David di Donatello 2019, il meglio e il peggio della serata | Rolling Stone Italia
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David di Donatello 2019, il meglio e il peggio della serata

La cerimonia non è stata all'altezza dei premi, dello sforzo innovatore dell'Accademia e del cinema italiano in generale. Ma ci sono stati alcuni bei momenti (spoiler: su tutti Tim Burton e Alessandro Borghi)

David di Donatello 2019,  il meglio e il peggio della serata

Alessandro Borghi con il David di Donatello come miglior attore

Foto: Franco Origlia/Getty Images

Ci eravamo preparati alla 64esima cerimonia dei David sentendo già la mancanza di Valeria Bruni Tedeschi con la certezza matematica che nessuno dei premiati di quest’anno avrebbe ringraziato la sua psicanalista, l’amica che le aveva dato la focaccia da mangiare a scuola o Chopin, ma poi è arrivata sul palco la splendida Elena Sofia Ricci, che ce l’ha fatta rimpiangere un po’ di meno.

Il problema è che la serata non è partita nei migliore modi, anzi, è iniziata proprio male. Non si possono aprire gli italianissimi David con un montaggio dei migliori film italiani dell’anno sulle note di We are The Champions. Basta Queen, vi prego, pietà. E poi un po’ meno scontati, please. Come se non bastasse, Carlo Conti entra indicando attori, registi e professionisti del cinema in sala: “Voi siete i campioni”. Ok, non so se ce la posso fare.

Bisogna ammettere che la cerimonia è un pochino migliorata rispetto a quella dello scorso anno, con Conti maestro di recupero minuti in corsa e un grande ospite musicale come Andrea Bocelli che ha cantato Nelle tue mani dalla colonna sonora del Gladiatore. Però Carlo, pure quest’anno ci hai fatto penare. Ecco i momenti migliori e quelli peggiori. Perché diciamocelo ancora: la cerimonia su Rai 1 non è assolutamente all’altezza di questi premi, dello sforzo innovatore dell’Accademia e del cinema italiano in generale, che negli ultimi anni è particolarmente audace, coraggioso e impegnato.

Il peggio: Le domande di Carlo Conti

Passi (ma anche no) il fatto che il conduttore non parli inglese, ma quando Carlo Conti chiede a Tim Burton: “Preferisci che si dica ‘Dumbo’ o ‘Dambo’?» oppure “È vero che da piccolo eri attratto dai film sui mostri?” ti cadono le braccia. Cioè, tu hai davanti Burton e queste sono le domande che ti vengono in mente? O che, ancora peggio, ti hanno scritto? Poi arriva Uma Thurman, no dico, Uma Thurman e la prima cosa che gli esce dalla bocca è: “Alta molto alta”. Per la cronaca, lei gentilmente gli ha pure risposto: “Eh già” e probabilmente non tornerà ma più in Italia a ritirare un premio, anche perché Conti in un primo tempo si è totalmente dimenticato di consegnarlo all’attrice. Imbarazzante. Altro David Speciale, altra corsa: a Dario Argento Conti chiede quale sia la sua più grande paura e il regista gli risponde “Me chiedono tutti sempre la stessa cosa”. Standing ovation per Dario Argento. E a proposito, a un certo punto il conduttore ne chiama una per Roberto Benigni. Insegnate a Conti il galateo delle standing ovation: regola numero, non si esortano mai platealmente.

Il meglio: Mr. Tim Burton

La standing ovation in questo caso parte spontanea e Mr. Burton, David alla carriera 2019, si commuove: “Io non so l’italiano ma parlo con le mani, per me è un onore essere qui. Vorrei che la gente fosse così carina con me anche nel mio Paese. Sono cresciuto con Fellini, Mario Bava, Dario Argento” si blocca “ Scusate, sono rimasto senza parole. Non sono italiano ma è come se avessi una famiglia italiana”. Semplice, umile, tenero: signore e signori, Tim Burton. Lo spottone a Dumbo c’è, ma ci sta. Meno memorabile la consegna del premio da parte di Benigni che attacca a parlare del Pinocchio di Garrone in cui interpreterà Geppetto. Ma quando si celebra il cinema, tutto è concesso.

Il peggio: Il siparietto comico

La gag comica dei Boiler, i finti giornalisti di Zelig, fa scendere il gelo in sala. L’avevamo già vista in un Sanremo di Conti ma qui, se possibile, è ancora più imbarazzante, perché non c’azzecca davvero nulla. Basta guardare le facce degli addetti ai lavori intorno a loro, regna l’imbarazzo. Di bello c’è che tengono la scena il tempo necessario per concedere una veloce pausa toilette a noi giornalisti.

Il meglio: Le parole di Alessandro Borghi

Date ad Alessandro Borghi quello che è di Alessandro Borghi. “Stavo lì tutto tranquillo e invece…” dice con occhi lucidi quando sale sul palco per ritirare il meritatissimo David come miglior attore per Sulla mia pelle. E il suo discorso è perfetto e molto umano: “Grazie Alessio Cremonini per la tua amicizia e per il tuo smisurato talento, grazie Jasmine Trinca per quanto ti voglio bene e perché sei meravigliosa, grazie alla famiglia Cucchi che si è fidata di me”. Parte l’applauso. “Grazie a tutte le persone che arricchiscono la mia vita, questo film è stato complicato e le conseguenza le hanno pagate soprattutto loro. Questo premio è di Stefano Cucchi, lo dedico agli esseri umani e all’importanza di essere considerati tali a prescindere da tutto”. Grazie Alessandro, c’è bisogno di persone come te. Nel corso della serata Sulla mia pelle ha portato a casa altri 3 riconoscimenti: quello per il regista esordiente, per il miglior produttore e il David Giovani votato da migliaia di ragazzi nelle scuole. Riconoscimenti che sdoganano anche la parola Netflix in prima serata su Rai 1.

