Adesso dovranno essere i giustizialisti a “parlarci di Bibbiano” | Rolling Stone Italia
Macchina del fango

Adesso dovranno essere i giustizialisti a “parlarci di Bibbiano”

L'assoluzione dello psicoterapeuta Carlo Foti, calato nei panni di eminenza grigia di (presunti) affidi illeciti, potrebbe chiudere una delle gogne più indecorose della storia recente. Con buona pace di Meloni, Di Maio e soci

Adesso dovranno essere i giustizialisti a “parlarci di Bibbiano”

Per i garantisti di ogni ordine e grado, l’assoluzione in appello da ogni accusa di Claudio Foti, psicoterapeuta e titolare del centro studi “Hansel&Gretel” di Moncalieri, in provincia di Torino, non può che essere una boccata d’aria fresca. Foti era stato condannato in primo grado a 4 anni nell’ambito della cosiddetta inchiesta “Angeli e demoni”, incentrata sui (presunti, ci torneremo) affidi illeciti nel comune di Bibbiano, nella Val d’Enza: la corte di Appello lo ha assolto sia per il reato d’abuso d’ufficio, per non aver commesso il fatto, sia per il reato di lesioni dolose gravi ai danni di una paziente minorenne all’epoca dei fatti, perché il fatto non sussiste – nel dettaglio, Foti era stato accusato di aver utilizzato una tecnica di psicoterapia, la Emdr, rispettata e usata dalla comunità scientifica, per indurre nella ragazza la convinzione di aver subito degli abusi e delle violenze da parte del padre.

Secondo le indagini, psicologi e assistenti sociali coinvolti avrebbero voluto guadagnare dall’affidamento dei bambini e per farlo avrebbero falsificato documenti e manipolato le dichiarazioni dei bambini per far emergere situazioni di abusi e violenze in famiglia (che in realtà non sarebbero mai avvenute) così da giustificare il loro affido ad altre famiglie.

Nel 2018, proprio attorno a Bibbiano si era scatenata una tempesta mediatica violentissima, con i giornali che calcavano la mano sui pochi elementi che si conoscevano – il presunto uso (poi smentito) dell’elettroshock sui bambini per manipolarli prima dei colloqui, alcune intercettazioni – e la politica che aveva strumentalizzato a dovere la faccenda per realizzare un’intensa opera di propaganda.

“Parlateci di Bibbiano” era diventato lo slogan della destra italiana, adottato anche dal M5S (Luigi di Maio aveva chiamato il PD “il partito di Bibbiano”) con lo scopo di associare il Partito democratico in toto a presunte violenze sui minori e a una presunta opera di insabbiamento della vicenda. Anche l’attuale premier Giorgia Meloni, ai tempi parte della sgangherata opposizione missino–grillina–leghista (ma, soprattutto, sovranista), utilizzò Bibbiano come tema polarizzante: si era fatta addirittura fotografare davanti all’insegna del comune, mentre reggeva un cartello con su scritto “Siamo stati i primi ad arrivare, saremo gli ultimi ad andarcene” – e, con l’occasione, aveva anche registrato un video per scagliarsi contro il Partito Democratico, in particolare contro il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, esponente del PD.

L’emorragia Bibbiano divenne talmente estesa da coinvolgere personalità diversissime tra loro, da Mario Giordano e Nek (quest’ultimo particolarmente attivo: ai tempi, postò addirittura l’immagine di uno striscione di CasaPound, salvo poi dire che «non mi occupo di politica»), da Laura Pausini, a Antonella Clerici e altre figure del mondo dell’intrattenimento, tutte coalizzate per chiedere a gran voce la “verità su Bibbiano”.

Ne era nata insomma una vera e propria culture war che ricordava quelle della destra americana e, anzi, col senno di poi, potremmo paragonare Bibbiano a una sorta di teoria di QAnon in salsa nostrana, con Foti e la politica locale del PD al posto delle cabale sataniste, dello star system hollywoodiano, di Hilary Clinton e degli altri voti noti dei Democratici. Ai tempi, concetti come presunzione d’innocenza, garanzie per l’imputato e sentenze definitive furono interamente estromesse dal dibattito pubblico: colpevoli a prescindere.

Per fortuna, parafrasando Nanni Moretti, le parole sono importanti, ma le sentenze di più.