BTS, la recensione di 'Map of the Soul: 7' | Rolling Stone Italia
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C’è crisi, ma non per i BTS

I fenomeni del K-pop sono tornati con ‘Map of the Soul: 7’, un concept ambizioso che è stato comprato da tre milioni di persone in una sola settimana di prevendita

C’è crisi, ma non per i BTS

I BTS

Non abbiamo mai visto niente come i BTS. I re del K-pop hanno portato il suono di Seoul in cima alle classifiche americane senza fare nessuno dei soliti compromessi: nessun singolo crossover in lingua inglese, nessuna hit ridicola, nessun duetto con qualche celebrità. Persino Halsey, in Boy with Luv, ha dovuto cantare in coreano, e la canzone ha comunque conquistato la Top 10. Hanno invaso l’America a modo loro, riempiendo gli stadi senza annacquare neanche un singolo dettaglio del loro suono o stile. Al contrario, questi ragazzi lasciano che sia il mondo a cercare di uniformarsi. Qualunque saggio osservatore dell’industria gli avrebbe detto che la loro era un’impresa impossibile. Invece, i BTS hanno dimostrato che avrebbero avuto tutti torto, dando inizio a un fenomeno del pop del tutto nuovo. Nessuno, ora, fermerà i ribelli di Seoul.

Ogni anno RM, Suga, Jin, Jungkook, Jimi, V, e J-Hope fanno una breve comparsata sul palco dei Grammy, poche settimane fa con Lil Nas X per Seoul Town Road, l’anno scorso con Jolene di Dolly Parton. Entrambe le volte hanno rubato la scena a tutti gli altri. Ma quello che rende i BTS un grande gruppo pop è la loro capacità di essere sempre più ambiziosi. Questi tizi sono specializzati in concept album ispirati a Herman Hesse e Carl Jung. Sono una boy band che cita Nietzsche e Justin Bieber. In Map of the Soul: 7, sembrano un gruppo di idoli al livello di Kiss e Wu-Tang Clan, e ognuno dei membri del gruppo ha un universo personale in costante espansione (RM è il loro Gene Simmons, J-Hope è probabilmente come Ace Frehley, ma potremmo andare avanti tutto il giorno).

Map of the Soul: 7 è il loro album migliore, una dimostrazione di maestria, di capacità di destreggiarsi tra generi diversi, dal pop al rap fino alle ballate, l’elettro-disco svedese e le filosofate prog. I sette BTS suonano insieme da sette anni, e questa coincidenza li ha ispirati a scrivere canzoni che raccontano il loro percorso e cosa si aspettano dal futuro. Alcune facevano già parte del teaser EP Map of the Soul: Persona, come l’hip hop di Dionysus e la sorprendente collaborazione con Ed Sheeran Make It Right. In Intro: Persona, RM racconta di quando sognava di essere un supereroe. Ora che lo è diventato, si rende conto che il suo lavoro è appena cominciato.

In un viaggio esagerato di oltre 74 minuti, gli esperimenti stilistici si mescolano insieme alla perfezione, ed è per questo che le canzoni di Persona suonano meglio nel loro contesto: i BTS funzionano meglio all’interno di un’ampia cornice tematica. Giocano con la loro storia, come succede in ON, il duetto con Sia che ribalta la hit del 2013 NO. In Louder Than Bombs (scritta insieme a Troye Silvan) mescolano tutte le loro influenze in una ballata emozionante che dà spazio sia alle armonie in falsetto che alle rime di RM: “Baby, I’m nothing-er than nothing / Brighter than the light”. Black Swan e 00:00 (Zero O’ Clock), sono confessioni vulnerabili dei loro dubbi e delle loro paure. Ancora meglio, Moon è una piccola perla per chitarra che sembra scritta dagli Smiths: una cosmic love song per una ragazza lunare che incarna tutte quelle del pubblico.

We Are Bulletproof: The Eternal, è un’altra hit invincibile, mentre in Friends V e Jimin mescolano i loro stili vocali, raccontando come sono diventati anime gemelle del pop (ai fan dell’r&b anni ’90 ricorderà il duetto di Missy e Aaliyah in Best Friends).J-Hope, il ballerino più acrobatico del gruppo, sorprende tutti con il momento più sorprendente del disco: l’autobiografica Outro: Ego, in cui, sopra un sample dall’album di debutto *2 Kool 4 Skool*, J-Hope si domanda quanto sia stata orrenda la sua infanzia per fargli sognare il successo. Poi ammette che “balla per inseguire dei fantasmi”.

Il climax, però, è l’audace Interlude: Shadow, in cui Suga racconta i sogni della sua gioventù, intonando: “I wanna be a rap star / I wanna be the top /I wanna be a rock star / I want it all mine”. Suga racconta i pericoli della fama, si immagina disperso nello spazio, fermo a osservare il suo corpo sulla Terra. Tutte le sue voci, dal sussurro al timbro più arrogante, si mescolano insieme, alterando coreano e inglese. È la sua Space Oddity, la sua Rocket Man. È un esempio di cosa sanno creare i BTS alla massima potenza: momenti pop tanto intimi e personali quanto esuberanti e universali.

 

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