Compositori nei film: Henry Mancini e la canzone d’amore più bella del cinema | Rolling Stone Italia
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Compositori nei film: Henry Mancini e la canzone d’amore più bella del cinema

Ovvero ‘Moon River’, eletta la migliore ‘love song’ di sempre. Ma nel curriculum del genio caro a Blake Edwards non c’è solo ‘Colazione da Tiffany’. Dalla ‘Pantera Rosa’ a ‘Victor Victoria’, ecco i suoi cult

Compositori nei film: Henry Mancini e la canzone d’amore più bella del cinema

Audrey Hepburn in ‘Colazione da Tiffany’ di Blake Edwards (1961)

Moon River, wider than a mile. I’m crossing you in style some day.
Moon River, più profondo di un miglio. Un giorno ti attraverserò con stile.

Sono le prime strofe di una delle canzoni più popolari e più belle del Novecento. È puntualmente nelle selezioni dei cd, usata come sottofondo di servizi televisivi, suonata nei locali, dai complessini delle feste private. Riproposta continuamente nei film, da un Almodóvar per esempio. Una delle classifiche di certi magazine americani la pone al primo posto fra “le canzoni dell’amore”, eletta da coppie di fidanzati da generazioni. A seguire, Yesterday e What a Wonderful World. Audrey Hepburn la canta seduta sul davanzale della finestra, accompagnandosi con la chitarra, in Colazione da Tiffany. È una delle sequenze che fanno parte dell’antologia dorata del cinema. Moon River era stata composta da Henry Mancini (1924-1994), le parole erano di Johnny Mercer. Il compositore ebbe l’Oscar, al quale si aggiunse quello alla colonna sonora.

Colazione da Tiffany merita un inserto. La mondana Holly Golightly, seducendo questo o quello, cerca di fare il colpaccio, trovare il ricchissimo. Invece trova uno scrittore che non ha un dollaro. Cerca di prendere le distanze, ma l’amore tutto può; e alla fine i due, dopo essersi scambiati frustrazioni, sogni possibili e impossibili, staranno insieme. Truman Capote vendette il romanzo alla Paramount, che lo affidò a Blake Edwards regista e a George Axelrod sceneggiatore. Edwards era conosciuto ma non ancora affermato. Axelrod era uno scrittore che sapeva imbrigliare l’eccesso creativo di un Capote nelle regole essenziali, soprattutto nel dialogo, del cinema. Fece un lavoro eccellente.

E naturalmente Tiffany. Non c’è agenzia al mondo capace di inventare uno spot come quello della Hepburn, al primo sole dell’alba, che mangia un croissant davanti a quella vetrina mitologica. La mondana reginetta della notte, rientrando da una festa, non manca mai di compiere quel rito. E, con un altro colpo di genio di marketing, ti verrà spiegato che da Tiffany puoi anche comprare qualcosa con dieci dollari. Così potrai regalare all’amata quel marchio leggendario con spesa simbolica. La gioielleria dovette rivedere quell’iniziativa. Giovani coppie arrivavano da tutti gli Stati per spendere quei dieci dollari. Sì, Audrey fa sempre colazione da Tiffany. Idealmente davanti alle migliaia di vetrine della gioielleria in tutto il mondo. Assunta da tutte le etnie. Senza quell’istantanea, non sarebbe così.

Gran parte di quell’impatto il film lo deve proprio a Mancini, uno dei grandi maestri delle colonne sonore. Sono molti i classici del cinema che devono il successo alle musiche di Mancini, che gli hanno portato altri due Oscar: per la miglior canzone per I giorni del vino e delle rose (1962) e per la miglior colonna sonora in Victor Victoria (1982). Mancini può vantare nella sua filmografia la chiamata di un gigante italiano, Vittorio De Sica, che lo volle per accompagnare la triste storia d’amore fra la Loren e Mastroianni nei Girasoli del 1970.

Una citazione decisiva riguarda il primo lavoro di Mancini, la colonna della Storia di Glenn Miller. Miller, il genio inventore di musica, era nel destino Henry, che nel 1942 prese la via di New York in cerca di fortuna. Tutti allora, artisti, musicisti, scrittori, attori, tentavano la strada di New York. Ma c’era la guerra, e Henry aveva l’età per farla, così venne chiamato prima in fanteria poi in aeronautica. Tornò a casa nel 1945 ed ebbe un colpo di fortuna. Glenn Miller era morto l’anno prima, in un aereo precipitato nella Manica mentre si prodigava portando concerti sui fronti della guerra. Ma qualcuno non volle che l’orchestra morisse, e così fu ricomposta. Mancini fece un’audizione come pianista e venne preso. La cantante era Virginia O’Connor. Fu colpo di fulmine. I due si sposarono nel 1947 ed ebbero tre figli. Da allora la vita del compositore fu una serie di successi impressionante.

Oltre ai titoli citati non può mancare La Pantera Rosa, un tema reiterato nei vari sequel e che fa parte della memoria popolare come le “eterne” sigle di James Bond, di Indiana Jones o di Mission: Impossible. Nel 1994 Blake Edwards chiese a Mancini di adattare a musical per il teatro Victor Victoria. Protagonista ancora Julie Andrews. Si tenne la prima a Broadway il primo luglio del 1994. Mancini non era presente. Era morto due settimane prima. Nel 2004 è stato emesso un francobollo in suo onore: Mancini dirige davanti a una platea, in un angolo la Pantera Rosa assiste. Dietro, un cartello reca i titoli dei film più famosi di cui il musicista ha composto le colonne.

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