Perché non vogliamo combattere il razzismo nel calcio | Rolling Stone Italia
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Perché non vogliamo combattere il razzismo nel calcio

I fischi allo juventino Kean a Cagliari e le successive reazioni confermano che l'intolleranza nel pallone esiste. E che sminuirla, come ha fatto Bonucci, è il più grande regalo ai razzisti

Perché non vogliamo combattere il razzismo nel calcio

Moise Kean esulta dopo il gol al Cagliari

Foto Getty

Il problema è che – per noi bianchi occidentali – è impossibile comprendere il razzismo. Non essendo qualcosa che proviamo a livello esperienziale, tendiamo a minimizzarlo come paranoia di una minoranza. Per entrare nella nostra sfera d’attenzione, il razzismo deve essere rumoroso e numeroso. A noi della white supremacy non basta “qualche buu durante la partita, quasi impercettibile”, come annunciato dal giornalista a bordo campo di Sky per la sfida tra Cagliari e Juventus.

Quei cori quasi impercettibili (ma su Twitter e Youtube trovate varie testimonianze visive e uditive palesi) sono però stati più che percepiti dai giocatori della Juventus come Blaise Matuidi, Alex Sandro e Kean. Proprio quest’ultimo, l’astro nascente del calcio italiano, dopo avere segnato si è lasciato andare in un’esultanza plateale: ha aperto le braccia e guardato la curva cagliaritana come per dire “questo sono io, avete qualcosa da dirmi?”. Da quel momento, negli ultimi minuti di gioco, il pubblico si è lasciato andare ai più bassi e infimi insulti verso tutti i giocatori di colore della Juventus. Attenzione, non verso Kean, l’autore della provocazione, come a posteriori stanno provando a raccontarci, ma verso tutti e tre i giocatori di colore schierati in campo.

La curva del Cagliari non è nuova a questi comportamenti. Negli ultimi dieci anni, il razzismo di alcuni esponenti della tifoseria ha colpito, tra i tanti, Samuel Eto’o, Mario Balotelli, Mohamed Sissoko e, lo scorso anno, sempre Blaise Matuidi. Ancor più eclatante fu il caso di Sulley Muntari che, nel 2017, lasciò il campo dopo esser stato preso di mira dalla tifoseria con dei buu fragorosi (recuperatevi il video per capirne l’entità), totalmente ignorati dalla terna arbitrale anche dopo continue segnalazioni del giocatore. Inutile ricordare l’etnia degli arbitri in questione.

Il presidente della squadra sarda, Tommaso Giulini, però, non ha perso tempo a correre da Sky nel dopopartita per parlare di strumentalizzazione e di moralismo, difendendo a spada tratta i suoi tifosi ed incolpando Kean per l’esultanza inappropriata. La giustificazione, in un tentativo maldestro di negazione storica di un certo razzismo della tifoseria sarda, è stata più o meno questa ‘se un giocatore bianco della Juventus, tipo Bernardeschi, avesse fatto quell’esultanza, sarebbe successa la stessa cosa’. Eh no, caro Giulini, proprio no. Dopo il goal di Kean, i tifosi sardi hanno fischiato e ululato solamente ed esplicitamente contro i giocatori di colore della Juventus. In una ripresa Sky, per esempio, si nota un tifoso intento a imitare le movenze di una scimmia in direzione di Matuidi. Quanta difficoltà abbiamo ad ammettere che c’è un problema gigantesco e che bisogna superarlo? O semplicemente continua a fottercene nulla poiché colpisce una minoranza?

L’ex calciatore e ora opinionista Sky, Lele Adani, ha risposto alle accuse di Giulini con una domanda retorica di un realismo sconfortante “Mi dai del moralista perché critico 100 coglioni che fanno buu a Matuidi, Alex Sandro e Kean?”. Questo è quello che leggeremo anche in alcuni dei commenti a questo articolo ed è il livello delle società, delle tifoserie e della federazione italiana: accusare di moralismo chi si schiera a prescindere contro ogni razzismo, perché il razzismo riconosciuto da noi bianchi non è tale finché non diventa culto osceno di massa impossibile da sradicare. Perché le soluzioni per eliminarlo dagli stadi esistono, e sarebbero pure semplici, come ricordato post gara da Massimiliano Allegri, “allo stadio ci sono degli imbecilli, come nella vita. Vanno individuati e cacciati, gli strumenti ci sono”.

Non è stato risparmiato dalle critiche nemmeno Bonucci. Il difensore della Juventus è stato accusato da giocatori di fama internazionale come Balotelli e Sterling, anch’egli recente vittima di razzismo nella sfida tra Inghilterra e Montenegro, di non aver difeso il suo giovane compagno e aver pronunciato la frase “la colpa è 50-50 tra Kean e la curva del Cagliari”. Bonucci, correggendo il tiro, ha dichiarato di non aver sentito cori contro Kean, ma per questo possiamo tornare all’inizio dell’articolo: noi bianchi percepiamo questo problema solo quando è enorme, di massa, eclatante. Non ci schieriamo a prescindere in sostegno di un nostro fratello bisognoso, pensando sempre che sia più una sua paranoia che una possibile realtà dei fatti. Siamo in un certo senso negazionisti fino all’evidenza, per poi dimenticarcene e tornare nella nostra posizione. Sulle dichiarazioni del difensore è andato giù duro il Guardian, “Le parole di Leonardo Bonucci lasciano pensare che sia difficile essere ottimisti sul calcio italiano”, evidenziando le abitudini omertose dell’ambiente nel proteggere la feccia che infanga il nostro calcio.

Chiudo con una frase abbastanza esplicativa di Lele Adani, pronunciata a caldo alla fine del match tra Cagliari e Juve, sul nostro atavico problema ad affrontare il razzismo nel calcio. Fa più o meno così: il calcio italiano non può insegnare niente, e stasera abbiamo fatto l’ennesima figura di merda.

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