Il peggio: Il momento karaoke

A casa tutti bene di Gabriele Muccino vince il nuovo David dello spettatore che premia il film più visto in sala. Ma prima del regista entra Sabrina Impacciatore cantando: “Dieci statuette per me posso bastare…”. Lei è sempre sulla luna e divertentissima e anche le parole di Muccino sono sentite e importanti: “Siamo qui per far vedere i nostri film al pubblico e senza il pubblico il nostro lavoro non esiste. Dopo anni all’estero, quando la gente ha amato il mio film ho sentito che il mio posto era di nuovo qui”. Il problema arriva nel momento in cui il super cast del lungometraggio si sottopone ancora una volta al karaoke simil-sanremese sulle note di Dieci ragazze. Che magari a ‘sto giro si poteva evitare, no?

Il meglio: L’emozione di Elena Sofia Ricci

“Ho la salivazione azzerata” dice Elena Sofia Ricci, commossa, quasi bloccata dall’emozione mentre ritira il David come miglior attrice per la sua interpretazione di Veronica Lario in Loro di Paolo Sorrentino. Ringrazia il marito, Toni Servillo “compagno di lavoro meraviglioso, e chi è riuscito a trasformarmi in un’altra, una persona che stasera manca tanto: Paolo Sorrentino” che non era presente alla cerimonia. E poi il bellissimo pensiero da mamma: “Vorrei dedicare questo premio con tutto il cuore alle mie figlie, vi auguro di poter vivere della vostra passione come me”. C’era mezza sala in lacrime, per dire.

Il peggio: Solo due premi a Chiamami col tuo nome

È incomprensibile come il nostro Paese non riesca a riconoscere e premiare lo straordinario talento di Luca Guadagnino. Chiamami col tuo nome è uno dei film più belli della scorsa stagione e degli ultimi anni a livello internazionale e ha vinto un Oscar per la sceneggiatura non originale. E noi cosa siamo in grado di fare? Di dargli un David nella stessa categoria, vabbè. Guadagnino è breve: “Non saremmo qui se non fosse per il romanzo straordinario di André Aciman e per la generosità con cui ci ha concesso di tradirlo come lo abbiamo tradito”. Il regista sale sul palco letteralmente al volo anche per ritirare il premio alla miglior canzone originale Mistery of Love di Sufjans Stevens. E meno male, almeno quello. Tristezza anche per i mancati riconoscimenti a Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher.

Il meglio: L’eleganza di Nanni Moretti

Moretti ritira il suo nono David su 44 candidature per il suo documentario Santiago, Italia e dà lezioni a tutti su come si accettano i riconoscimenti: il suo discorso è semplice, conciso ed efficace: “Sono contento di ricevere il premio per questa bella storia italiana di accoglienza”, poi ringrazia due collaboratrici donne e, con grande classe, si complimenta con gli altri candidati nella sua categoria, citandoli tutti per nome e cognome. Viva Nanni Moretti! (con la voce alla Papaleo).

Il peggio: Lo spoiler su Cuaròn dalla regia

Voto zero allo spoiler della regia dei David, che riesce a mostrare Alfonso Cuaròn arrivato in sala in extremis, pochi attimi prima che la presidente dell’Accademia Piera Detassis lo chiami sul palco per ritirare il premio al miglior film straniero per Roma. Addio all’effetto sorpresa, ma per fortuna le parole di gratitudine del regista messicano ci fanno dimenticare l’accaduto almeno per un po’: “Mi avete fatto sentire ancora più vicino il cinema italiano che amo profondamente”.

Il meglio: Il lavoro di squadra di Garrone

Dogman vince diversi David e Matteo Garrone sale sul palco più volte portando sempre qualcuno del cast o delle maestranze. Per il premio alla miglior sceneggiatura originale il regista presenta Marcolino, che iniziò a lavorare con lui 10 anni fa come macchinista e ha aiutato a dare una maggior dimensione di verità al copione con alcuni aneddoti della periferia, tipo il chihuahua nel freezer. A ritirare il riconoscimento alla regia poi Garrone non è da solo: “Un regista è niente senza dei grandi attori e qui c’è Marcello Fonte che ha vinto tutti i premi finora, ma nulla stasera. E pensate che c’è pure sua madre in sala”. Il protagonista di Dogman sdrammatizza: “Io il mio premio ce l’ho, è lei: la mia mamma”. Per il David al miglior film Garrone afferma: “Che bella serata, grazie, abbiamo fatto questo lavoro tutti insieme. Speriamo che se i televisori diventano sempre più grandi le sale cinematografiche non diventino sempre più piccole”. Una non troppo velata allusione a Netflix e soci? Anche se poi Garrone stringe la mano ad Alfonso Cuaròn, quindi tutto è bene quel che finisce bene.

E date un premio a Roberto Pedicini e alla sua voce, che è sempre una delle cose migliori dei David.

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