‘Élite 5’: stessa storia, stesso posto, stessa tamarraggine | Rolling Stone Italia
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‘Élite 5’: stessa storia, stesso posto, stessa tamarraggine

La formula è sempre la stessa, ovvero il mystery circondato da 'party like there’s no tomorrow'. Eppure, stando ai numeri, pare che ancora una volta abbiano ragione gli spagnoli: la serie è la più vista su Netflix

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Foto: Matías Uris/Netflix

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Nuova stagione su Netflix, nuovo anno scolastico nella scuola madrilena più tamarra della tv e pure nuovi studenti a riempire i buchi lasciati da quelli vecchi che ormai hanno spiccato il volo. Eppure la formula della serie resta sempre – instancabilmente (per chi la scrive, un po’ meno per chi la guarda) – la stessa: una morte da indagare; feste glam dove tutto può succedere; lotta di classe; amori, sì, ma soprattutto altissime dosi di scene hot, e spesso just because. I nuovi episodi non fanno eccezione, con trama scarsina e ripetizione dei punti di forza e debolezze dei precedenti: il mystery contornato da cene eleganti e fieste varie. Di “buono” c’è, almeno, che a ‘sto giro non soltanto non sappiamo chi sia stato a uccidere chi, ma pure chi sia la vittima stessa. Insomma, una variazione sul tema che concentra tutto più sui personaggi. Ma il ciclo infinito di crimini sempre più surreali, insabbiamenti e cadaveri abbandonati è sempre in agguato.

Party like there’s no tomorrow

Le feste super glam, dicevamo. Negli episodi precedenti c’era stata la soirée all’insegna del triangolo tra la marchesina, il suo fidanzato ricco e bisex e il ragazzotto working class con sogni di gloria, e ce ne ricordiamo pure una dove avveniva il fattaccio di stagione, e cioè il famigerato omicidio da risolvere. Ecco, nelle nuove puntate Élite mette in scena il bacanal dei bacanales, come lo chiama il preside-nazi della scuola: suo figlio Patrick organizza una serata in cui tutti sono liberi di provare cose nuove senza etichette né definizioni. A parte l’alto tasso di instagrammabilità che pare uscito da Euphoria, il party però è un po’ fine a se stesso. Certo, lancia un (pur importantissimo) messaggio di fluidità. Qualcuno però magari spieghi agli spagnoli che non deve essere per forza sinonimo di truzzaggine spinta (e, in un altro episodio, l’inclusione di una rassegna di Almodóvar, con tanto di meravigliosa scena di Légami! proiettata sullo schermo del drive in, non fa altro che evidenziare la trasgressione un po’ finta e “a tutti costi” della serie a confronto di quel milieu culturale spagnolo; insomma, non toccate il maestro). Ah, e potevano mancare la festa di San Valentino al neon e la serata ibizenca a base di night club e pasticche?

La regina di Ibiza e il figlio del calciatore

Nella Isla ci finiamo grazie a una delle new entry. Dopo il debutto nella serie, infatti, molti degli interpreti hanno fatto il botto e poi – con i profili social imbottiti di follower – sono andati a cercare fortuna altrove (gli ultimi in ordine di tempo sono Miguel Bernardeau e Arón Piper). Anche perché sarebbe stato ridicolo vederli nel bel mezzo della stessa identica trama a ripetizione. Quindi a Élite serviva un po’ di carne fresca. Letteralmente. In soccorso sono arrivati tali Valentina Zenere nei panni di Isadora, biondissima e coattissima influencer/ereditiera/dj autoproclamatosi imperatrice di Ibiza, e André Lamoglia, aka Iván, figlio convintissimamente etero del calciatore portoghese più famoso del mondo (!). I nuovi arrivati si adattano bene alla cornice eccessiva e contribuiscono non poco al drama. Ma il carisma di altri volti, i cui personaggi sono comunque nominati spesso nelle nuove puntate, latita.

Stesso copione (di altre serie)

Fin dalla prima stagione, Élite era partita come una sorta di The O.C. che incontra Gossip Girl (l’elemento proletario vs gli Upper East Siders spagnoli), con contorno di mistero à la Riverdale. Quindi l’originalità non è mai stata il suo punto forte. Eppure la serie ha intrigato e continua a farlo, a giudicare dalle riconferme, prova tangibile dei numeri che fa sulla piattaforma. Ora però ci si aggiungono anche storyline che paiono uscite direttamente da Tredici, vedi quella sulle violenze subite da una delle protagoniste (no spoiler), che chiaramente si ispira al personaggio di Jessica Davis; e quella di un predatore sessuale (anche qui non anticipiamo troppo) che ricorda Bryce Walker. E poi c’è la storia di Iván, che pare sollevare una critica all’omofobia e una riflessione sui daddy issues non da poco. Peccato che però resti tutto così in superficie da diventare aleatorio e a tratti pure un po’ ridicolo (vedi alcune battute). Eppure, non-sai-come non-sai-perché, alla fine ti trovi ad essere arrivato in fondo anche a questi episodi. E sì, pare che ancora una volta abbiano ragione gli spagnoli: la serie è la più vista su Netflix e la sesta stagione è già stata confermata. Ci auguriamo solo che, dopo aver ripetuto un numero ormai indefinito di anni a Las Encinas, gli agenti di Itzan Escamilla (Samu) gli trovino un altro ingaggio.

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