One Direction, i fenomeni che non hanno lasciato nemmeno una grande canzone | Rolling Stone Italia
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One Direction, i fenomeni che non hanno lasciato nemmeno una grande canzone

Ascesa e declino della boy band di Harry Styles che forse tornerà nel 2020. Il gruppo ha fatto numeri pazzeschi e creato una fan base influente, ma non ha inciso musica solida e senza tempo

One Direction, i fenomeni che non hanno lasciato nemmeno una grande canzone

Gli One Direction (Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Harry Styles) agli American Music Awards, a Los Angeles, nel novembre 2015

Foto: Kurt Krieger/Corbis via Getty Images

Gli One Direction meglio dei Beatles. Calmi, stiamo calmi: non in termini assoluti, ma almeno per quanto riguarda record – e cuori – infranti da Harry Styles, Zayn Malik, Niall Horan, Liam Payne e Louis Tomlinson negli anni ’10 del XXI secolo.

Un paio di esempi per fare abbassare le sopracciglia alzate qua e là. Gli One Direction sono stati la prima band inglese a debuttare al primo posto della classifica americana con il proprio esordio discografico: loro grazie all’album Up All Night sì, i Beatles con Introducing the Beatles no (si fermarono al secondo posto). Sempre negli Stati Uniti, cinque singoli degli One Direction sono entrati direttamente in Top 10, superando i Beatles fermi a quota quattro. Pari invece sul fronte solista, tre debutti ciascuno al primo posto negli Usa: Zayn, Harry e Niall come Paul McCartney, John Lennon e George Harrison.

E ora c’è un altro pareggio: 10 anni di carriera. Nonostante la defezione di Zayn Malik e seppur ibernati dal 2016, gli One Direction non si sono mai sciolti ufficialmente e rispuntano ciclicamente voci di una reunion: è bastato che il webmaster aggiornasse il sito ufficiale del gruppo, aggiungendo semplicemente a pie’ di pagina della home la data 2020, per surriscaldare il loro fandom, le Directioner che li seguono dal 2010, anno della partecipazione all’edizione inglese di X Factor e conseguente esplosione della One Direction Mania. A volte ritornano? Questo decimo anniversario potrebbe essere l’occasione giusta per rivederli insieme. I bookmaker del Regno Unito danno per molto probabile una reunion degli One Direction nel 2020, possibile ma non troppo un nuovo album, improbabile un ritorno di Malik: le quote sono rispettivamente 1-2, 6-4, 5-2. Ma ora basta dare i numeri e facciamo qualche passo indietro.

Ci aveva visto lunghissimo Simon Cowell, l’ideatore di X Factor UK. Alle audizioni da solisti, Harry Styles aveva cantato Isn’t She Lovely? di Stevie Wonder; Zayn Malik Let Me Love You di Mario; Liam Payne Cry Me a River di Arthur Hamilton; Louis Tomlinson Hey There Deliah dei Plain White T’s; Niall Horan So Sick di Ne-Yo. Teneri, tenerissimi. Anche molto bravi, ma non abbastanza per superare i boot-camp in solitaria nella categoria “boys”. Messi insieme come gruppo, invece, erano una bomba a orologeria e, una volta confezionato l’ordigno, mastro Cowell e i ragazzi hanno davvero fatto il botto.

Teenager puliti, belli ma non impossibili, apparentemente alla portata di tutti, di tutte. Una validissima boy band, ma con una carta da giocare che nessun altro loro collega aveva avuto in precedenza: la forza dirompente del marketing digitale, l’amplificazione dei social network che ha permesso agli adolescenti One Direction di relazionarsi direttamente e in tempo reale con le proprie fan coetanee, superando così ogni confine.

Questi i dati odierni degli account del gruppo, fermi dal 2018: 36 milioni e passa di fan su Facebook, 30 milioni e mezzo di follower su Twitter, oltre 17 milioni su Instagram. Un coinvolgimento costante delle fan impensabile ai tempi dei Take That, figuriamoci all’epoca di Paul, John, George e Ringo. Ecco dunque come hanno fatto gli One Direction a diventare più famosi dei Beatles, almeno per qualche anno.

