A Milano aumentano i biglietti della metro, ma siamo sicuri che il servizio sia davvero ‘top’? | Rolling Stone Italia
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A Milano aumentano i biglietti della metro, ma siamo sicuri che il servizio sia davvero ‘top’?

A partire da gennaio 2023 spostarsi con i mezzi pubblici in città sarà più caro di venti centesimi a causa della pandemia e del caro energia. Perciò fra comprensione e nervosismo si inaugura un dubbio: forse gli 'spostapoveri' meneghini non sono così efficienti come dicono

A Milano aumentano i biglietti della metro, ma siamo sicuri che il servizio sia davvero ‘top’?

Foto di Mattia Gravili/REDACO/Universal Images Group via Getty Images

Due euro e venti. Questo è il nuovo prezzo di un biglietto singolo per i mezzi pubblici a Milano a partire dal 9 gennaio 2023. Un rincaro a cui seguono, a ruota, anche alcune altre forme di cachet: da 7 euro a 7,60 per il ticket di viaggio giornaliero, da 12 a 13 quello valido per tre giorni e da 18 a 19,50 per quello settimanale. Non cambierà il costo degli abbonamenti, come ha specificato il sindaco Beppe Sala: «Gli abbonamenti non verranno toccati. Toccherà più gli occasionali. A questo punto dovendo farlo lo facciamo. È una situazione che tocca un po’ tutte le grandi città». In effetti non solo a Milano, ma anche a Roma la situazione circa i biglietti del trasporto pubblico è in evoluzione. Il Bit, il biglietto urbano con durata valida cento minuti, dovrebbe aumentare, secondo quanto riportato dai media, da 1,50 a 2 euro entro il prossimo luglio, mentre a Napoli il rincaro è già ufficiale, con una tariffa portata da 1,10 a 1,20 euro, e anche in questo caso, a cascata, sono aumentati pure i tariffari di altre linee di spostamento in tutta la Campania, come i treni suburbani.

Per quanto riguarda Milano – ma è la motivazione che spinge al rincaro tutte le località sopracitate – la situazione dell’aumento dei prezzi del biglietto è dovuta principalmente a due fattori. Il periodo dei lockdown a causa del Covid e il costo dell’energia. In particolare l’Atm, l’azienda che gestisce il trasporto pubblico milanese, è rimasta incappata in un impasse da assenza di passeggeri durante gli ultimi due anni a causa dei minori spostamenti.

Con le zone rosse, i lockdown e lo smart working, molte persone hanno preso di meno i mezzi pubblici, con la logica conseguenza di un minore introito per le casse dell’azienda – mentre il personale è rimasto lo stesso. C’è poco da dire poi sulla questione energetica, visto che è un danno che stanno affrontando tutte le imprese. L’aumento dei costi di gestione dovuti al rincaro energetico sono un peso anche per i treni della metro e gli autobus, considerando che vanno pagati i costi dei consumi dell’elettricità degli impianti (mezzi e stazioni) sia i rifornimenti per i mezzi di superficie, cioè gli autobus. In questo senso, specificano, il rincaro si lega ai dati Istat dell’inflazione, che con il rincaro ha portato Atm a prendere la decisione e portare i prezzi a +3,82% su tutti i ticket.

Sul sito del Comune di Milano, dove è stato indicato l’aumento dei prezzi, hanno tenuto a sottolineare come il trasporto pubblico nell’area urbana meneghina, nonostante il rincaro, sia comunque più economico rispetto ad altre grandi città europee. Il Comune indica, per esempio, il prezzo che un viaggiatore paga a Vienna per un biglietto urbano, valido per una sola corsa, che è di 2,40 euro (“E non per 90 minuti”, come è invece nel capoluogo lombardo), poi c’è il caso di Londra, dove un singolo biglietto per i mezzi pubblici costa 5,60 euro.

