Non c’è più il fumo cattivo di una volta | Rolling Stone Italia
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Non c’è più il fumo cattivo di una volta

È vero, eri solo un ragazzino che foraggiava la criminalità con i soldi dei genitori, eppure mettevi in discussione qualcosa, immaginavi. Oggi acquisti l’erba su siti che recitano: “Maria Salvador è la genetica scelta da J-Ax

Non c’è più il fumo cattivo di una volta

Foto OnWhite / Alamy / IPA

Finché mi sono limitato a fumo scadente non ho avuto attacchi di panico. Poi, nei primi 2000, è arrivata la skunk, l’erba indoor idroponica, gonfia come una fragola, verde criptonite, con gli occhietti rossi sulle cime e tutti quei nomi da night club: Purple Haze, Blue Amnesia, White Widow. Il cervello che pulsa e che trema, l’allucinazione, l’orrore.

Era molto meglio un po’ di paraffina. Che sarà mai. Come i piatti di una volta, raffazzonati e insalubri rispetto a pastrami e vegan avocado toast, piatti troppo unti, certo, eppure così caserecci, ingenui, autentici. L’era del salame. Le buone dosi di pessimo gusto.
Il marocchino in panetti da etti 1,25, il cioccolato in panetti da 2,5. Uno chiaro e sbriciolone, l’altro scuro e duro come pietra.

Lasagne o cannelloni? Ecco tutto. I produttori, evidentemente per fare peso, ci infilavano dentro pezzi di mondo a casaccio: pulsanti del telecomando, bulloni, monete. Una sera un mio conoscente trovò un lucchetto intero infilato nella pasta. Sulla forma di hashish era impressa la scritta EUR. Che nome grazioso, così naif. L’Europa era ancora percepita leggera come un sogno di fumo. Ora nessun responsabile marketing della marijuana legale appiopperebbe un nome del genere a un suo prodotto.

Sempre in Montagnola, a Bologna, si potevano acquistare anche forme col marchio Renault, stesso font della casa automobilistica. Mi immaginavo i magrebini delle ex colonie francesi che si vendicavano degli antichi padroni con l’ironia dello spaccio. Ora, per esporre la merce in uno di quei negozi minimali da quadro di Hopper, i venditori legalizzati stringerebbero come minimo una partnership con Tesla. Quando col phon scaldavi il Renault, che fuori era marrone fondente, e poi lo tagliavi, si apriva come pan di spagna e dentro era verdastro e poroso. Perché steccare il fumo, per i piccoli spacciatori, al tempo era una lotta con la materia. Se non lo scaldavano piegavano le lame. Un tizio, che confezionava i pezzi da 5 grammi nella tavernetta di casa, si teneva in testa i bigodini: se sua madre scendeva e lo sorprendeva a maneggiare l’asciugacapelli lui aveva pronta una scusa.

L’effetto era calibrato, intontente il giusto, fami chimiche da caramelle gommose e nulla più. Poi, qualcuno cominciò ad arrivare con le “primizie”. Erba potente, fumo fino, senza additivi, puro THC. Polline, charas, super skunk. Si annusava l’erba del fortunato con la bava alla bocca, quelle note olfattive di Heineken e di caffè arabico. L’ambizione, che frega l’uomo dai tempi di Adamo. Compravi le primizie a costo dell’intera paghetta, a grandi boccate fumavi lo status symbol. E a un certo punto ti rendevi conto che no, non eri invincibile, che no, la canna non era uno sballo innocente, che no, il tuo cervello non lo controllavi a piacere. E quindi il panico, la coscienza sporca, e poi gli psicologi e gli ansiolitici.

Un ambizione di progresso e migliorie che ti avrebbe portato a imborghesirti contro la tua volontà. Farò tutto quello che dite voi ma non voglio più stare male, vi prego. E, oggi, ciò che puoi concederti di fumare senza rischi di angoscia è l’erba legale, 0,6% di principio attivo al massimo. Surrogato di gioventù, trasgressione “con permesso”, uova di lompo. Nomi come BioFutura, Goa Shanti, New Hope. Promesse di Nirvana, effetti da camomilla. Il sistema ti ha avuto, fratello.

Ma il bello di fumarsi le canne non era tanto ruminare patatine con gli occhi gonfi davanti alla playstation, non era tanto scoppiare a ridere perché ripetevi una frase che ti eri scordato di avere pronunciato un attimo prima. Il bello era l’illegalità, la proibizione, la ribellione fine a se stessa. Le mezze frasi, i sussurri, lo slang anti-adulti. Stavi combattendo It, cazzo. I nomi in codice per confondere ipotetiche intercettazioni telefoniche, diversi per ogni città, per ogni compagnia.

“È con te Giorgio/Pippo/Quel-Tuo-Amico?”. Nascondere la cartina d’emergenza nella tasca interna del portafoglio. Darsi gocce di Iridina negli angoli bui per far riassorbire il rossore. Le contrattazioni per strada, guardarsi attorno per la paura della polizia, chiedere al pusher di scartare il prodotto per scongiurare i frequentissimi pacchi. È vero, eri solo un ragazzino che foraggiava la criminalità organizzata con i soldi dei genitori, eppure mettevi in discussione qualcosa, rischiavi, immaginavi. Piccoli e stupidi gesti per grandi e indefiniti sogni. Oggi acquisti l’erba su siti che recitano: “Maria Salvador è la genetica scelta da J-Ax, solo questo basterebbe per farne capire l’eccellente qualità”. Il sistema ti ha avuto, fratello.

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