#ProjectNoControl, per esempio, è stato un hashtag lanciato su Twitter dalle Directioner. L’obiettivo era portare in classifica No Control, una canzone di Four, il quarto album degli One Direction, l’ultimo con Zayn Malik. Da quel disco l’etichetta discografica aveva tirato fuori solo due singoli, non abbastanza per le fan che si sono fatte carico della promozione del tanto amato pezzo con una campagna partita da Tumblr. Risultato dell’operazione fai da te dopo il #NoControlDay e milioni di tweet: canzone in rotazione alla radio, tripudio su YouTube per il videoclip montato da un fan e l’intero album di nuovo in classifica.

Ma i social network sono un’arma a doppio taglio, il rinculo è micidiale. Quando Zayn Malik ha usato l’hashtag #FreePalestine, gli insulti e gli inviti al suicidio ricevuti sono stati enne-mila e infatti, di origini pachistane, nato e cresciuto musulmano, da allora si è guardato bene dall’esporsi ulteriormente sia sulla questione palestinese che sulla religione in generale.

In passato, alcune fan degli One Direction non hanno badato troppo alla privacy dei loro idoli, prendendosela anche con la concorrenza vincente, ossia le loro fidanzate: tornando al 2012, c’è la storia di Emily Ostilly, ex ragazza di Harry Styles costretta a lasciare Twitter dopo le reazioni non propriamente oxfordiane di una serie di Directioner, gelose della liaison tra i due. E a proposito di relazioni, l’amicizia tra Harry Styles e Louis Tomlinson è stata messa a dura prova nel corso degli anni dalle voci di un amore tra i due compagni di band, coppia gay battezzata Larry Stylinson dal versante più fantasioso delle Directioner, gossip cresciuto tra fan fiction e social network, tornato peraltro recentemente in voga grazie a un episodio della serie tv Euphoria e degenerato in teorie complottiste secondo cui il figlio avuto da Louis nel 2016 non esisterebbe affatto. Da questo punto di vista, non abbiamo dubbi: meglio, molto meglio pensare a Paul McCartney morto e sostituito da un sosia.

“Boom, boom, boom”. In un’intervista a Vogue, Zayn Malik ha riassunto così l’ascesa e il declino degli One Direction. “Siamo passati dai locali ai palazzetti agli stadi senza vere fasi intermedie. Credo che un’evoluzione del genere sia una bella botta per chiunque, figuriamoci per un ragazzo di 17 o 18 anni. Ognuno la prende a modo suo, soprattutto se ci sono in ballo cinque personalità diverse. E le relazioni si sfaldano”.

La storia si ripete, o quasi. Durante la finale di X Factor, gli One Direction avevano duettato proprio con Robbie Williams, l’artista che una quindicina di anni prima aveva lasciato una delle più grandi boy band degli anni ’90, i Take That. Robbie che, qualche tempo dopo, aveva puntato tutto su Harry Styles come membro degli One Direction che avrebbe mollato prima degli altri, non centrando pienamente il bersaglio ma andandoci molto vicino. Non è stato Harry a dire addio per primo, bensì Zayn. Scusa ufficiale nel bel mezzo di un tour: soffro lo stress, e tanti saluti al resto della boy band.

Ma sembra proprio Harry Styles il Robbie Williams di turno: considerando le carriere soliste degli ormai ex compagni di band – Zayn, Liam, Louis, Niall – la vera pop star è lui. Harry come lo zio Robbie, che si era lasciato alle spalle il bravissimo Gary Barlow, il bel Mark Owen e gli altri due fusti, Jason Orange e Howard Donald. Perché alla fine ne resterà soltanto uno. Un altro esempio di survival of the fittest? Gli ’N Sync e Justin Timberlake. E mettiamoci anche un precedente al femminile: le Destiny’s Child e Beyoncé.

