Agli studenti la politica concede appena 7 minuti | Rolling Stone Italia
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Agli studenti la politica concede appena 7 minuti

Quello che è nato in questi due anni di didattica a distanza e di norme pasticciate sulla scuola è un nuovo movimento che, seppur frastagliato, sta rivendicando un diritto alla partecipazione che da tempo non si vedeva. Ma chi ci rappresenta non è in grado di mettersi in ascolto

Agli studenti la politica concede appena 7 minuti

Foto di Matteo Trevisan/NurPhoto via Getty

Nelle ultime settimane li abbiamo visti marciare insieme, chiedere le dimissioni del Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, maggiore ascolto e l’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro. Ma dietro quei cortei che hanno bloccato le città italiane, con cadenza quasi settimanale, si nascondono decine di sigle. Anime diverse, spesso in contrapposizione tra loro, che rappresentano il nuovo movimento studentesco nato all’indomani della pandemia.

Rete degli Studenti, Priorità alla scuola, Unione degli studenti, Federazione degli studenti, Studicentro, Osa, Movimento degli studenti cattolici, Movimento degli studenti di Azione Cattolica, Azione Studentesca, Rete della conoscenza, Sbam, Rivoluzioniamo la Scuola, la Lupa sono solo alcune delle sigle che oggi possono raccontare quello che sta accadendo all’interno del mondo della scuola.

Pochi giorni fa, dopo l’ennesimo venerdì di manifestazioni che a Torino hanno visto ancora scontri con la Polizia, la Commissione Cultura della Camera ha ascoltato una quindicina di questi movimenti sull’andamento dell’anno scolastico e la pandemia. Sette minuti a rappresentante, un tempo giudicato da tutti troppo esiguo per raccontare le ragioni della piazza, per un confronto che è arrivato dopo mesi di mobilitazione e che ancora una volta mostra l’incapacità del mondo politico di mettersi in ascolto.

«Dal ritrovarsi in piazza, dopo mesi di isolamento è nata l’esigenza di parlarsi e di riprendere possesso dello spazio che ci circonda», racconta Zidane, un adolescente napoletano che dal 18 al 20 febbraio ha partecipato a Roma agli Stati generali della Scuola, la tre giorni di dibattiti organizzata dall’Unione degli Studenti. Nella città partenopea la lotta degli studenti si è unita a quella del Movimento Precari 7 novembre. E il prossimo 5 marzo, a Napoli si terrà una giornata di riflessione che vedrà studenti e lavoratori della GKN di Firenze insieme. In questa battaglia per una scuola più partecipata, le istanze si mescolano con quelle delle associazioni come Libera, ActionAid, Legambiente, Arci, Sbilanciamoci.

Perché se la pandemia ha mostrato quelle che erano le fragilità strutturali della scuola, sia dal punto di vista infrastrutturale che di metodo, ha anche acuito le difficoltà di chi già viveva in situazioni precarie impedendo a molti di poter continuare, seppure in dad, il proprio percorso scolastico. L’accesso alla scuola durante la pandemia è diventata la cartina tornasole delle condizioni sociali di questo Paese.

La scuola ha segnato nettamente il confine tra chi aveva gli strumenti per farcela e chi no. Per questo sindacati, movimenti, associazioni chiedono in maniera unanime che gli investimenti sulla scuola e le risorse del Pnrr non siano l’ennesimo treno perso nella stazione della propaganda. La scuola che stanno immaginando questi ragazzi è lontana anni luce dai banchi a rotelle e dai soliti spot della politica, ma chiedono che siano messe in campo iniziative concrete affinché la scuola torni ad essere un ascensore sociale, come avevano sognato i costituenti.

Ogni sigla ha scelto una modalità di interlocuzione e senz’altro tra di loro, quelli che oggi rappresentano una novità sono i ragazzi della Lupa, il movimento che riunisce i collettivi studenteschi di una quarantina di licei romani. Sono stati accostati al movimento della Pantera, il movimento studentesco che alla fine degli anni ‘80 ha infiammato diverse università italiane contro l’allora ministro Ruberti.

A distanza di trent’anni, questi ragazzi rivendicano una «cultura politica, fatta di lotta e di piazza. Ma stiamo facendo qualcosa di nuovo», racconta Syria. Ma in cosa si differenziano dagli altri? «Abbiamo richieste più radicali: partendo dall’abolizione dell’alternanza scuola lavoro, soprattutto dopo la morte di Lorenzo e Giuseppe». Sono loro che non accettano la presenza dei sindacati e contestano la Rete degli Studenti medi, considerandoli una parte del problema. La Lupa oggi è il movimento della barricata, quello che ha resuscitato lo slogan “pagherete caro, pagherete tutto” e che spesso è in prima linea contro la polizia chiamata a garantire l’ordine pubblico durante le manifestazioni.

Questo è il ritratto di un movimento e di una generazione di adolescenti che qualcuno con la scusa della pandemia aveva pensato di mettere in panchina. Invece quello che è nato in questi due anni di didattica a distanza e di norme pasticciate sulla scuola, è un nuovo movimento che seppur frastagliato, sta rivendicando un diritto alla partecipazione che da tempo non si vedeva. Soluzioni concrete a problemi tangibili e non le solite operazioni di facciata dietro le quali i ministri spesso si sono trincerati. Il coordinatore dell’Unione degli Studenti, Luca Redolfi, lo ha detto in audizione alla Camera «dall’anno scorso abbiamo provato a farci sentire all’interno dei vari contesti, in momenti di piazza e occupazioni. Non c’è stata alcuna apertura, ma al contrario ci sono stati momenti di repressioni e nessun dialogo. Penso che anche questa sia una forma di violenza che noi subiamo».