David di Donatello 2021: il meglio e il peggio della serata | Rolling Stone Italia
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David di Donatello 2021: il meglio e il peggio della serata

La consacrazione di Matilda De Angelis, il colpo di mano di Checco Zalone, l’emozione della divina Sophia, gli appelli di Elio Germano e Picchio Favino. E un solo premio a ‘Favolacce’ (vergogna!). In una corsa forsennata: pure troppo

David di Donatello 2021: il meglio e il peggio della serata

Matilda De Angelis, Elio Germano e Sophia Loren ai David 2021

Foto: courtesy of David di Donatello

La serata in cui Volevo nascondermi di Giorgio Diritti ha sbancato (a sorpresa, ma non troppo) è stata la solita cerimonia all’italiana, ma con un ritmo che guardava agli ultimi Oscar ammerigàni. Tra sorpresone (vedi alla voce: Laura vs. Checco), incursioni in stile “pro loco” (c’è un Ministro della Cultura in sala?) e tanta emozione post-lockdown (evviva!), ecco il best e il worst dei David 2021.

Meglio: Matilda 6 mitica

Dopo aver conquistato mezzo mondo con The Undoing – Le verità non dette, Matilda è tornata a casa, a Bologna, per L’incredibile storia dell’Isola delle Rose. E, dopo la consacrazione pop con Sanremo, è arrivato anche il David (noi l’avevamo detto qui) alla seconda candidatura (la prima era per il suo debutto Veloce come il vento). La matildadeangelistudine (aka quel misto di essenza da diva supercool e spirito intatto da punkettona bolognese, leggete qui) ha colpito anche sul palco dell’Academy italiana: «Ma voi siete pazzi, in 15 secondi mi vengono in mente solo parolacce!». Vabbè, Matilda rulez.

Peggio: L’opening

Dopo il Golden Globe (vinto) e l’Oscar (mancato), inevitabile che fosse Laura “Orgoglio Italiano” Pausini ad aprire la serata con la sua Io sì (Seen). Inappuntabile come sempre la performance (il colpo di scena sarebbe arrivato dopo: vedi più avanti), e bella la scelta come location del Teatro dell’Opera di Roma, che sarebbe rimasto la “casa” dei candidati ai premi tecnici per tutto il corso della serata. Ma la registrazione del brano, la cui messa in onda è stato l’evidente frutto del montaggio di più take, ha tolto un po’ di emozione, rendendo la partenza dello show piuttosto freddina. E poi è arrivato il Ministro della Cultura Dario Franceschini ad aggravare la situa: tra le prime parole pronunciate sul palco, «i nostri protocolli di sicurezza imitati in tutto il mondo». Non esattamente quello che uno vorrebbe ascoltare nel momento della (sospiratissima) ripartenza.

Meglio: Il colpo di mano di Checco

«Se lo sapevo, venivo». E poi va a svegliare la moglie che dorme: «Ho vinto». Ma lei continua a dormire: «Non gliene frega niente». Vero? Falso? Chissà. Checco è Checco, e si porta via la serata (mandando in tilt pure Twitter). Tutti si aspettavano che il premio per la miglior canzone originale andasse a Laura Pausini, e invece il colpo di mano di Luca Medici è stata la vera sorpresa della serata. L’onda lunga dell’instant-tormentone di Tolo Tolo si è fatto sentire anche a più di un anno di distanza: a risentirla, ci siamo ricordati anche noi che è un vero capolavoro. Nessuno ci crede (che ha vinto), lui sì (o forse nemmeno). Ed è bellissimo così.

Peggio: Il ritmo (che vuò fa’ l’americano)

D’accordo, ormai l’abbiamo imparato: le cerimonie di premiazione sono sempre una mattonata nelle… sì, quelle. Ma ‘sta corsa forsennata ci ha messo l’ansia. I David 2021 volevano imitare i primi Oscar pandemici: low profile, poche clip e spettacolo “ribaltato”. Solo che là c’era Steven Soderbergh, qua no. Quindi, alla fine, un po’ ce l’hanno fatta (abbiamo assistito ad annate ben più noiose), un po’ hanno ingarbugliato tutto a caso – i premi più “pesanti”, da quelli all’attore/attrice alla statuetta per la miglior regia, sono stati infilati in mezzo alla cavalcata – e non si è lasciato nemmeno il tempo per le emozioni. Tanto che è stato lo stesso Carlo Conti a ricordare ai premiati che potevano (dovevano) emozionarsi, oltre a chiamare le standing ovation quando non partivano da sole. E poi subito seduti: la corsa doveva ricominciare.