Con il suo secondo album, Fine Line, Harry Styles ha bissato il successo del proprio esordio solista (primo negli USA, terzo in UK), eclissando il resto degli One Direction. Tutti amano Harry, tutti lo vogliono. Affascinante, discreto, gender fluid ma non troppo, dai gusti musicali raffinati, piace non solo alle ormai cresciute Directioner, ma piace anche alla ben più adulta gente che piace, dal direttore creativo di Gucci Alessandro Michele alla voce dei Fleetwood Mac Stevie Nicks, che di Harry è ormai diventata una sorta di madrina. Zayn Malik, con il secondo album solista Icarus Falls, non si è minimamente avvicinato al trionfo del proprio debutto, Mind of Mine. Tra un disco e l’altro sono passati meno di due anni e, sicuramente, si parla di lui più per via del secondo capitolo della sua storia d’amore con Gigi Hadid che per la sua musica. Nel 2019, le uscite discografiche degli altri One Direction sono state tutte deludenti: guardando le classifiche UK, Niall Horan è entrato al 51esimo posto con Nice To Meet Ya, ed è quello che è andato meglio, a parte Harry Styles. Stack It Up di Liam Payne si è fermata all’84esimo posto mentre Kill My Mind di Louis Tomlinson non è neanche entrata subito in Top 100. Le Directioner cresciute e rimaste fedeli sono sempre vivaci sul fronte social, ma non abbastanza forti per spingere i loro idoli con il motore in panne.

Sarà una coincidenza, ma anche X Factor, il talent show che ha inventato gli One Direction, è in panne: dopo anni di furore, il format fatica a stare in piedi ovunque. Ed è più che in panne Twitter, il social network che più ha contribuito all’ascesa di Harry, Liam, Zayn, Louis e Niall (e venne TikTok, che si mangiò Instagram, che si mangiò Snapchat, che si mangiò Twitter, eccetera eccetera).

Sono in panne anche le boy band, in generale? Forse, ma è certamente cambiata la geo-politica del fenomeno. Dal 2010 a oggi, tra Europa, Stati Uniti e mondo occidentale, nessun gruppo di teen idol si è avvicinato alla fama degli One Direction: non ci sono riusciti The 1975, non ci sono riusciti i 5 Seconds of Summer, non ci sono riusciti i PrettyMuch, altro gruppo creato in laboratorio dal solito Simon Cowell che, insieme a Ricky Martin (en passant, pure lui sopravvissuto a una boy band, i Menudo), ha sfornato anche i CNCO, versione latino-americana degli One Direction usciti da un altro talent show, La Banda.    

Nel novembre 2018, uno dei record ottenuti dagli One Direction è stato stracciato da una boy band sudcoreana, i BTS. Il loro film evento Burn the Stage: The Movie ha incassato negli Stati Uniti 1,2 milioni di dollari durante il primo giorno al cinema e un totale di 3,54 milioni per tutto il weekend in sala. Più di quanto avevano fatto nel 2014 gli One Direction con il film documentario Where We Are. E in un anno i sette BTS – noti anche come Bangtan Boys – hanno avuto ben tre album al primo posto in classifica negli Stati Uniti: un altro record dei Beatles eguagliato. BTS Army – l’esercito dei Bangtan Boys, così si chiama il loro fandom – sembra avere raccolto il testimone dalla Directioner e i BTS sono solo la vetta di una montagna fatta di boy band K-pop alla conquista dell’Occidente. Sold out a New York, sold out a Londra. Più che un ricambio generazionale, una svolta epocale per music business e industria dello spettacolo.

“Ascolteresti la musica degli One Direction a una festa in compagnia della tua ragazza? Io no”, diceva Zayn Malik in un’intervista a Rolling Stone dopo la sua dipartita dal gruppo.  Quelle degli One Direction erano canzoni pop per adolescenti, singoli bubblegum, un suono che è poi sconfinato nel rock con il terzo disco Midnight Memories (il pezzo che dà il titolo all’album tanto deve a Pour Some Sugar on Me dei Def Leppard) e con il singolone di beneficenza One Way or Another / Teenage Kicks, medley delle due hit di Blondie e Undertones.

Ecco gli unici ritornelli memorabili degli One Direction, ecco perché non sono minimamente paragonabili ai Beatles, ecco la differenza tra solito entertainment figlio del proprio tempo e solida arte senza tempo: al netto dell’amore incondizionato delle proprie fan che li hanno resi il più grande gruppo pop degli anni ’10 del XXI secolo, gli One Direction non sono riusciti a pubblicare neanche una canzone sedimentata nell’inconscio collettivo, un pezzo che rimarrà per sempre, ovunque e non solo nei ricordi adolescenziali di una Directioner cresciuta con loro e in trepidante attesa di una reunion monca che chissà se ci sarà mai.

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