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Voglio vederti danzare

O del come la gioia ci salverà. Forse.

Voglio vederti danzare

Maedeh Hojabri

Durante la Guerra del Golfo, in una vivace conversazione con Michel Houellebecq, lui, rispondendo ad una mia domanda sul tema dell’”esportazione della democrazia” disse: «I fondamentalisti andrebbero bombardati di videoclip di MTV, non colpiti con i razzi. Capirebbero che il paradiso che tanto agognano è a portata di mano». O meglio crederebbero che lo sia, lo corressi io. Lui aderì ridendo. Non dicevamo niente di nuovo. Dall’esplosione della cultura di massa la forza sociale e politica del soft power – del pop, della cultura popolare; canzonette, serie Tv, film – è riconosciuta, studiata, usata, più o meno consapevolmente e con scopi diversi da molto tempo e in molti luoghi.

Sono cambiate un po’ di cose da quel giorno; una, per esempio: i videoclip di MTV non contano più, contano i miliardi di contenuti fatti in casa e diffusi capillarmente sul web.

Il video postato su Instagram da Maedeh Hojabri, giovane cittadina iraniana, è solo uno dei miliardi dei video postati ogni giorno su media e social di ogni genere. Maedeh però è iraniana. E deve aver superato un limite di condivisioni probabilmente arbitrario, oltre il quale, in un ufficio di Teheran si accende un pulsantone con su scritto DANGER in persiano. Il numero arbitrario dovrebbe essere intorno al mezzo milione di follower – secondo il Guardian Maedeh era arrivata a 600.000. E dunque zac, censura.

Maedeh non solo è brava, è anche sexy, al punto che per stessa ammissione della Polizia Postale iraniana la colpa non è aver postato il video, ma aver danzato: libera e a proprio agio, libera e felice. Torna in mente l’odiosa campagna contro i migranti sull’Aquarius, che in vista del porto di Valencia esplosero in vitalissimi canti e balli di gioia e per questo fustigati: ecco, la pacchia! Guarda come se la godono! Maedeh, al contrario dei migranti sull’Aquarius, è stata subito incarcerata, e poi portata alla TV pubblica insieme ad altri colleghi arresati per motivi simili, il volto oscurato dai pixel (ogni volta che ci sono pixel in una immagine dovremmo immediatamente smettere di guardarlo) tremante, ha chiesto scusa. Ha chiesto scusa. Tremante. Un luminoso esempio di lapidazione mediatica – una evoluzione post-moderna alla quale fondamentalisti di ogni tipo ci hanno ormai abituati. I censori iraniani e i fustigatori italiani, uniti nell’impossibilità di condividere la semplice gioia, anzi, spaventati, nel loro delirio di morte, dalla sua mera esistenza nell’altro. Che non sanno riconoscere, ciechi e rabbiosi come i profeti di sventura che hanno eretto a loro paladini.

Dove si trovi ora Maedeh non è dato sapere; ne è possibile raggiungerla per intervistarla. Maedeh è stata cancellata perché è diventata rilevante. Difficile immaginare che qualcuno ci possa leggere dall’Iran; proveremmo a suggerire di identificare quel limite arbitrario di rilevanza numerica e costruire una coda lunga sotto soglia: cambiare nome all’account arrivati vicini al limite e rendere così impossibile il controllo del censore. Ci avranno già pensato: in Iran il web è praticamente libero, non perché il governo lo consenta ma perché gli iraniani sono stati capaci ad aggirare i divieti. Un popolo di smanettoni, insomma. A noi, invece, questa storia dice altro. Noi privilegiati occidentali, che godiamo di tutte le libertà, dovremmo imparare ad usarle meglio. Dovremmo riuscire attraverso la nostra gioia a far accendere il pulsantone DANGER più spesso possibile, proprio perché nessuno, per fortuna, potrà arrestarci per averlo fatto.

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