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2 + 2 = 5

È ancora democratica una classe politica distruttiva e incompetente che, davanti ai fatti, risponde ‘vaffanculo’? E se solo i laureati avessero diritto di voto, chi ci governerebbe? L'analisi di Massimo Coppola

Foto di Matteo Nardone/Pacific Press/Alamy Live News

La democrazia, proprio come la scienza, è il minore dei mali. Ognuno di noi è unico nella sua irrimediabile, meravigliosa imperfezione soggettiva, ma occorre esserne consapevoli altrimenti quella stessa soggettività, da meraviglia, si trasforma in religione. Si esaurisce in se stessa e senza il confronto con l’altro diventa sterile come una pietra marziana; il mantra (“io, io, io, io”) di un minus habens, ripetuto nel vuoto. Milioni di voci che dicono “io, io, io” non fanno un popolo, ne disfano storia e cultura.

Un tratto dell’oggi è sicuramente il tramonto del “paradigma illuminista” e la sua capacità di stabilire fondamenta razionali condivise. Quale sia il paradigma dominante è stabilito dal consenso. Questo vale per la scienza (per molti una assunzione troppo forte, al tempo in cui fu formulata dal filosofo Thomas Kuhn) e ancor di più per i sistemi di idee e credenze. Una possibile contraddizione del sistema democratico è che esso è un paradigma che si basa sul pluralismo di sistemi di idee/credenze, che evolve in base a principi condivisi (i colpi di Stato non si fanno; suffragio universale; diritti umani etc) ma che rimangono interni a un paradigma che consente che ne sia negata la legittimità.

Ciò è tollerabile – ovvero il sistema ha anticorpi per difendere le proprie debolezze intrinseche – fino a quando non viene attaccata la base ultima su cui si fonda; di nuovo, il razionalismo. Ci si deve chiedere se un movimento distruttivo e incompetente che ha come slogan “vaffanculo” sia dentro la democrazia, oppure se si può ancora chiamare democratica una società che fa del “diritto di essere attori”, a prescindere da competenze e capacità, l’unica misura possibile. E che tutto ciò divenga Stato, ovvero la garanzia del paradigma democratico.

È l’evoluzione stessa del paradigma democratico a essere in discussione. Oggi, se ci diciamo razionalisti, siamo de facto conservatori. Il razionalismo – la base del sistema democratico – non è più il paradigma dominante. È necessaria una correzione della democrazia in un senso elitista? Potrebbe la sua sopravvivenza essere garantita da un “temporaneo” ritorno all’oligarchia? Se solo i laureati avessero diritto di voto, chi ci governerebbe? Se fossero solo i diplomati? Se fossero solo gli “informati”? Domande impensabili fino a qualche tempo fa, oggi di stretta attualità e piuttosto diffuse, a partire dagli USA di Trump.

Sembra che una difesa dei valori dell’Illuminismo non possa non passare da una riflessione approfondita sull’evoluzione dei sistemi democratici occidentali. Lo spazio da occupare è quello a difesa del progresso, inteso come il semplice – a parole – obiettivo di garantire a più individui possibile più diritti possibile indipendentemente dalle loro condizioni di nascita. Occorre issare di nuovo la bandiera del razionalismo, uscire dal modello secondo cui ogni voce vale quanto un’altra. L’adesione a posizioni estremiste e populiste è infatti irrazionale per definizione. Non è una novità, ma sarebbe tempo di combatterle per quel che sono: inganni, menzogne, buffonate, stregonerie.

Nel labirinto buio che abitiamo oggi la canzonetta suona così: “Vaffanculo all’establishment. Prendiamo il potere. Siamo al potere! Siamo l’establishment! Ma c’è un complotto per tenerci fuori dall’establishment! Mentre siamo già establishment!!!”. 2+2=5, volendo sintetizzare.

Coloro che la pensano così cambiano idea molto difficilmente, e non ci sono fatti che tengano; hanno estromesso i fatti e la riflessione razionale dagli strumenti che usano – oppure non sono strumenti a loro disposizione. Equivarrebbe chiedere loro di abdicare a un dogma. Ci vollero secoli di evidenze per convincerci che il sole sta fermo e siamo noi a girare. Eppure c’è chi ancora non ci crede, ottenebrato dai vapori psichedelici delle scie chimiche. Sarà un lungo e faticoso lavoro.

Capita poi che siano proprio i discepoli del credo della trasparenza, che elimina a priori il concetto di fiducia, a essere i più oltranzisti sostenitori del NON È VERO anche di fronte all’evidenza. Perché 2+2=5 e quindi i vaccini uccidono e io sono depresso e infelice per colpa di quattro disgraziati che stano affogando al largo di Lampedusa. La richiesta ossessiva di trasparenza è un desiderio che non si può soddisfare. Esattamente come il geloso che cerca prove di un tradimento e finché non le trova non si dà pace – il pensiero che non ci sia tradimento non può nemmeno sfiorarlo: lui ha già deciso che c’è stato tradimento. Gli mancano le prove, ma è solo questione di tempo.

Senza fiducia, la competenza non ha tuttavia ragione di esistere. È come se volessimo sapere per filo e per segno come abbia passato le ultime 24 ore il pilota del nostro aereo o il chirurgo che sta per operarci; sospendendo uno dei principi fondamentali del paradigma illuminista: ovvero la fiducia nelle competenze altrui e in generale nel prossimo. Su questo Michela Marzano ha scritto parole molto efficaci nel suo Avere fiducia: “Più si cerca di rendere ‘trasparente’ la gestione della cosa pubblica, più si solleva sospetto e sfiducia”.

La cosa interessante – se pensiamo all’esibizionismo del nostro ministro degli Interni, è la sua capacità di agire e parlare come se non fosse lui a prendere le decisioni; come se lui fosse un paladino del popolo contro lo Stato, del quale tuttavia rappresenta una delle più alte cariche. Lui annuncia su Facebook la liberazione degli ostaggi sulla Diciotti: è trasparente anche nella resa, che diventa una vittoria retorica. Salvini ha un solo scopo: aumentare sospetto e sfiducia.

Hanna Arendt scriveva ne Le origini del totalitarismo, pubblicato settanta anni fa, che “In un mondo incomprensibile e in continuo cambiamento le masse erano disposte a credere allo stesso tempo a tutto e al suo contrario, a pensare che tutto è possibile e che nulla è vero”, e che per questo era gioco facile per un dittatore diffondere le idee più folli, perché consapevole che piuttosto che abbandonarlo, una volta scoperta la menzogna, l’avrebbero piuttosto applaudito per la sua “superiore capacità tattica”. Il nostro compito più importante, oggi, è quello di ripetere in tutti i modi che 2+2=4, e che la democrazia non consente di sostenere il contrario.

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