Possono toglierci la libertà, ma non ci toglieranno mai la vita! | Rolling Stone Italia
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Possono toglierci la libertà, ma non ci toglieranno mai la vita!

Uscire da questa situazione con il minor-numero-di-morti-possibile è semplice: basta rinunciare a tutto ciò per cui la nostra civiltà ha combattuto da un paio di millenni a questa parte

Possono toglierci la libertà, ma non ci toglieranno mai la vita!

Foto: Getty Images

Uscire da questa situazione con il minor-numero-di-morti-possibile è semplice: basta rinunciare a tutto ciò per cui la nostra civiltà ha combattuto da un paio di millenni a questa parte.

Abbiamo sbagliato, sono cose che capitano. Da un paio di millenni abbiamo sbagliato tutto. Del resto l’umanità, di millenni, ne ha già passati duecento: consideriamolo un inciampo, un errore di percorso, e diamogli un nome: libertà.

A ben pensarci, il libero arbitrio ha sempre e solo combinato casini. Quando Adamo ed Eva si avvicinavano alla mela, Dio doveva sparagli dalle fronde con un fucile di precisione. Pum! E dopo il vecchiardo poteva impastare una creatura meno stronza. Per dimostrare quanto era importante lasciarci liberi di fare il cazzo che volevamo, guardate un po’ il povero Cristo che brutta fine, morto inchiodato a un pezzo di legno a 33 anni, lui che era così un bel ragazzo. E da lì in poi è andata di male in peggio. Gente cocciuta come Socrate o Giordano Bruno s’è fatta avvelenare e arrostire pur di sproloquiare i propri pensierini su anime e sostanze. Caspita, robe proprio fondamentali per la sopravvivenza. Due milioni e mezzo di morti della Rivoluzione francese che se ne potevano stare comodamente a spezzarsi la schiena zitti e mosca. Cinquantaquattro milioni di morti della Seconda guerra mondiale per un mero disaccordo politico: quegli altri avevano idee diverse su come tirare avanti la baracca, ecco tutto. 

Ci spiace, ragazzi, non ve l’abbiamo mica chiesto noi, di farvi accoppare, c’avete provato, d’accordo, ma ne è venuta fuori una cosa storta che non sappiamo più raddrizzare. E poi i morti di oggi contano di più di quelli di ieri: quelli di ieri chi li conosce? Il fatto è che libertà è sinonimo di imperfezione. Dai la libertà alla gente e troverai sempre qualcuno che non fa quello che è giusto fare. La costrizione è la grande livella.

Ormai alla vita ci siamo affezionati troppo, il resto era poesia. Noi vogliamo la prosa del comunque si respira. In Braveheart William Wallace (Mel Gibson) prima di combattere contro gli inglesi per la libertà della Scozia urlava: “Siete sicuri che non sognerete di barattare tutti i giorni che avrete vissuto a partire da oggi per avere l’occasione, solo un’altra occasione, di tornare qui sul campo, ad urlare ai nostri nemici che possono toglierci la vita, ma non ci toglieranno mai la libertà?”. Ora possiamo risponderti, caro Mel: sì, siamo fottutamente sicuri. Fatti crivellare tu, di frecce, col tuo bel visino dipinto di blu.

Ne Il gladiatore, Russell Crowe diceva: “Ciò che facciamo in vita riecheggia nell’eternità”. Aveva le allucinazioni acustiche, il buon Russell. Non riecheggia proprio un cazzo. Cerchiamo di fare le cose in vita, di farle anche domani, e anche dopodomani, e poi ci si guarda. E Paolo Borsellino, ripreso in decine di libri e di film, ha detto: “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. Ma i libri e i film mettono in testa alle persone un sacco di idee strane e inafferrabili: trasformiamo piuttosto le sale cinematografiche in sedute collettive di trattamento Ludovico. Quelle citazioni suonavano bene, d’accordo. Erano buone da copia-incollare sulle nostre pagine social.  A volte ci abbiamo perfino rimediato una scopata, va detto, tirandole fuori al momento opportuno, tra il dessert e l’amaro. Ma ora tocca ammetterlo: cazzeggiavamo. Non è più tempo per il cazzeggio. E, quando il gioco si fa duro, i duri continuano a durare.

