‘Flop’ è il manifesto di Salmo contro l’hip hop usa e getta | Rolling Stone Italia
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‘Flop’ è il manifesto di Salmo contro l’hip hop usa e getta

Se un album rap atteso non va al primo posto, è un flop. In un mondo così, Salmo rivendica la libertà di dire cose che non piacciono a tutti. Il suo «disco peggiore» è migliore dei dischi migliori degli altri

‘Flop’ è il manifesto di Salmo contro l’hip hop usa e getta

Salmo al Water World Music Festival

Foto: Gabriele Micalizzi

Tra gli addetti ai lavori nella musica, negli ultimi anni, serpeggia una battuta che purtroppo ha il sapore di una profezia auto-avverante. Ogni volta che esce – o sta per uscire – un album rap mediamente atteso, si dice con un mezzo sorriso ironico che se non raggiungerà la vetta della classifica FIMI la settimana dopo, vuol dire che sarà un flop. È lo specchio di come ancora oggi, trent’anni dopo lo sbarco del rap in Italia e più di cinque anni dopo che si è imposto come il genere più amato, molti considerano il genere: una musica usa e getta, buona giusto a fare cassa ed essere consumata e poi accantonata il più velocemente possibile, per fare spazio a un altro prodotto analogo. E a volte ti verrebbe anche da dare ragione a queste persone: c’è una larga fetta di dischi che è facile dimenticare dopo il primo ascolto. E, fatto ancora più grave, un’altrettanto larga fetta di progetti che meriterebbero ben più di un ascolto, ma nella saturazione del mercato attuale cadono ben presto nel dimenticatoio.

È anche in quest’ottica che andrebbe letto Flop, il nuovo album di Salmo, pubblicato venerdì scorso dopo una campagna che, più che ironica, si potrebbe definire dissacratoria: il motto «il mio disco peggiore», angeli caduti arrivati direttamente da quadri ottocenteschi, effetti spettacolari in 3D su cartelloni magniloquenti, a servizio di un progetto che non è stato spiegato né commentato, e che per scelta dell’autore non è stato accompagnato da interviste o altre forme di decodificazione. Oltretutto, Salmo sembra immune al flop in qualsiasi sua forma e dimensione: i suoi album sono sempre andati benissimo, raccogliendo la stima del pubblico, della critica, dei colleghi (non solo rapper ma anche musicisti in senso lato). Manifesta una personalità unica in tutto ciò che fa, fin dai suoi primissimi lavori, e vanta molteplici tentativi di imitazione, tutti falliti.

Parlare di flop, insomma, nel suo caso sembra una sorta di clash comunicativo, ma solo in apparenza, perché se c’è una cosa che Salmo non ha mai provato a fare è conquistare il pubblico del pop e men che meno piacere a tutti. Musicalmente, ma anche umanamente, come è ormai chiaro anche dalle note vicende di quest’estate. E non ci prova neanche questo disco, che è orgogliosamente rap, nonostante le molteplici influenze rock che fanno parte del suo background. Ovvero, un progetto difficilmente spiegabile a chi è al di fuori di un certo mondo e di una certa cultura di fondo.

Dovrebbe essere chiaro fin dalla primissima traccia del disco, che non a caso è intitolata Antipatico. Si apre con barre dedicate a trapper figli di papà e finti gangsta (per eleganza non facciamo nomi, ma è abbastanza facile identificare a chi potrebbe riferirsi): “Ti giuro, non capisco questi ragazzini ricchi / Con la smania per le armi mentre sparano a salve / Immagino fucili tra le mani dei tuoi figli / Quando parte un colpo in canna dritto sulle tue palle”. Prosegue con una serie di omaggi molto specifici ad alcune colonne portanti del rap italiano anni ’90: Neffa (“È il ritorno del Salmone sulla traccia / Il tipico stile del tipitichititichitibum”, parafrasando la sua In linea) e Bassi Maestro (“Rappo così classico che, fra’, mi chiama Bassi / E dice che ‘sta merda è così classic”, dal titolo di un suo celebre album, Classico). Tutto l’album è disseminato da citazioni hip hop della cosiddetta golden age italiana, da L’angelo caduto che cita Chi ti ricordi per sorridere (brano incluso in un misconosciuto mixtape della crew di Fabri Fibra, Teste Mobili), a Flop! in cui il chiarissimo riferimento è a Dio lodato di Joe Cassano.

In generale, insomma, si può dire che Flop sia costituito da una serie di pezzi in puro stile hip hop: di quelli che apparentemente non dicono niente, ma rima dopo rima dicono tutto. Su come Salmo la pensa, su come vive la sua vita e la sua musica, su cosa lo ha formato e perché. E se non lo capite, è un problema vostro, in fondo: perché Salmo dovrebbe spiegarvelo? È un album che predica ai convertiti veri, e non a quelli che si sono convertiti per moda. E siccome i convertiti veri sono sempre stati pochi, rispetto alle masse che oggi invadono ogni evento rap della penisola, magari questo disco andrà peggio dei precedenti, chissà: ma onestamente ne dubitiamo, perché è come sempre un ottimo lavoro, e come sempre sta parecchie spanne sopra la media nazionale. Con buona pace di chi dà l’hip hop per spacciato ogni venerdì, all’uscita delle classifiche settimanali.

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