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Alle elezioni la Polonia si gioca il futuro dei suoi diritti

Nel Paese sta per concludersi una delle campagne elettorali più accese di sempre, con uno scontro tra sovranisti ed europeisti. In ballo, tra le altre cose, ci sono il futuro della comunità LGBTQ+ e la difesa dei diritti delle donne

Alle elezioni la Polonia si gioca il futuro dei suoi diritti

Foto: Klaudia Radecka/NurPhoto via Getty Images

A metà luglio, decine di migliaia di persone hanno marciato per le strade di Varsavia chiedendo più diritti per la comunità LGBTQ+. Diritto e Giustizia (PiS), il partito ultraconservatore attualmente al governo, negli anni ha prodotto una crescente opposizione a quella che definisce “ideologia LGBT”. Il PiS sostiene che l’estensione del matrimonio e dell’adozione alle coppie LGBTQ+ possa minacciare la “famiglia tradizionale” e che sia dannosa per i bambini. Ritiene che l’insegnamento delle tematiche LGBTQ+ nelle scuole possa provocare anche una presunta “sessualizzazione” dei bambini.

Una narrazione che trova riscontro nei dati: nel 2023, per il quarto anno consecutivo, l’organizzazione per i diritti ILGA-Europe ha certificato in un rapporto che la Polonia detiene il peggior standard europeo in materia di diritti LGBTQ+. Nel 2019, tra l’altro, numerose città polacche si sono dichiarate “zone LGBT-free”, arrivando a coprire anche un terzo del Paese. Si tratta di municipalità e regioni ostili a questa comunità, che hanno vietato marce per l’uguaglianza e altri eventi.

Sebbene non possano essere applicate del tutto e siano principalmente simboliche, queste zone rappresentano un tentativo di ostacolare il progresso dei diritti. Da allora, attivisti e professionisti legali hanno lottato per revocare o annullare queste dichiarazioni. Questi provvedimenti rientrano in uno storytelling più ampio, fatto di un ritorno ai valori tradizionali e tutela dell’istituzione familiare: ritornelli che abbiamo ascoltato spesso anche in Italia. Ora il governo polacco secondo i più critici sta cercando di guadagnare voti alimentando i pregiudizi contro la comunità LGBTQ+.

L’accesa campagna elettorale polacca non ha di certo calmato le acque: a confrontarsi sono due visioni molto diverse del mondo e della politica. Il governo uscente deve infatti affrontare la Coalizione Civica guidata da Donald Tusk, il classico veterano delle istituzioni europee, sempre impeccabile e compassato. A inizio ottobre, una grande folla è scesa in piazza nella capitale Varsavia per una manifestazione guidata da Tusk, la “Marcia di un milione di cuori”.

“Voglio che questo messaggio arrivi a tutti i polacchi”, ha detto recentemente lo stesso Tusk, parlando a un raduno di sostenitori, riuniti in un’arena sportiva nella città di Bydgoszcz. “Questa è davvero l’ultima possibilità”: per salvare il Paese, si intende. “Una battaglia elettorale straordinariamente feroce e polarizzante si avvicina al suo culmine”, ha scritto l’editorialista del Guardian Simon Tisdall. “La storia nazionale ha preso una piega inquietante. I polacchi, divisi, stanno diventando vittime gli uni degli altri”. I sondaggi hanno sottolineato ulteriormente questa divisione e i toni della campagna elettorale sono diventati a dir poco velenosi. Nella lotta per il potere, la Polonia rischia di esplodere.

I temi e le tattiche della campagna del PiS ricalcano quelle dei sovranisti di tutta Europa: difesa appassionata dell’identità nazionale, scetticismo sul cambiamento climatico, attacchi alla cultura woke, teorie del complotto, disinformazione e controllo dell’immigrazione. Da quando è salito al potere nel 2015, il partito ha combattuto con l’Unione europea su un gran numero di dossier, infrangendo secondo molti funzionari gli standard giudiziari, mediatici e dei diritti umani in Polonia.

A questi temi si collega la campagna contro l’aborto e un clima non proprio di sostegno nei confronti dei diritti delle donne, ad essere riduttivi. In Polonia vigono alcune delle leggi sull’aborto più restrittive dell’Unione europea. Nel 2021, il governo polacco ha imposto un divieto quasi totale sull’aborto, consentendo la procedura solo nel caso in cui la gravidanza minacci la vita o la salute della gestante o sia il risultato di uno stupro o di un incesto. Anche in questo caso, le donne dicono che è estremamente difficile trovare un medico che esegua la procedura.

Le donne tecnicamente possono ordinare le pillole per l’aborto medico da altri Paesi, dal momento che i farmaci Mifepristone e Misoprostol sono nella lista dei medicinali essenziali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma i pacchi possono essere bloccati alla dogana. Negli anni, il PiS ha posto fine anche ai finanziamenti statali per la fecondazione assistita e ha imposto l’obbligo di prescrizione per la contraccezione d’emergenza, oltre a lanciare un assegno universale per i figli e incentivi in denaro per le donne che hanno almeno quattro bambini. In breve: boost alla fertilità e stop all’aborto.

A giugno, migliaia di persone hanno manifestato in tutta la Polonia contro questa visione. È quasi impossibile abortire in Polonia e molte donne attraversano il confine con la Germania per chiedere aiuto. Le leggi polacche sul tema non sono sempre state così severe: la procedura era stata legalizzata nel 1956 ed era diventata ampiamente disponibile negli ospedali pubblici e nelle cliniche private.

L’opposizione di Coalizione Civica ha dichiarato che, in caso di vittoria, proporrà una legge che consenta l’aborto fino a dodici settimane senza limitazioni, un’importante svolta per un partito che per anni ha evitato di prendere posizione sulla questione. Secondo gli esperti, il voto delle donne alle prossime elezioni potrebbe essere cruciale nel determinare il risultato. Il partito di Tusk ha cercato di mobilitare l’elettorato femminile, con un record del 44% di donne candidate alle prossime elezioni. Ma Tusk è stato criticato dalle femministe di voler strumentalizzare la questione per promuovere la sua candidatura, avendo fatto poco per promuovere e difendere i diritti mentre era in carica come primo ministro tra il 2007 e il 2014.

Un sondaggio fatto a luglio indicava che mentre il 39% degli uomini e il 29% delle donne voterebbero PiS, per Coalizione Civica vale l’opposto: il 37% delle donne e il 24% degli uomini. Un dato importante, che racconta le tante contraddizioni di un Paese alle prese con dossier scottanti, innanzitutto a livello di diritti.