Per il ddl Pillon i genitori sono irresponsabili e i bambini oggetti | Rolling Stone Italia
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Per il ddl Pillon i genitori sono irresponsabili e i bambini oggetti

Il disegno di legge leghista sull'affido dei minori dopo una separazione riporterebbe l'Italia indietro di anni, secondo una logica paternalista di intervento dello Stato nelle scelte dei cittadini. Perché questa è la visione del governo

Per il ddl Pillon i genitori sono irresponsabili e i bambini oggetti

La manifestazione studentesca del 7 marzo 2019 contro il ddl Pillon

Foto IPA

Negli scorsi giorni ho fatto un appello alle donne, perché il disegno di legge Pillon riguarda tutte loro. Ma anche gli uomini sono coinvolti nella rivisitazione nostalgico-reazionaria della famiglia che il senatore leghista ha in mente per l’Italia. Ed è anche a loro che parlo. Il ddl 735, in discussione al Senato, va rigettato per l’idea di società che promuove, per la filosofia su cui si fonda.

Vediamo i punti più critici del provvedimento. Anzitutto il fatto che il disegno di legge stabilisca l’incapacità degli italiani di prendere liberamente delle scelte sulla propria vita e pretenda di imporre una mediazione civile, a pagamento, a una coppia che intenda separarsi o divorziare. Questo vale anche nei casi in cui i due abbiano già trovato un accordo, ma abbiano uno o più figli minorenni. In caso il testo del senatore Pillon diventasse legge, si applicherebbe anche ai procedimenti pendenti.

Si tratta di un attacco senza precedenti alla legge 54 del 2006, quella che varò il principio della bigenitorialità e dell’affido condiviso nel nostro Paese. In ossequio a una visione paternalistica della cosa pubblica, sempre pronta a entrare a gamba tesa nella vita delle persone. E con l’idea di fondo che il matrimonio sia qualcosa di indissolubile.

Inoltre il ddl Pillon esce dalla logica del minore come soggetto con dei diritti, ma torna a considerarlo un oggetto che i genitori devono tagliare in due, per gestirlo al 50% a testa. Per questo impone delle regole rigidissime per fare sì che un bambino passi metà del tempo con il padre e metà con la madre. E poco importa se, magari, vivono in città o quartieri diversi, e gli spostamenti rischiano di complicare non poco la vita del piccolo e la sua tenuta psicofisica.

Certo, in Italia secondo le statistiche esistono duemila e più casi di padri che si trovano in difficoltà economiche dopo un divorzio tormentato. Ma non è di certo con la rigidità di Pillon che la questione può essere risolta, perché una legge che equipara casi diversi tra loro non funziona mai. I dati Istat dimostrano inoltre che la legge 54 ha funzionato eccome, e in pochi anni gli affidi condivisi (possibili in caso di separazione, se non ci sia il rischio di danni per il minore) sono diventati prevalenti nel nostro Paese.

Il senatore Pillon sostiene il contrario, facendo però riferimento a statistiche che sono parziali o sbagliate. Perché quando dice che l’affido condiviso è rimasto sulla carta, mi pare di capire, non considera tali gli affidi a entrambi i genitori con residenza prevalente presso uno dei due, solitamente la madre. Che uno dei due abbia un tale status, per ragioni pratiche, è però inevitabile, così come il fatto che nel 94% delle separazioni l’assegno di mantenimento sia corrisposto dal padre, visto che in Italia molte donne non lavorano o hanno dovuto interrompere la carriera con la nascita del primo o del secondo figlio.

Dovrebbe inoltre preoccuparci e non poco il tema della violenza domestica, perché, l’obbligatorietà del mediatore sarebbe confermata anche nel caso di abusi. Questo costringerebbe donne e bambini ad avere rapporti con un genitore violento per mesi o anni, visto che i tempi della giustizia civile e della giustizia penale sono molto diversi tra loro.

A peggiorare le cose l’atto 45 presentato dalla senatrice Paola Binetti e associato al ddl, che sostituisce la definizione di “sistematicità” di un comportamento violento con quella di “abitualità”, affinché esso sia punibile. Ma in un rapporto violento gli abusi sono sempre intervallati a momenti di pace, chiamati luna di miele. Quel cambio lessicale porta con sé una pericolosissima negazione del fenomeno.

Una cosa deve essere chiara: per Pillon e il suo partito le separazioni e l’affido condiviso sono solo il primo tema all’ordine del giorno. La loro battaglia andrà avanti sulla 194 – il senatore in merito ha detto che bisogna trovare il modo di abolire di fatto l’aborto -, e poi sulle unioni civili, che più di qualcuno nel governo vorrebbe cancellare. Questa maggioranza vorrebbe riportarci indietro di molti anni. Personalmente ho sempre sostenuto che i diritti siano un processo, perché non sono scritti sulle tavole della legge. O li curiamo e li difendiamo ogni giorno, o prima o poi ci sveglieremo che sono svaniti.