Le raccomandazioni ai cittadini e le zone rosse servono quanto le aspirine per il cancro. E questo cancro si chiama libertà. Guardate la Cina, che ha costruito 78 ospedali in due ore. Per forza, è una dittatura. Tu muratore lavori da un’altra parte? Hai paura del contagio? ‘Sti cazzi, vai a lavorare a Wuhan sennò ti appendo per il collo come una caciotta. Invece qui la gente che fa? Va a correre. La gente fa cazzate e va punita. Un runner che trotta con la sua fascetta sotto casa: dov’è la polizia, l’esercito, i carrarmati, dove diavolo sono i cecchini quando servono? Il vicino di casa invita un amico a pranzo: dove cazzo sono gli agenti del KGB e della Stasi, con le loro cimici nell’appartamento di fianco pronti a sbattere l’untore in un gulag, quando servono?

Altroché cellulari tracciati per capire chi si allontana da proprio letto più di 127 metri e 41 centimetri. Sono furbi, gli esseri umani, capaci di lasciare il cellulare a casa e di andarsene in skate nel quartiere di fianco. Qui bisogna impiantargli dei chip sottocutanei. Ma il chip, gli uomini capaci che se lo tolgono. Capaci che si scavano la pelle con una roncola pur di fare qualcosa di sbagliato e di stupido. Il problema è che, la cute, quella rimane. E dove c’è la cute c’è possibilità di errore, sempre il rischio che l’uomo faccia quel cazzo che gli pare. Dovremmo piuttosto farci impiantare un pezzetto di carne in un nuovo corpo di chip e fibre ottiche, con un cervello preprogrammato che ragiona in codice binario, quel pezzetto di carne come un vezzo, una pochette rosa: col cazzo che poi vai a far yoga tantrico al parco mentre la pandemia fotte a secco le città.

La costrizione funziona alla grande, poi ci si prende gusto. Se causi un incidente, brutto pezzo di idiota, vieni automaticamente stritolato da lamiere intelligenti, vediamo se ci riprovi: le migliori menti tecnologiche della Cina staranno di sicuro lavorando su un deterrente di questo tipo. Se trombi senza goldone, ecco che esce un agente dall’armadio e ti spara nel culo. Vediamo chi vince, tra la dittatura e l’HIV.

Il guaio è che a quanto pare dobbiamo essere noi a pigliare uno stronzo qualunque e a piazzarlo sul trono col pulsante rosso vita/morte in mezzo alla scrivania. Perché abbiamo fatto quella cazzata di abolire le dinastie e ora per tornare indietro di qualche secolo bisogna costringerlo, uno stronzo qualunque, a diventare tiranno. Anche lui terrà di più alla pellaccia che alla libertà vertiginosa del tiranno. Si si sa come finiscono, i tiranni: decapitati, appesi a testa in giù, linciati, eccetera.  Sarà il primo caso di dittatore riluttante della Storia. Accoppali tu, o ti accoppiamo noi. Così suona l’antifona. La razza, l’uguaglianza e altre fanfaluche: i tiranni del secolo scorso avevano sacrificato tutto a queste idee, così arbitrarie e sfuggenti. La Vita, ecco l’idea assoluta e inattaccabile a cui sacrificare individui, libertà e tutto il resto. Il punto zero dell’ideologia. Sopravvivere, è questo che conta. L’importante è che possiamo sopravvivere, anche se fosse in sarcofagi iperbarici con l’endovena perennemente infilata nell’avambraccio, anche se la nostra coscienza venisse riprogrammata e trasferita in un qualche server eurasiatico: basta sia antiurto e dotato di un buon programma antivirus.

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