamente mi taglierei le mani prima di accettare una onorificenza. Perché come osano presumere di potermi concedere un onore? Io sono molto meglio di loro. Loro non hanno mai fatto niente, sono fottuti idioti. Io dovrei essere re».

Com’era lecito supporre, Smith non si è risparmiato neppure in occasione della salita al trono di Carlo III: poche ore prima dell’incoronazione, il cantante ha condiviso sui propri profili una vignetta antimonarchica realizzata dal fumettista australiano First Dog on the Moon, assiduo collaboratore del Guardian.

Andrew Marlton – questo il vero nome del vignettista – mette in scena una vera e propria demolizione dei cerimoniali reali, ironizzando sui contributi versati dai cittadini britannici per finanziare la commemorazione – una vignetta, in particolare, recita: «L’enorme costo di questa cerimonia potrebbe comprare un pony a ogni bambino britannico, ma lo sperpero deve distrarre e calmare le masse, per non scatenare la furia dei poveri. Lascia che mangino la quiche dell’incoronazione».

Ci sono anche artisti agli antipodi di Smith, come ad esempio Nick Cave, che sul suo blog The Red Hand Files, sollecitato da alcuni fan, ha spiegato le motivazioni che lo hanno indotto a partecipare alla cerimonia. Cave ha scritto: «Sarò conciso perché devo decidere cosa indosserò all’incoronazione. Non sono un monarchico e nemmeno un sostenitore della monarchia o un fervente repubblicano. Ma nemmeno sono così spettacolarmente non curioso verso il mondo e il modo in cui funziona, così ideologicamente assorbito e talmente burbero da rifiutare un invito a prendere parte a quello che con grande probabilità sarà il più importante evento storico britannico della nostra epoca. E nemmeno solo il più importante, anche il più strano e il più assurdo. Mi capitò di incontrare la regina a un evento a Buckingham Palace per “aspiranti australiani residenti nel Regno Unito” (o qualcosa del genere). Fu un evento davvero strambo, ma la regina, vestita con un twin-set color salmone, sembrava quasi extraterrestre ed era la donna più carismatica che abbia mai incontrato. Forse era una questione di luci, ma brillava davvero. Quando raccontai a mia madre – che aveva la stessa età della regina e che come lei morì dopo i novant’anni – di quella sera, gli occhi le si riempirono di lacrime. Quando l’anno scorso vidi il funerale della regina in televisione mi resi conto, non senza sconcerto, che stavo piangendo anche io mentre la corona, la sfera e lo scettro venivano tolti dalla bara e appoggiati a terra. Immagino che quel che voglio dire è che oltre gli interminabili ma necessari dibattiti sull’abolizione della monarchia, provo un inspiegabile attaccamento emozionale verso i reali, la loro stranezza, la loro natura profondamente eccentrica e tutta questa faccenda che riflette così perfettamente la bizzarra unicità del Regno Unito. Sono cose che mi attirano: lo strano, l’incredibile, lo spettacolo stupefacente, la maestosità. E per quanto riguarda quello che avrebbe pensato il giovane Nick Cave, beh, il giovane Nick Cave era, con tutto il rispetto per il giovane Nick Cave, giovane, e così come molti giovani, pazzo. Cosa che mi rende cauto nell’usarlo come punto di riferimento per quello che dovrei o non dovrei fare. Però era carino, glielo concedo. Disturbato ma carino. Quindi, tenuto conto di tutto questo, non vedo l’ora di andare all’incoronazione. Penso che indosserò un completo. Con amore, Nick».