Meglio: La storia del cinema italiano, Sophia e Sandrocchia

Settimo David su sette candidature (senza contare altri riconoscimenti speciali e targhe) per la Sophia nazionale. Che pareva davvero sorpresa quando hanno annunciato la sua vittoria per La vita davanti a sé e commossa per la standing ovation (l’unica non chiamata da Conti) della sala. Avvolta in un glamourissimo abito blu elettrico lucciccante, ha inforcato gli occhiali e ha attaccato: «La prima volta che ho ricevuto un David era 60 anni fa, l’emozione è la stessa, la gioia è la stessa». Poi la dichiarazione d’amore al suo mestiere: «Forse questo sarà il mio ultimo film, non lo so, ma ho ancora voglia di farne un altro con una storia meravigliosa, perché io senza il cinema non posso vivere». E la chiusa, mentre il figlio Edoardo Ponti la prendeva sotto braccio, è avvenuta con una battuta da vera pro: «Non posso prendere il premio qui perché se no cado, io e il premio». Il momento dedicato a un altro pezzo di storia del nostro cinema, Sandra Milo, invece è stato imbarazzante: perché gestito di corsa, senza manco una clip dedicata all’attrice alla luce del David alla carriera. Per fortuna ha salvato tutto la leggerezza di Sandrocchia in rosso fiammante: «Ringrazio il mio agente perché gli agenti non li ringrazia mai nessuno» (!), poi un saluto ai figli (Ciro!) e un finale che punzecchia l’Academy: «Non è mai troppo tardi per ricevere un premio». Ecco.

Peggio: La “tassa” Brignano

Esiste, oggigiorno, un programma Rai privo di comparsata di Enrico Brignano? Ormai pare una tassa obbligatoria da pagare, più del canone. Il mattatore (così lo chiamano) era ai David per omaggiare il suo maestro Gigi Proietti: e andava benissimo, anche se forse avremmo preferito un altro allievo. Ma, come sempre, ci ha dovuto mettere le sue battute genericissime, da stand-up alla romana (di una volta): «Dovevo andare a Rai Yoyo, così almeno mi davano un pupazzo», e avanti così. Scusaci, Gigi.

Meglio: Le emozioni

Siamo pur sempre in prima serata su Rai 1, e le emozioni (quelle da copione e quelle – per fortuna – più spontanee) sono il pane della cerimonia: della seconda categoria facevano sicuramente parte le parole di Monica Bellucci, meravigliosa e commossa in collegamento da Sofia per il suo David speciale, mentre si augurava che «l’arte possa trovare nuova vita», ma soprattutto – core de mamma – rivolgeva un pensiero alle figlie Deva e Léonie. Momento tenerezza inaspettato anche per Pietro Castellitto, (annunciato e strameritato) miglior regista esordiente, che dopo un «i premi fanno piacere, le sconfitte fanno creare», ha mandato «un abbraccio a mamma e un bacio a papà». Elio Germano ha chiamato per nome tutti coloro che lo hanno aiutato a costruire il personaggio di Antonio Ligabue per Volevo nascondermi, e ha dedicato il suo premio «ai lavoratori e alle lavoratrici dello spettacolo, a tutti gli artisti, soprattutto quelli dimenticati». Un altro appello civile, per così dire, è arrivato da “Picchio” Favino: «Vorrei che si insegnassero il cinema e il teatro nelle scuole italiane. Che gli studenti prendessero in mano una cinepresa, che si insegnassero tecniche teatrali per imparare di nuovo a stare insieme. Non al pomeriggio però, la mattina nelle ore di lezione. Perché i ragazzi facciano dei film nuovi, d’altra parte il miglior intervento della serata l’ha fatto una bambina». Quella bambina si chiama Emma, è la figlia di Mattia Torre, prematuramente scomparso nel 2019, ed è salita sul palco insieme alla madre Francesca per ritirare il riconoscimento al papà per la miglior sceneggiatura originale di Figli: «Volevo fare i complimenti a mio padre che ha vinto il premio anche se non c’è più», e ringraziare una per una le tante persone che le sono state vicine. «Dedico il premio al mio fratellino Nico, che mi fa ammazzare dalle risate, e a mia mamma, che non si arrende mai. Questo film parla di famiglie sole e bambini, ringrazio le ostetriche che li fanno nascere, e i medici e gli infermieri, che si impegnano a non far volare via le persone. Bravo papà». Lacrimucce. Tra un premio e l’altro, Andrea Morricone dirigeva l’Orchestra Roma Sinfonietta sulle note dei più celebri temi composti dal padre Ennio. Tutto (emozionalmente) torna.

Peggio: Solo un premio a Favolacce dei D’Innocenzo: vergogna!

Onore a Volevo nascondermi, non fraintendeteci. Però vedere Favolacce dei Fratelli D’Innocenzo portare a casa solo il premio per il montaggio pare davvero surreale. Perché l’opera seconda dei gemelli è un film prezioso, che non ha paura di essere duro come la realtà restando però visionario come il cinema più puro. E capace di mettere insieme un cast clamoroso di attori (vedi Germano, ma anche Gabriel Montesi e Barbara Chichiarelli) e meravigliosi interpreti bambini splendidamente diretti, e di diventare cult nonostante la difficile (immaginiamo) decisione di farlo uscire in streaming a causa del Covid. Ma niente paura, è solo l’inizio per Damiano e Fabio. Doveva essere l’anno dei “fratellacci”, noi continuiamo ad essere fermamente convinti che lo sia. E, comunque, ci rivediamo nel 2022. Daje.