In effetti, nonostante un aumento di venti centesimi per un trasporto pubblico che a Milano – per quanto iper esaltato da chi vive o transita per la città – ha non pochi difetti, c’è da dire che all’estero nelle grandi città – non capitali – spostarsi costa parecchio. Inutile tirare un pippone sul discorso dell’efficienza. Per abitudine, impegni e orari, ciascuno ha i suoi buoni motivi per giudicare un’attesa di dieci minuti per una corsa più o meno legittima, come può avere ragione chi si lamenta dell’eccessivo tempo di attesa per il passaggio della metropolitana. Ma in realtà è qui che si apre il dibattito. A Milano, da sempre ma in generale dal post Expo si parla con grande enfasi della grande efficienza del trasporto pubblico, perennemente in orario, ben connesso fra linee di superficie e quelle sottoterra, e che, come dicono, “ti porta ovunque”. Molto spesso chi entra in questo discorso lo fa perché abituato a sistemi di mobilità urbana di un altro livello, dove invece ritardi, attese e corse soppressioni sono all’ordine del giorno. Eppure questa alzata di prezzo, oltre che antipatica perché, ovviamente, è un rialzo, si sposa con altre pecche relative al servizio pubblico offerto dai trasporti milanesi.

La prima lamentela che viene mossa è quella dell’orario. Se Milano è una città internazionale, cuore della finanza italiana e della moda, perché – perché – la metropolitana termina così presto? Il servizio inizia alle 6 e termina a mezzanotte e mezzo per tutta la settimana (stavolta sul sito del comune non parlano di confronti con altre città europee) e obiettivamente, come si dice a Milano, questo è uno sbatti. Sì, certo, avanti: parlateci delle linee di bus sostitutive, gli autobus N26 o N24 che passano quando la metro è chiusa.

Parlateci di questi fantastici autobus che passano una o due volte all’ora, spesso nelle notti del weekend stracolmi di gente; che della serie: o lo prendi al volo o aspetti alla fermata a Romolo mezz’ora. Poi le frequenze in certe fasce orarie. Sarà accaduto a molti cittadini di trovarsi il venerdì sera, dopo una lunga e stressante settimana, sulla banchina — a Missori, a Moscova, a Centrale – ad aspettare un treno fissando quel simpatico tabellone che indica 9 minuti d’attesa per i prossimi vagoni – una collega, una volta, mi ha mandato una foto del timer che indicava (il venerdì alle 20) dodici minuti di attesa con scritto: questa la tengo per quando un giorno vorranno farmi la multa (approved). Tempi di attesa simili non sono propri di una città internazionale.

A ciò si può unire i controlli molto blandi del personale ai tornelli. Quando hai sborsato 40 euro per un abbonamento mensile o speso due euro con il contactless vedere il tizio o la tizia di fianco che scavalca mentre dentro il box il personale legge il giornale non è piacevole, ma sicuramente ci sono problemi più grandi. Come i molti ritardi dei tram anche nelle vie e nelle zone centrali della città (altra grande perla di un ex collega: «Pago 40 euro di abbonamento per andare sempre a pied» – ma qui sono meno d’accordo: alla fine bisogna pur sempre combattere con il traffico).

Ora, cittadini di Roma, Napoli, Genova, Torino e in generale di qualsiasi altra grande città dove esiste il trasporto urbano: sono sicuro che obietterete che «Ah, magari avere i mezzi di Milano». Avrete da dire che nella vostra città i tram sono scomodi e in ritardo, che puntualmente questa o quella fermata della metro è chiusa, che le banchine sono sporche, o che perennemente qualcosa non funziona. Lo so, a Milano il servizio di customer care è efficiente, quasi mai le fermate chiudono e, in generale, tutto funziona (anche perché, in effetti, non è che Milano abbia le dimensioni di Los Angeles). Ma funziona in modo sufficiente, non certo in maniera strabiliante come appare dopo essere stati un paio di giorni in città. Quindi il caro biglietti è giustificato: i costi aumentati ci sono per tutti e ogni azienda prende le sue decisioni per tutelare le casse. Ma smettiamola, smettiamola di dire che i mezzi funzionano a meraviglia.