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Stiamo calmi, nessuno vuole cancellare Mozart

La facoltà di musica dell’Università di Oxford vuole ricalibrare il suo corso di studi rendendolo meno eurocentrico. Il razzismo e la cancel culture non c’entrano nulla

Stiamo calmi, nessuno vuole cancellare Mozart

Mozart ritratto da Johann Nepomuk della Croce

“Quel razzista di Mozart”. “Mozart e Beethoven basta, sono suprematisti: rivoluzione all’Università di Oxford”. “Oxford, dopo l’assalto a Omero se la prendono con Mozart e Beethoven. Maschi, bianchi e europei”. “Neanche Mozart e Beethoven sfuggono alla furia della cancel culture”. Sono alcuni dei titoli di siti e giornali cartacei italiani usciti negli ultimi giorni, da quando cioè è arrivata la notizia circa l’intenzione della facoltà di musica dell’Università di Oxford di ricalibrare il suo corso di studi includendo compositori e stili estranei alla musica d’arte occidentale.

Nessuno sta cercando di cancellare Mozart, né Beethoven. Molto semplicemente, a Oxford vogliono aggiornare il programma di studi musicali rendendolo meno eurocentrico. «Pur mantenendo viva – e non sminuendola in alcun modo – la tradizionale eccellenza della facoltà nell’analisi critica, nella storia e nell’esecuzione di una vasta gamma di musica d’arte occidentale, da Machaut alla sound art (passando per Mozart e Beethoven), stiamo anche offrendo ai nostri studenti l’opportunità di studiare musica non occidentale e popolare da tutto il mondo», si legge sul sito dell’università in un documento diffuso ieri dopo lo scoppio della polemica. Così, per fare un esempio, il corso sulle tecniche compositive sarà arricchito dallo studio di arrangiamento e trascrizione non solo di musiche occidentali classiche, ma anche popolari e non occidentali.

Il tutto è nato da un articolo del Telegraph del 27 marzo intitolato “Musical notation branded ‘colonialist’ by Oxford professor hoping to ‘decolonise’ the curriculum” (si noti il singolare: “un professore di Oxford”). Nel pezzo si rivelava l’esistenza di un piano di riforma del corso di studi undergraduate. Da quanto traspare dal documento citato dal Telegraph, i professori di Oxford pensano che il programma di studi sia basato in modo eccessivo sulla «musica bianca europea del periodo dello schiavismo». Un membro della facoltà, quello del titolo, avrebbe persino proposto di rivedere lo studio della notazione musicale classica in quando «sistema rappresentativo del colonialismo» e «schiaffo in faccia» agli studenti non bianchi. Questo ripensamento, spiega il Telegraph citando il documento di cui è entrato in possesso, sarebbe una risposta «alle manifestazioni di Black Lives Matter».

Le considerazioni fatte da un singolo membro del corpo docente sono quindi state attribuite a un’intera istituzione, che dubito abbia intenzione di abbandonare la tradizionale notazione musicale. Nell’idea di allargare a musiche pop ed extraeuropee il programma di studi – questo sì un’orientamento condiviso dalla facoltà – non c’è niente di scandaloso, né allarmante. Da molti anni è in corso un dibattito anche a livello accademico sull’eccessivo eurocentrismo degli studi e della narrazione sulla musica classica. Negli Stati Uniti, ad esempio, i compositori “colti” neri sono stati marginalizzati e solo negli ultimi anni, grazie anche al lavoro di recupero fatto da critici e giornalisti, se ne è tornato a parlare. Il pensiero che sta dietro alle manifestazioni di Black Lives Matter ha contribuito a rendere tutti (o quasi, a giudicare da certi titoli) più sensibili all’argomento.

Detto in altre parole: finora abbiamo conosciuto solo una parte della storia della musica, la nostra in quanto europei, ma ovviamente c’è molto altro. Gli strumenti sviluppati dalla teoria musicale classica non forniscono una chiave di lettura universale. L’arricchimento di questo set di competenze non ci toglierà nulla, forse ci renderà più consci dell’esistenza di un mondo che va al di là di quello che conosciamo e che è stato codificato duecento anni fa. Magari aiuterà a capire che nella musica è tutto relativo, persino le leggi che la regolano e che pensavano immutabili. Il razzismo e la cancel culture non c’entrano nulla. Mozart è salvo.

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