L’Italia che ascolta musica ama l’autarchia e odia le band | Rolling Stone Italia
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L’Italia che ascolta musica ama l’autarchia, odia le band e non premia le donne

Ecco che cosa abbiamo imparato guardando le classifiche di fine anno degli album e dei singoli diffuse dalla Federazione Industria Musicale Italiana

L’Italia che ascolta musica ama l’autarchia, odia le band e non premia le donne

Salmo nella locandina che pubblicizza il suo concerto a San Siro

La musica internazionale non ci interessa. Le donne, poche e rigorosamente accompagnate. Le band? Dio vi scampi dal formarne una: se avete amici, limitatevi ai featuring. Se volete pubblicare qualcosa, fatelo all’inizio dell’anno, lasciate perdere il mercato natalizio, non c’è più. Ultimo è primo, il rap è secondo, e terzo, e quinto. Tra i singoli, tsunami di canzoni estive. I talent, veramente male. Sanremo piuttosto bene.

Cosa ce lo fa dire? Stanno arrivando le classifiche di fine anno della FIMI, e queste sono le prime piccole deduzioni davanti alle top ten degli album e singoli più ascoltati nel 2019. Ricordiamo (è sempre bene) che le charts annuali non sono IL TUTTO. Anche per i criteri con cui sono fatte, che non saranno mai perfetti malgrado la buona volontà di tutti, e da che mondo è mondo offrono sempre il fianco a discussioni (c’è chi si lamenta che manca YouTube, chi si chiede perché si conta solo lo streaming a pagamento, chi sostiene che i cd costano di più e dovrebbero pesare di più, chi dice che non tutti i brani di un album dovrebbero essere singoli…). E ricordiamo soprattutto che sotto i primi dieci, ci sono altri novanta album e novanta singoli, e magari ci raccontano tutt’altro. Quindi per il momento tagliamo corto, e arriviamo al dunque.

Anzi, no. Prima, un’avvertenza.

L’avvertenza. Questa è un’analisi vagamente tecnica, quindi certe fanbase sono pregate di non dare di matto se si fanno notare certe cose. Ricordiamo che il principio base è che tutti gli artisti sono straordinari e mitici, e noi non siamo degni. Quindi, se facciamo notare qualche dettaglio è solo per dare una dritta a chi volesse pubblicare un singolo o un album nel 2020.

Per esempio. Possiamo notare che sia tra gli album che tra i singoli brani, che chi esce prima ha più probabilità di essere in classifica. Sembra banale, ma l’accumulo dei numeri nell’era dello streaming ha ribaltato le vecchie certezze, ovvero che convenisse uscire sotto Natale (infatti, si arrischiano a farlo quasi solo i big ai quali del prestigio della classifica frega relativamente). Per fare un esempio, È sempre bello pubblicata da Coez l’11 gennaio 2019 ha avuto 354 giorni di tempo per tirare su ascolti, e diciamo che è una mossa avveduta. Ma in generale, tra i singoli tutti i pezzi risalgono al primo semestre, quello uscito più tardi è l’unico pubblicato in giugno, ovvero Una volta ancora di Fred De Palma featuring Ana Mena. Nella classifica c’è una sola canzone uscita nel tardo 2018, è il remix di Calma con Farruko.

La classifica annuale Top Of The Music Fimi/GfK copre il periodo dal 28 dicembre 2018 al 26 dicembre 2019

Chi c’è e chi non c’è. L’inclinazione delle classifiche per il primo semestre contribuisce in parte a presenze un po’ impreviste (l’album di Fedez era stato giudicato da più parti un mezzo flop commerciale, e forse anche Start di Ligabue era stato preso un po’ sottogamba) e assenze di peso a partire da tha Supreme, ma anche canzoni che sembravano letteralmente ovunque quest’anno, come Dance Monkey, Bad Guy o Old Town Road, megahit internazionali che forse non sono entrate nelle playlist giuste. Interessanti anche le assenze di personaggi che sono stati più che presenti nel panorama musicale del 2019, basta dire Sfera Ebbasta.

I generi. Tra i singoli, il dominio delle hit balneari è impressionante, ma non nuovo: anche negli anni scorsi, l’ascolto furioso di (stupende!) canzoni da spiaggia aveva portato ai n. 1 di Amore e capoeira (2018) e Despacito (2017). Tra gli album invece solo Ultimo impedisce un podio tutto rappuso: senza di lui, sarebbe occupato da Salmo, la Machete Crew e Marracash. Ultimo sembra il nuovo alfiere di un pop al maschile che comunque tiene bene in classifica, come dimostrano Tiziano Ferro e Marco Mengoni. Però è anche l’unico nome nuovo nella top 10 degli album. Tra l’altro il suo Peter Pan compare per due anni consecutivi. Non è il solo, ma gli altri hanno usato un piccolo trucco.

Usato sicuro. Tra gli album, le versioni “reloaded” sono molto utili a Salmo e Mengoni per rimanere nelle zone alte con dischi pubblicati nel novembre 2018. In compenso, solo due big come Marracash e Tiziano Ferro rompono il monopolio degli album pubblicati nel primo semestre o anche nel 2018 (anche se per amor di precisione, Machete Mixtape era fuori il 5 luglio).

Sovranismo. Tra gli album del 2018, spicca l’unico non italiano, nonché l’unico di una band, nonché l’unico in lingua inglese. Tre primati che tuttavia non depongono granché a favore della nostra attuale apertura nei confronti della musica internazionale, visto che si tratta della colonna sonora di Bohemian Rhapsody. In compenso, Portorico batte UK e USA: nessuna bandiera a stelle e strisce, solo quella dei giovani Queen per il Regno Unito, mentre Pedro Capó e Daddy Yankee, con tutta la Calma del mondo, sono in top 10 tra i singoli.

Talent e altri show. Tra i partecipanti ai talent, abbiamo forse la peggior performance di sempre. Ci si attacca al solito Marco Mengoni, perché latitano le giovani star di Amici e X Factor (in questo caso, consideriamo il 2018, visto che lo show si conclude a dicembre). In compenso, benone Sanremo, con Mahmood, Boomdabash e Ultimo in classifica.

Minoranze, ovvero: donne. I tempi delle divas sono decisamente finiti: nessuna nella classifica degli album, tra i singoli solo un flirt estivo tra la nazione e Giusy Ferreri e Ana Mena, rigorosamente in featuring. Evidentemente gli italiani stanno con Francesco Renga e il suo parere sulle voci femminili.